L’applicazione concreta dell’ecopsicologia produce servizi, assistenza e nuove opportunità per le persone con disabilità, in difficoltà economica o vittime di violenza
Le fattorie sociali sono aziende agricole dove agricoltori e operatori sociali (psicologi, psicoterapeuti, assistenti sociali, sociologi, volontari) collaborano per creare servizi, assistenza e nuove opportunità per le persone con disabilità o in difficoltà per svantaggio socioeconomico oppure vittime di violenze. La Coldiretti, infatti, riferisce che in Italia sono nate circa 9 mila fattorie sociali nelle zone rurali, con l’obiettivo di supportare le famiglie in difficoltà, rafforzando il welfare pubblico. Questi servizi producono un valore complessivo superiore al miliardo di euro, di cui 600 milioni destinati ai prodotti agricoli e 400 milioni ai servizi sociali forniti dalle imprese agricole. Abbiamo incontrato la dottoressa Miriam Lorenzani, grande esperta di ecopsicologia iscritta all’Albo degli psicologi del Lazio, che ci ha spiegato come il contatto con la natura possa “curare le persone”.
Dottor
essa Lorenzani, cos’è l’ecopsicologia?
“L’ecopsicologia è una disciplina che analizza il modo in cui le persone interagiscono con l’ambiente, avvalendosi dei metodi della ricerca psicologica ed ecologica. Per ambiente, infatti, noi intendiamo la natura in tutto il suo mondo, fatto di innumerevoli connessioni tra individui ed ecosistemi terrestri e acquatici. L’ecopsicologia ci aiuta a trovare l’equilibrio tra la casa esterna (la natura) e la casa interna (noi stessi ). Ci sono moltissime ricerche che dimostrano come il ‘riaccendersi’ delle connessioni tra uomo e natura portino a ritrovare l’equilibrio interiore, il senso di appartenenza, la fiducia in se stessi. Il superamento delle barriere fisiche e mentali e le difficoltà e le fragilità delle persone con varie disabilità sono un obiettivo primario delle fattorie sociali”.
Chi sono le persone che usufruiscono del sostegno delle fattorie sociali?
“Ci sono persone con disabilità, donne vittime di abusi e violenze, figli di madri maltrattate, ex detenuti, persone con forti disagi emotivi”.
E c
osa fanno queste persone?
“Si insegna loro a prendersi cura degli animali, a coltivare la terra, a fare i formaggi, a produrre miele e marmellate. Per esempio, nella fattoria sociale di Sant’Antonio Abate di Soliera (Mo), i ragazzi con disabilità, gli anziani e i bambini con bisogni educativi speciali, accudiscono asini e cavalli. Si parte dal contatto e dalla cura dell’animale, fino ad arrivare a realizzare dei percorsi stabiliti con l’animale stesso. La ‘pet therapy’ stimola il movimento e la comunicazione ed è molto indicata per le persone affette da autismo. Le esperienze nelle fattorie sociali sono un’occasione per tutti, poiché aiutano a migliorare le proprie competenze cognitive, sociali ed emotive”.
In che modo noi cittadini possiamo sostenere le fattorie sociali?
“All’interno di queste fattorie vengono coltivate frutta e verdura; ci si prende cura degli animali - asini, cavalli, animali da cortile - e i prodotti vengono venduti nei mercati autorizzati, nei punti di ‘Campagna amica’. Il ricavato, per esempio, può essere usato per dare borse di studio ai figli delle donne vittime di violenza, che non avevano la possibilità di farli studiare”.
Dunque, oltre all’indipendenza emotiva (spesso le donne non riescono a denunciare i propri aguzzini), l’obiettivo è anche quello di raggiungere un minimo d’indipendenza economica?
“Sì, per ridare una nuova vita a tutti loro. Il contatto con la natura e gli animali rende le persone più libere, perché non si sentono giudicate. Gli animali e la natura ci accolgono senza pregiudizi. Ecco allora che si riesce a esprimere liberamente ogni emozione: le persone si rimettono in gioco e sentono di ‘contare’ qualcosa. Tutto ciò aumenta la loro autostima e la voglia di risvegliare i loro sogni, compresa l’idea di una nuova vita grazie all’indipendenza economica. Le fattorie sociali non coltivano esclusivamente frutta e verdura, ma un grande valore che spesso si dimentica: l’inclusività”.
