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28 Marzo 2024

Salviamo il salvabile

di Michela Diamanti
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Salviamo il salvabile

Un recente studio pubblicato su ‘Proceedings of the National Academy of Science’ annuncia: “La sesta estinzione di massa sta accelerando”

Nel corso della sua storia, il nostro pianeta ha visto scomparire molte delle specie viventi a causa di improvvisi (in tempi geologicamente brevi) sovvertimenti degli ecosistemi esistenti. Cambiamenti dell’habitat naturale, sopravvento di altre specie dominanti o altri eventi (dalle attività vulcaniche particolarmente intense, alle ipotesi sulla caduta di meteoriti) hanno rappresentato i fattori determinanti delle 5 estinzioni di massa a oggi conosciute. Attualmente, stiamo purtroppo assistendo alla sesta transizione biotica (estinzione di massa, ndr) in cui, peraltro, l’azione umana sembra svolgere un ruolo determinante, come ha recentemente sottolineato uno studio pubblicato su ‘Proceedings of the National Academy of Sciences’ (Pnas). Secondo i ricercatori, tra tutte le specie a rischio estinzione (prevalentemente vertebrati), sarebbero 515, tra mammiferi, uccelli, rettili e anfibi, quelle che contano meno di mille esemplari viventi. Di queste, più della metà avrebbero meno di 250 esemplari. La maggior parte dei mammiferi a rischio si conta in Asia e Oceania, mentre il maggior numero di specie volatili a rischio viene individuato in Oceania e Sud America. L’ipotesi preoccupante che emerge dallo studio è che, entro il 2050, il tasso di estinzione potrebbe essere di 117 volte superiore a quello precedentemente stimato. Un incremento direttamente proporzionale al ruolo assolto dalle attività antropiche, come il commercio delle specie animali (spesso illegale), il sovrasfruttamento delle risorse, l’inquinamento, l’uso di pesticidi e la deforestazione: tutti fattori che stanno condizionando pesantemente la biodiversità del nostro pianeta. E, chiaramente, l’indebolimento o la perdita di una specie è destinato a generare un effetto ‘a catena’, riflettendosi sull’intero ecosistema interessato e sul benessere e sulla sopravvivenza delle altre specie (umani compresi) di quello stesso ecosistema. L’Iucn, International Union for Conservation of Nature (Unione internazionale per la conservazione della natura, ndr), autrice della ‘lista rossa’ delle specie in via di estinzione, è la più completa fonte di informazione per verificare lo stato di salute non solo di specie animali, ma anche di funghi e vegetali. Una comoda funzione di ricerca permette di estrapolare i dati conosciuti sullo stato di conservazione di specie meravigliose, come il lupo rosso, lo scimpanzè, il gibbone hoolock, la zebra di Grevy, il lupo etiope, il bonobo, la balena franca nordatlantica e tanti altri esseri di cui ignoravamo l’esistenza e che potremmo non riuscire a conoscere mai, se non per mezzo di ‘piatte’ illustrazioni fotografiche. Ciascuna delle specie censite viene inserita in una classificazione che ckoala.jpgonsente di sapere se è vulnerabile, a rischio, a rischio critico o già estinta. Peraltro, la lista delle 515 specie con meno di mille esemplari viventi, potrebbe essere destinata ad ampliarsi con nuovi sfortunati attori. Come il koala australiano, per esempio, falcidiato dalla ‘clamidia’ e dalla distruzione del proprio habitat per causa tanto antropica, quanto naturale, il quale rischia l’estinzione nell’arco dei prossimi 30 anni. O come l’orso polare, protagonista di un habitat messo a rischio dal riscaldamento globale e dalle temperature record registrate ai poli negli ultimi anni. E ancora: le ‘pantherae’, della famiglia dei felidi (tigri e leoni ne fanno parte), che oggi sopravvivono in poche migliaia di esemplari contenute in parchi e riserve naturali, al riparo dal bracconaggio che ne hanno fatto bersaglio; i rinoceronti, i cui corni possono essere pagati fino a 100 mila dollari al chilo; le tartarughe marine, che ogni anno cadono in decine di migliaia di esemplari a causa dell’inquinamento dei mari e delle ferite accidentali prodotte dagli strumenti di pesca; gli elefanti, soprattutto asiatici, le cui zanne offrono ghiotte occasioni di profitto ai mercanti di avorio. Questi sono solo alcuni dei vertebrati più noti, a rischio estinzione Secondo una stima riportata dal network ‘Traffic’, di cui fanno parte Iucn e Wwf, il bracconaggio e il commercio prevalentemente clandestino genera, ogni anno, un giro d’affari stimato in circa 20 miliardi di dollari. Solo nel periodo tra il 14 settembre e l’11 ottobre 2020, nel corso di un’operazione condotta dall’Interpol e dall’Organizzazione mondiale delle dogane (Wco) sono stati sottratti al contrabbando oltre 45 mila esemplari di animali e di piante protette e confiscate; circa 1,3 tonnellate di avorio; 1 tonnellata di scaglie di pangolino; 56 tonnellate di prodotti marini; 950 tonnellate di legname; 15 tonnellate di piante selvatiche. La difesa, se non il recupero, della biodiversità rappresenta in tutta evidenza una chiave essenziale per la salvaguardia di un ecosistema globale, in cui ogni elemento è indissolubilmente legato agli altri. Ogni tassello perduto è destinato a riflettersi sugli altri elementi, che costituiscono un delicato equilibrio sempre più instabile e che riguarda non solo mammiferi, uccelli, rettili e anfibi, ma anche un’ampia varietà di specie vegetali. Non è semplice, ma nemmeno impossibile, invertire una tendenza che, proseguendo agli attuali ritmi, potrebbe in futuro farci trovare nella ‘lista rossa’ elaborata dallo Iucn, anche un’altra specie a noi molto cara: la nostra.
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Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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