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26 Aprile 2024

Codice rosso e decreto Pillon a confronto con le norme europee

di Stefania Catallo
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Codice rosso e decreto Pillon a confronto con le norme europee

Preceduto dal convegno organizzato da ‘Di.Re. - Donne in rete contro la violenza’, tenutosi lo scorso 17 luglio e centrato soprattutto sugli aspetti legali e umani circa la violenza di genere e l’affidamento dei minori, è rientrato in discussione il 23 luglio scorso il Dl 'sicurezza', a pochi giorni dall’approvazione della Legge n. 69 del 2019

Il Codice Rosso prevede, come già suggerisce il nome, una velocità d’intervento. Si è lavorato soprattutto sull’inasprimento e sulla certezza della pena e sulla rapidità dell’ascolto della vittima di violenza, che il magistrato dovrà convocare entro 3 giorni dalla denuncia. Il ‘revenge porn’ e i matrimoni forzati sono, finalmente, reato. Così come le lesioni al viso delle vittime provocate dall’acido. Tuttavia, il Codice Rosso prende in carico la parte attiva della violenza di genere, ma non la prevenzione: l’introduzione dell’educazione di genere non entra nei programmi scolastici; il reato di incitamento alla violenza sessuale neppure. Insomma, sembra che la centralità del Codice Rosso non risieda nella prevenzione, bensì nella sanzione.
La senatrice Valeria Valente, nel suo intervento al convegno organizzato da ‘Di.Re’, ha dichiarato: “E’ una battaglia culturale, quella che si deve ricostruire nella società: una lotta che adesso porta pochi voti e poco successo. Ritengo che la formazione sia fondamentale. Stiamo chiedendo alla Magistratura di rispondere ad un questionario, molto semplice, per accendere un ‘faro’ su queste grandi problematiche giuridiche che si annidano all’interno dei Tribunali. Il 23 luglio torna in discussione il decreto sicurezza Pillon, dove non vengono puniti adeguatamente i comportamenti ossessivi e vendicativi. Tutto questo descrive un vero e proprio manifesto su come si vorrà la donna del futuro. Vi chiedo di alzare la voce su una subcultura, che sta tornando con grande velocità e coNoviolenza.jpgn una prepotenza che ci farà fare un balzo indietro senza precedenti”.
Una direttiva dell’Unione europea, la n. 29 del 2012, chiedeva l’istituzione di norme minime per le vittime di violenza di genere, garantendo che: a) in tutti i Paesi facenti parte dell’Ue esse siano trattate con rispetto; b) che la polizia, i pubblici ministeri e i giudici ricevano una formazione adeguata in tal senso; c) che le vittime ottengano informazioni comprensibili in merito ai loro diritti e alla loro situazione; d) che vengano istituite in tutti gli Stati membri forme di sostegno per le vittime; e) che quest’ultime possano partecipare ai procedimenti penali, se lo desiderano; f) che siano messe nelle condizioni di assistere al processo; g) che le vittime vulnerabili – quali i bambini, le vittime di violenze sessuali e le vittime disabili – vengano riconosciute in quanto tali e siano adeguatamente protette, anche durante le indagini di polizia e i procedimenti giudiziari. Rispetto all’attuazione dell’articolo 23 della Convenzione di Istanbul, relativo all’obbligo della creazione di ‘Case-rifugio’ adeguate e facilmente accessibili in numero sufficiente per offrire, nell’immediatezza, un alloggio sicuro alle vittime, il Codice Rosso non fornisce risposte. Per non parlare dell’articolo 15 della stessa Convenzione, che prevedeva, già sei anni fa, la formazione di figure professionali che si occupino delle vittime e degli autori di tutti gli atti di violenza. Oggi, si parla di formazione rivolta alla Polizia di Stato, all’Arma dei Carabinieri e alla Polizia penitenziaria, senza lasciare spazio agli altri professionisti. Intanto, il 23 luglio scorso, per protesta contro l’attuazione del decreto Pillon, si è tenuto un ‘sit in’ sotto Palazzo Montecitorio, seguito da una conferenza stampa organizzata dai centri antiviolenza, dalla Cgil e dalla Uil, alla quale sono state invitate a partecipare anche le forze politiche.
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