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23 Aprile 2024

La bellezza di un’opera d’arte in un algoritmo

di Silvia Mattina
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Arriva dal New Jersey il codice in grado di esprimere un giudizio sull’opera d’arte basato su parametri di creatività e originalità

“Ero giunto a quel livello di emozione, dove s’incontrano le sensazioni celesti date dalle arti e i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere”. Stendhal non poteva certo immaginare che dopo quasi duecento anni la sindrome vissuta a Firenze sarebbe stata tradotta da un macchinario freddo e imperturbabile quale il computer. L’algoritmo è stato creato da Ahmed Elgammal e Babak Saleh, due scienziati del dipartimento di Computer Science di Rutgers, al fine di interpretare le immagini artistiche attraverso dei precisi criteri interpretativi: la complessità della trama, la naturalezza delle forme e l’importanza nel contesto storico di appartenenza. Il concetto di creatività è inteso nel senso comune del termine, in riferimento all’originalità del manufatto e al suo valore, dato attraverso una rete di connessioni con altri prodotti creativi e il contesto storico in cui è stato generato. L’algoritmo è in grado di analizzare oltre 62 mila opere d’arte generando dei livelli di creatività del prodotto e considerando l’originalità con cui l’artista ha affrontato determinate problematiche.  I due ricercatori hanno utilizzato come fonte Wikiart, la più grande raccolta online di opere d’arte, e hanno operato una scelta tra 27 stili e 45 generi pittorici differenti.
Uno studio interessante e alquanto curioso. Ma si può parlare di rivoluzione dei criteri obiettivi nella valutazione di un’opera d’arte? I critici hanno dovuto nel tempo riformulare i propri criteri di giudizio: si è passati dalle proporzioni vitruviane all’asimmetria controllata, dalla corrispondenza al vero al completo astrattismo e da una conformità teologica a un messaggio sociale; è possibile affermare l’esistenza di fondo dell’ambiguità tra creatore e fruitore e tale ovvia non coincidenza sta per essere, forse, annullata da un processo spersonalizzato di elaborazione dati attraverso connessioni su scala temporale e artistica tra diverse opere d’arte.
Tra i capolavori indiscussi evidenziati dalla macchina vi è, al primo posto, 'L’urlo' di Edvard Munch e, tra i primi quindici, vi sono alcuni tra i più importanti artisti italiani: Michelangelo con la Pietà Rondanini; Caravaggio con l’opera San Giovanni Battista disteso; Leonardo da Vinci con Madonna Dreyfus. Ovviamente, i risultati della ricerca lasciano alcune perplessità sull’utilità di un simile studio e la reale necessità di un giudizio basato su di un valore permanente e immutabile prescindendo dal punto di vista di chi guarda l'opera. Se è bello solo ciò che piace, allora non è possibile elevare il giudizio di una macchina a valore universale. Dove andrà a finire il godimento estetico, quel turbine di elementi emotivi che inchioda l’uomo, anima e corpo davanti allo straordinario prodigio del processo creativo? Tale studio rimane dunque una semplice raccolta dati che non potrà certo sostituire il giudizio estetico del pubblico e il lavoro dei critici d’arte perché, come ricorda Gustave Klimt, “chiamiamo artisti non solamente i creatori, ma anche coloro che godono dell’arte, che sono cioè capaci di rivivere e valutare con i propri senti ricettivi le creazioni artistiche”.



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