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8 Maggio 2024

Dall'Agenda 2030 al Pnrr: verso il futuro blockchain

di Raffaella Ugolini
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Dall'Agenda 2030 al Pnrr: verso il futuro blockchain

I 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs) sono un appello urgente per l'azione di tutti i Paesi, sviluppati o in via di sviluppo, in un partenariato globale: essi riconoscono che porre fine alla povertà e ad altre privazioni va di pari passo con strategie che migliorino la salute, l'istruzione, riducano la disuguaglianza e stimolino la crescita

L'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata da tutti gli Stati-membri delle Nazioni Unite nel 2015, fornisce un progetto condiviso per la pace e la prosperità delle persone e del pianeta, ora e in futuro. Il suo cuore sono i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs), che rappresentano un appello urgente per l'azione di tutti i Paesi, sviluppati e in via di sviluppo, in un partenariato globale. Essi riconoscono che porre fine alla povertà e ad altre privazioni deve andare di pari passo con strategie che migliorino la salute e l'istruzione, riducano la disuguaglianza e stimolino la crescita. Gli Sdgs si basano su anni di lavoro di molti Paesi e dell'Onu, incluso il dipartimento degli Affari economici e sociali delle Nazioni Unite. Nel giugno 1992, al ‘Summit della Terra’ di Rio de Janeiro, in Brasile, più di 178 Paesi hanno adottato ‘l'Agenda 21’: un piano d'azione per creare una partnership globale per lo sviluppo sostenibile, migliorare la vita umana e proteggere l'ambiente. Gli Stati-membri hanno adottato all'unanimità la Dichiarazione del Millennio al termine del Vertice del Millennio nel settembre 2000, presso la sede delle Nazioni Unite di New York. Il vertice ha portato all'elaborazione di otto obiettivi di sviluppo del millennio (Mdg) per ridurre la povertà estrema entro il 2015. La Dichiarazione di Johannesburg sullo Sviluppo sostenibile e il Piano di implementazione, adottati al Summit mondiale sullo Sviluppo sostenibile in Sudafrica, nel 2002, hanno riaffermato gli impegni della comunità globale per l'eliminazione della povertà e per l'ambiente. E sull'Agenda 21 e la Dichiarazione del Millennio hanno sostenuto con maggior enfasi le partnership multilaterali. In seguito, alla Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile (Rio+20), tenutasi a Rio de Janeiro, in Brasile, nel giugno 2012, gli Stati-membri hanno adottato il documento finale, dal titolo: ‘Il futuro che vogliamo’. Si trattò di una carta d’intenti in cui venne stabilito, tra l'altro, di avviare un processo per sviluppare una serie di obiettivi di sviluppo sostenibile che si basino sugli Osm (Obiettivi di sviluppo del millennio, ndr) e di istituire un Forum politico di alto livello delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile. Il risultato di ‘Rio+20’ conteneva anche altre misure per l'attuazione dello sviluppo sostenibile, compresi i mandati per i futuri programmi di lavoro nel finanziamento dello sviluppo, i piccoli Stati insulari in via di sviluppo e altro. Nel 2013, durante i lavori dell'Assemblea generale ha istituito un gruppo di lavoro aperto di 30 membri, per sviluppare una proposta sugli Sdgs. E nel gennaio 2015, sempre l'Assemblea generale ha iniziato il processo di negoziazione sull'Agenda di sviluppo post-2015. Il processo è culminato nella successiva adozione dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, con i 17 Sdgs al centro dell'analisi, poi approvata al Summit delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile del settembre 2015. Il 2015 è stato, dunque, un anno fondamentale per il multilateralismo e la definizione delle politiche internazionali, con l'adozione di diversi accordi importanti: il ‘Quadro di Sendai’ per la riduzione del rischio di disastri (marzo 2015); l’Agenda d'azione di Addis Abeba sul finanziamento dello sviluppo (luglio 2015); l’incontro ‘Trasformare il nostro mondo: l'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile’ che adottò i 17 Sdgs durante il vertice delle Nazioni Unite sullo Sviluppo sostenibile di New York, nel settembre 2015; infine, l’Accordo di Parigi sul cambiamento climatico (dicembre 2015). Ora, il Forum politico annuale di alto livello sullo sviluppo sostenibile serve come piattaforma centrale delle Nazioni Unite per il follow-up e la revisione degli Sdgs.

Le finalità dei 17 obiettivi di sviluppo sostenibile
I 17 obiettivi di sviluppo sostenibile Oss (Sustainable Development Goals Sdgs, ndr) e i 169 sotto-obiettivi a essi associati costituiscono il nucleo vitale dell’Agenda 2030. Tengono conto in maniera equilibrata delle tre dimensioni dello sviluppo sostenibile, ossia: quella economica, quella sociale e quella ecologica. Per la prima volta, un solo documento programmatico ha riunito le finalità di sviluppo sostenibile e la lotta alla povertà. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile dovranno essere realizzati entro il 2030, a livello globale, da tutti i Paesi membri dell’Onu. Ciò significa che ogni Paese del pianeta è chiamato a fornire il suo contributo per affrontare in comune queste grandi sfide. Eccole elencate qui di seguito:

1)    Sradicare la povertà in tutte le sue forme e ovunque nel mondo

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2)    Porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare l’alimentazione e promuovere l’agricoltura sostenibile

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3)    Garantire una vita sana e promuovere il benessere di tutti a tutte le età

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4)    Garantire un’istruzione di qualità inclusiva ed equa e promuovere opportunità di apprendimento continuo per tutti

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5)    Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze

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6)    Garantire la disponibilità e la gestione sostenibile di acqua e servizi igienici per tutti

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7)    Garantire l’accesso all’energia a prezzo accessibile, affidabile, sostenibile e moderna per tutti

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8)    Promuovere una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile, la piena occupazione e il lavoro dignitoso per tutti

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9)    Costruire un’infrastruttura resiliente, promuovere l’industrializzazione inclusiva e sostenibile e sostenere l’innovazione

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10)    Ridurre le disuguaglianze all’interno dei e fra i Paesi

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11)    Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili

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12)    Garantire modelli di consumo e produzione sostenibili

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13)    Adottare  misure urgenti per combattere i cambiamenti climatici e le loro conseguenze

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14)    Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine

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15)    Proteggere, ripristinare e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, gestire in modo sostenibile le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e invertire il degrado dei suoli e fermare la perdita di biodiversità

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16)    Promuovere società pacifiche e inclusive orientate allo sviluppo sostenibile, garantire a tutti l’accesso alla giustizia e costruire istituzioni efficaci, responsabili e inclusive a tutti i livelli

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17)    Rafforzare le modalità di attuazione e rilanciare il partenariato globale per lo sviluppo sostenibile

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Il legame tra Pnrr e Agenda 2030
Il titolo del Pnrr, ‘Piano nazionale di ripresa e resilienza, la Legge di bilancio 2021 e lo sviluppo sostenibile’, intende unire la lotta al cambiamento climatico con l’economia. Questa è ormai la strada necessaria da intraprendere, per salvaguardare il futuro delle prossime generazioni. Tuttavia, secondo l’Asvis (Associazione italiana per lo sviluppo sostenibile, ndr), nel Pnrr non esiste una valutazione complessiva dei risultati attesi, in termini di sostenibilità e impatto duraturo nel tempo l’assenza degli effetti che queste politiche potranno avere sulla coesione sociale e sulla riduzione delle disuguaglianze. Il Pnrr, inoltre, presenta alcune criticità: a) non c’è un’indicazione più dettagliata sulle priorità delle riforme necessarie e l’assenza di un allineamento ai nuovi target climatici europei; b) manca un approfondimento di alcuni obiettivi fondamentali, come la Giusta Transizione, il piano Garanzia Giovani e l’Agenda europea delle competenze. Sono assenti anche temi come la perdita di biodiversità, l’adattamento ai cambiamenti climatici e la riduzione dell’inquinamento. Il rapporto dell’Asvis offre anche un aggiornamento su quanto ci si stia avvicinando agli obiettivi da qui al 2030. E, per esempio, svela come vi siano miglioramenti sui fronti della salute, dell’istruzione e dell’energia, mentre peggiorano, invece, i risultati sulle disuguaglianze, sugli ecosistemi terrestri e sulla cooperazione. La ‘chiave’ per aprire le porte allo sviluppo sostenibile è un cambiamento radicale del paradigma del pensiero di un ragionamento non verticale, bensì orizzontale. Le scelte di oggi cambieranno irrimediabilmente il futuro delle prossime generazioni e di quelle che ci sono già.

La Borsa italiana e gli investimenti sostenibili
La Borsa italiana ha ritenuto necessario aumentare la consapevolezza di tutti i soggetti che operano sui mercati dei capitali in merito alla centralità per il nostro futuro, divulgando e implementando processi e piani di sviluppo sostenibile, rivestendo un ruolo attivo nel promuovere e supportare nuovi modelli di finanza sostenibile. Se, dal lato imprese, è in grande crescita il numero di soggetti che scelgono modelli di finanza che integrino i criteri Esg (Environmental social and governace, ndr) all’interno del loro processo di sviluppo, dal lato degli investitori è sempre più ampia l’idea che propendere per tali modelli sia una scelta essenziale per un’efficace e vincente strategia di medio-lungo periodo. Così, è nata la necessità di emettere e investire in strumenti finanziari, i cui proventi siano destinati al finanziamento di progetti economicamente sostenibili: i ‘Green and Social Bond’. I ‘Green and Social Bond’ sono simili alle obbligazioni classiche. Però, nella destinazione dei proventi, gli emittenti devono conformarsi alle 'linee-guida' stabilite secondo principi internazionali, condivisi dagli operatori del mercato. In aggiunta, all’emittente è richiesta massima trasparenza nella comunicazione e nel reporting agli investitori, in particolare riguardo all’avanzamento dei progetti finanziati. In questa visione, il segmento ‘Green and Social Bond’ offre, inoltre, l’opportunità agli investitori di identificare gli strumenti  i cui proventi sono destinati al finanziamento di progetti con specifici benefici o impatti di natura ambientale, attraverso la certificazione iniziale di un soggetto terzo indipendente e il rinnovo, almeno annuale, dell’informativa riguardante l’utilizzo stesso dei proventi.

Criptovalute e sostebibilità
Secondo l’Onu: “I bitcoin non esistono come oggetti fisici, ma le nuove monete vengono ‘estratte’, o messe in circolazione, attraverso un processo che prevede l’utilizzo di potenti computer per risolvere complessi problemi matematici. Questo processo richiede così tanta energia che si stima che la rete Bitcoin consumi più energia di diversi Paesi, inclusi Kazakistan e Paesi Bassi. E poiché le centrali elettriche a combustibili fossili costituiscono ancora una parte importante del mix energetico globale, si può dire che l’estrazione di Bitcoin sia, in parte, responsabile della produzione dei gas serra che causano il cambiamento climatico (sebbene, finora, l’impatto sul clima sia di gran lunga inferiore a quello dei settori ‘pesanti’, come agricoltura, edilizia, energia e trasporti)”. Nonostante ciò, alcuni esperti delle Nazioni Unite sostengono anche che “le criptovalute e la tecnologia che le alimenta (blockchain) possano svolgere un ruolo importante nello sviluppo sostenibile e migliorare effettivamente la nostra gestione dell’ambiente”. Il ‘World Food Programme’ (Wfp), la più grande agenzia Onu che fornisce denaro a scopi umanitari, ha scoperto che “la blockchain può aiutare a garantire che il denaro arrivi a chi ne ha più bisogno”. E secondo il rapporto ‘Climate change challenges and Blockchin opportunities’ della Unep’s Dtu Partnership (Programma ambientale delle Nazioni Unite, ndr), ci sono tre aree principali in cui la blockchain potrebbe accelerare l’azione per il clima: a) trasparenza; b) finanza climatica; c) mercati dell’energia pulita. L’Unep’s Dtu Partnership rimarca che “i dati sulle emissioni nocive di gas serra in molti Paesi sono incompleti e inaffidabili. Le soluzioni blockchain potrebbero fornire un modo, trasparente e affidabile, per mostrare come le nazioni stanno agendo per ridurre il loro impatto sul clima. I finanziamenti per il clima e gli investimenti che contribuiscono a rallentare il tasso di cambiamento climatico potrebbero essere potenziati se i mercati del carbonio venissero ampliati, consentendo alle imprese e alle industrie di passare a tecnologie low carbon”. La blockchain, pertanto, potrebbe svolgere un ruolo importante per accelerare l’adozione di fonti di energia rinnovabile, come l’eolico e il solare. E considerato che queste fonti energetiche sono decentralizzate, sono necessarie nuove forme di mercato dell’energia e “gli strumenti che utilizzano la tecnologia blockchain possono aiutare a creare questi mercati e a porre fine alla nostra dipendenza dai combustibili fossili”. L’Onu avverte anche che “nonostante tutti questi potenziali vantaggi, l’enorme consumo di energia associato alla tecnologia è uno dei principali ostacoli da superare e molti attori del settore stanno lavorando su come affrontare il problema”. L’Ethereum Foundation, l’organizzazione che coordina la criptovaluta ‘Ethereum’, sta mettendo a punto un nuovo metodo per verificare le transazioni chiamato ‘Proof of Stake’, o ‘PoS’, il quale garantirebbe che il costo energetico di ogni transazione potrebbe essere ridotto del 99,95%. Nell’aprile 2021, infine, è nato il ‘Crypto Climate Accord’, sostenuto da numerose organizzazioni di tutto il mondo e da Ong che operano nei settori del clima, della finanza e dell’energia. L’obiettivo dell’Accord è quello di “decarbonizzare l’industria in tempi record” e di raggiungere le emissioni 'net zero' nel settore globale delle criptovalute entro il 2030. Va da sé che l’Onu non nasconde come “le criptovalute siano ancora agli inizi e ci sono ancora molte sfide, tecniche e politiche, da superare, come dimostra la natura volatile di alcune delle versioni più note”. D'altronde, molti esperti della finanza ritengono che questi siano problemi risolvibili, poiché ci troviamo in una fase ancora embrionale, che può consentire alle criptovalute e ad altri strumenti finanziari basati sulla blockchain di diventare ‘mainstream’. Le banche centrali stanno infatti studiando proprie valute digitali e ‘stablecoin’, che potranno essere agganciate ai metalli preziosi o alle valute nazionali, diventando opportunità d’investimento stabili e affidabili. Uno degli autori del recente ‘Blockchain Technology and Environmental Sustainability’, lo studioso Minang Acharya, proprio di recente ha dichiarato: “Se i più vulnerabili vogliono beneficiare della promessa della tecnologia blockchain e se questa deve avere davvero un impatto positivo sulla crisi climatica, è necessaria una maggior ricerca tecnica, nonché più dialogo internazionale, che coinvolga esperti, scienziati e responsabili politici. L’Onu dovrebbe continuare a sperimentare nello spazio del blockchain: più sperimentiamo, più impariamo sulla tecnologia. E’ probabile che ciò migliorerà la nostra conoscenza, a livello di Nazioni Unite, sulla Blockchain e la nostra comprensione delle sue implicazioni ambientali e sociali delle operazioni minerarie, migliorando le nostre possibilità di far fronte a eventuali problemi che la tecnologia potrebbe portare in futuro”.

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Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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