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29 Marzo 2024

E' una storia, sai?

di Giorgio Morino - gmorino@periodicoitalianomagazine.it
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E' una storia, sai?

Un piccolo ‘gioiello’ il nuovo film dedicato alla vicenda di Belle e del principe intrappolato nel corpo di una bestia, che a distanza di 26 anni dal classico animato riesce a incantare lo spettatore con una fiaba straordinariamente moderna e coinvolgente

’La Bella e la Bestia’ è il capolavoro per eccellenza della Disney. Molti potrebbero obiettare ed elevare a massimo raggiungimento degli 'Studios' altri grandi ‘classici’, che hanno segnato la storia dell’animazione, come il capostipite ‘Biancaneve e i sette nani’, o lo shakesperiano ‘Il Re Leone’ e via discorrendo. Ognuna di queste posizioni sarebbe, per un motivo o per l’altro, assolutamente rispettabile. Ma non terrebbe conto di molti fatti. Dopo il successo de ‘La sirenetta’ e il gradevole ‘Bianca e Bernie nella terra dei canguri’, alla Disney era divenuto necessario: a) cementificare quella nuova dimensione produttiva improntata sullo stile dei musical di Broadway; b) ‘bissare’ il successo de ‘La sirenetta’ e riproporne, in parte, l’impianto musicale, coinvolgendo nuovamente il compositore, Alan Menken e il paroliere, Howard Ashman; c) puntare su una storia, quella della favola di Jeanne-Marie Leprince de Beaumont, che consentisse agli sceneggiatori e agli animatori di sovvertire il punto di vista delle favole tradizionale e la dicotomia tra buono e bello/brutto e cattivo. Il risultato fu un film animato di sconvolgente bellezza, la cui colonna sonora è probabilmente il massimo obiettivo raggiunto nelle carriere di Menken e Ashman, unica pellicola animata a ricevere la candidatura all’Oscar come miglior film, almeno fino al 2010. Il successo nell’animazione non sembra, però, essere più sufficiente per ‘Topolino e soci’, che nel solco della più nobile tradizione della diversificazione delle attività, ha da qualche anno deciso di riproporre alcune delle storie dei più famosi cartoni “made in Walt Disney” in film 'live-action', trasferendo le atmosfere magiche delle fiabe nel mondo reale. Questa tendenza, iniziata nel 2010 con ‘Alice in wonderland’ di Tim Burton, ha vissuto di alti e bassi sul grande schermo, richiamando tuttavia un gran numero di spettatori e racimolando incassi di tutto rispetto al ‘box office’. Così, quando venne annunciata la riproposizione de ‘La Bella e la Bestia’ con attori in ‘carne e ossa’, il dubbio che questa nuova politica della Disney potesse rovinare uno dei più grandi capolavori della storia dell’animazione era più che fondato. Specialmente, osservando criticamente pellicole come ‘Alice in wonderland’ e ‘Maleficent’, che avevano di fatto stravolto, in nome della spettacolarità, l’essenza originale dei classici. Adesso che è finalmente giunto in sala, si può dire che il film diretto da Bill Condon rende interamente giustizia al suo illustre predecessore, senza alterane il significato ultimo e senza spingere troppo sull’acceleratore della nostalgia. Il primo pensiero che ci è venuto spontaneo, una volta arrivati ai titoli di coda, è stato quello relativo alla straordinaria modernità del cartone originale. Senza dover intervenire in sede di sceneggiatura, luogo ultimo dove ‘smussare’ le imperfezioni dei vecchi film, ‘La Bella e la Bestia’ si dimostra estremamente attuale, mettendo in luce elementi già presenti che, forse, erano passati inosservati a più: l’estrema modernità del personaggio di Belle, qui interpretato da una Emma Watson straordinariamente immersa nella parte, esplode prepotentemente fin dai primi minuti, esattamente come nel cartone, ponendoci di fronte non alla solita principessa che dev’essere salvata e capace soltanto di gridare: “Aiuto”! Intraprendente, estremamente intelligente e sognatrice, Belle è il manifesto del moderno femminismo, quello sano e scevro di estremismi inutili, capace di rivendicare la propria identità senza tuttavia evitare di riconoscere la bellezza che si nasconde dietro l’aspetto minaccioso della Bestia. Tra i due, l’intesa, prima che l’amore, nasce poco a poco, in un percorso di reciproca conquista della fiducia. Incarnazione dello stereotipo del principe è il personaggio di Gaston, spassosamente ritratto da Luke Evans, vanaglorioso e innamorato di se stesso, per il quale Belle non è altro che l’ennesimo ‘trofeo’ da aggiungere alla propria ‘collezione’. Sorprendente, inoltre, Le Tont (Josh Gand), primo personaggio ‘disneyano’ apertamente gay, capace tuttavia di compiere su stesso un processo di maturazione insospettabile per una spalla comica. Tutto sembra essere rimasto invariato rispetto al 1991, ma al contempo si percepisce che qualche cosa, in realtà, è cambiata. Avendo a disposizione due ore, rispetto all’ora e mezza del cartone originale, gli sceneggiatori si sono impegnati anche a risolvere gli interrogativi lasciati in sospeso in passato: 1) che fine ha fatto la madre di Belle? 2) Perché il principe si comportò in quel modo con la mendicante che le offrì la rosa? 3) Come facevano gli abitanti del villaggio a essersi dimenticati dell’esistenza di un castello e di un principe? Nulla è stato lasciato al caso: tutto si interseca perfettamente e la magia resta intatta, o quasi. L’unica critica che sorge spontanea riguarda l’adattamento italiano: il doppiaggio, realizzato in maniera approssimativa, con momenti in cui manca completamente la sincronizzazione tra il labiale e il doppiato, ha stravolto in molti casi anche le canzoni, cambiando le parole senza un’apparente motivazione logica, a eccezione della famosa ‘La Bella e la Bestia', rimasta invariata. Effettivamente, le canzoni in inglese sono state musicalmente riarrangiate, ma i testi sono rimasti sempre gli stessi, rendendo quindi ancora più incomprensibile la scelta fatta in sede di doppiaggio. Un vero peccato, considerando che in alcuni casi la traduzione non tiene conto della metrica e della musica di base. Tutto sommato, si tratta di un lieve difetto (evitabile qualora si voglia guardare il film in lingua originale) su una pellicola che riesce a conquistare per la bellezza della vicenda e della messa in scena. Un piccolo ‘gioiello’, che saprà conquistare anche i più scettici e smaliziati tra gli spettatori.

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