E' la rappresentazione idealizzata degli italiani emigrati all’estero che divennero sì dei criminali, ma anche delle figure mitizzanti, ‘costrette’ all’illegalità per riuscire a emergere dalla povertà e dall’emarginazione
Anche per il genere mafia-movie ci sono state diverse fasi di rappresentazione stilistica. La prima fase (dagli anni ’70 ai ’90 dl secolo scorso) si trattò di una rappresentazione filmica idealizzata, dove i protagonisti della saga erano sì dei criminali, ma anche figure mitizzanti, 'costretti' all’illegalità per riuscire a emergere dalla povertà e dall’emarginazione per realizzare il 'sogno americano'; nella seconda fase (dagli anni 2000 a oggi), ha invece preso il sopravvento uno stile 'iper-realista', dove le uccisioni sono marcate da uno stile fortemente 'pulp'. Infine, nella terza fase, quella della serialità televisiva, in assenza di eroi, ha finito col trionfare una nuova estetica della mafia, prima con il crudo 'Gomorra' (2008) di Matteo Garrone, poi con 'Suburra' (2015) di Stefano Sollima, dove mafia, politica e Chiesa cattolica s'intrecciano tra di loro.
Le rapprese
ntazioni idealizzate (1970–1990): dalla mafia d’oltreoceano al nostrano 'spaghetti-crime'
Il genere 'mafia-spaghetti' (così denominato perché si basava su vicende di famiglie della mafia italo-americana, ndr) fu il frutto della fusione di due sottogeneri distinti: quello del 'mafia-movie' vero e proprio e quello dello 'spaghetti-crime'. Una cultura dell'onore, il tradimento, la vendetta, l’ascesa e la caduta dal potere, sono temi in comune tra i due generi. La differenza sostanziale è che lo 'spaghetti-crime' è la rabberciata rivisitazione italiana (anni ‘60-’80) del modello del gangster americano (si pensi a 'Scarface' del grande Brian De Palma o a 'Little Cesar' di Mervyn LeRoy). Tra i film del genere mafia-movie propriamente detto, al contrario dello 'spaghetti-crime', vi sono opere di notevole interesse e di pregevole valore, come la Trilogia de 'Il Padrino', del regista italoamericano Francis Ford Coppola, composta da: 'Il Padrino' (The Godfather, 1972), tratto dal romanzo di Mario Puzo (1969) con Marlon Brando (Don Vito Corleone); Al Pacino (Michael Corleone); James Caan (Sonny); Diane Keaton (Kay); Robert Duvall (Tom Hagen). Ne 'Il Padrino- Parte II' (The Godfather Part II, 1974), abbiamo invece, come attori e interpreti: Al Pacino (Michael Corleone); Robert De Niro (Vito giovane); Robert Duvall; Diane Keaton; John Cazale. Infine, ne 'Il Padrino - Parte III' (The Godfather Part III, 1990), abbiamo il grande Al Pacino nei panni di Michael (ormai anziano); Andy García (Vincent Mancini); Sofia Coppola (Mary Corleone); Diane Keaton; Talia Shire. Nonostante i personaggi risultino delle figure tragiche, intrise di epicità e mai di stereotipìa, il regista, per ricostruire in modo più fedele possibile l’ambiente della 'Famiglia Corleone', fece recitare gli attori in italiano, ovviamente con accento dialettale siciliano.
Evoluzione del mafia-movie: dalla saga familiare al delinquente in proprio
Nel celebre film di Martin Scorsese 'Quei bravi ragazzi' del 1990, si racconta la storia vera di Henry Hill: un piccolo mafioso coinvolto in affari, droga, omicidi e tradimenti. A differenza delle grandi saghe, qui non vi è idealizzazione o mitizzazione, ma solo un ciclo autodistruttivo ben narrato dalla voce fuori campo e da un montaggio rapido e dinamico. Il protagonista non viene 'sacralizzato' e la colonna sonora pop-rock degli anni ’50–’70 del secolo scorso, accompagna il ritmo di una vita quotidiana ordinaria, ben lontana dalla classicità delle musiche di Nino Rota nella Trilogia de 'Il Padrino'. Anche in 'Casinò' (1995), sempre di Martin Scorsese, l’intreccio tra mafia e affari a Las Vegas, descrive la lotta di un singolo malavitoso contro tutto e tutti: il protagonista, in buona sostanza, non può 'contare' sull’appoggio della 'famiglia'.
