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11 Novembre 2024

Killers of the Flower Moon

di Maria Chiara D'Apote
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Killers of the Flower Moon

Il nuovo film di Martin Scorsese è un omaggio ai nativi d’America: una piaga ancora aperta nella coscienza americana e occidentale
 
Il grande cineasta Martin Scorsese (esponente della New Hollywood insieme ad alcuni celebri registi, tra i quali Coppola, Cimino, De Palma e Kubrick) sin dai primi capolavori si è distinto per l’uso iperrealista dalla violenza e dai virtuosismi alla macchina da presa: si pensi a Taxi Driver (1976) dove Travis (Robert De Niro) parla al telefono con Betsy (Cybill Shepherd) e la macchina da presa, con una lenta carrellata laterale, si sposta lentamente inquadrando un corridoio vuoto. Lo spettatore sente solo la voce di Travis, senza vederlo. E quell’inquadratura ci fa capire la solitudine che presto sfocerà in follia.
 
Un western 'al crepuscolo'
A partire da 'Quei bravi ragazzi' (1990) - e sulla scia de ‘Il Padrino’ di Francis Ford Coppola - passando per 'The gangs of New York' (2002), uno degli ultimi kolossal in digitale, fino al recente 'The Irishman', i temi della decadenza umana, della malavita e la lotta per la sopravvivenza sono tipici della filmografia di Scorsese. Ma il regista, stavolta, si presenta al grande pubblico con un’opera ambiziosa, con il rischio di cadere nella trappola dei cliché sul razzismo e del classico western “dDi_Caprio_Scorsese_De_Niro.jpgei buoni contro i cattivi”. In effetti, le premesse ci sono tutte, vista la potenza distruttiva dei selvaggi pistoleri: non mancano sparatorie, pur trattandosi di un western al 'crepuscolo', essendo la storia ambientata negli anni venti del secolo scorso. In 'Killers of the Flower Moon', però, la delinquenza razzista e feroce, ben diversa da quella del mafioso italo-americano che odia i 'neri', si fa carico di narrare, in modo lucido, disincantato e senza orpelli, una questione delicatissima, una piaga ancora aperta nella coscienza americana e occidentale: il genocidio dei nativi americani. C’è da dire che, in questo caso particolarissimo, i nativi vengono uccisi in modo subdolo e non a 'suon di cavalleria'. Si pensi in particolar modo a ciò che accade alla protagonista, Mollie Hale, interpretata dalla talentuosa Lily Gladstone, moglie del vile opportunista e criminale, Ernest Burkhardt (Leonardo DiCaprio), che giorno dopo giorno rischia la morte. Tuttavia, Scorsese non rinuncia alla crudezza sanguinolenta nelle scene di esecuzioni e di cadaveri.

Un film che vuol farsi epopea
'Killers of the Flower Moon' vuol farsi più epico (non solo nella durata) rispetto ai classici film del passato di Scorsese: si evince il desiderio del regista di superare quella forza centripeta e malinconica dell’affezione all’epos del clan, per affrancarsi da essa e cogliere un nuovo respiro espressivo attraverso la blindatura del soggetto storico. Che il film voglia essere 'documentaristico' ce lo ricorda la fotografia (bellissima), con inquadrature in bianco e nero dall’effetto 'foto d’epoca', ma soprattutto la cura nella costruzione dei personaggi: ascesa, apice e caduta. Per essere più fedele alla storia reale, il regista e il co-sceneggiatore, Eric Roth, hanno lavorato intensamente con gli interpreti (tra i quali dei veri pellerossa Osange, ndr) per dar vita ad uno scenario intenso, a tratti commovente e poetico. Interpretazioni che spiccano su tutti, essendo un vero e proprio manifesto dei diritti umani. Gli interpreti cult, come il sempre magistrale Robert De Niro e il suo orrifico spietato William Hale, sono affiancati da attori carismatici e bravi, come Tom White che impersona Jesse Plemons, l’uomo di legge della neonata Fbi (al suo debutto). Un ottimo film, insomma.

Altre notizie
L’autore del romanzo ‘Killers of the Flower Moon’ è un apprezzato giornalista d’inchiesta: il cronista newyorkese, David Grann. Si tratta di un collega che fa spesso 'luce' su storie dimenticate, con un approccio molto lucido. Nel suo romanzo 'Killers of the Flower Moon' (The Osage Murders and the Birth of the Fbi), pubblicato in Italia con il titolo ‘Gli assassini della terra rossa’ (Corbaccio, 2017), viene alla luce un’epoca nera della giovane America, quando su ordine del governo i nativi americani degli Osage furono costretti a spostarsi verso ovest: dal fiume Ohio e dalle valli del Mississippi, attraverso il Missouri e il Kansas, fino al cosiddetto "territorio indiano" dell’Oklahoma.

La storia
Quando nel 1894 furono scoperti giacimenti petroliferi nella terra degli Osage, la comunità divenne ricchissima, grazie ai diritti minerari e alla locazione dei campi agli imprenditori. Il territorio venne, però, invaso da speculatori assetati di ricchezza. Iniziò un periodo di grande sfruttamento - e non solo - da parte di criminali, che si riversarono nelle cittadine in rapida espansione, ma anche dDi_Caprio_Gladstone.jpgel governo americano, che gestì la situazione attraverso un sistema corrotto e razzista di ‘custodia’ del territorio, secondo il quale le ricchezze dei nativi americani dovevano essere gestite da 'tutori bianchi' i quali, di fatto, si appropriarono illecitamente di profitti milionari. Nel corso del cosiddetto 'Regno del Terrore' dei primi anni '20 del secolo scorso, decine di appartenenti alla comunità Osage furono assassinati in circostanze misteriose, molti di loro avvelenati e le donne uccise a sangue freddo dal proprio ‘marito’ (uno dei tanti cacciatori di fortuna) per acquisire i diritti di proprietà, comprese le quote dei diritti petroliferi per le generazioni a venire. Solo nel 1923, l’appena nata Fbi avviò un’indagine su richiesta degli Osage. E questo fu uno dei primi casi di omicidio trattati dal bureau federale.
 
L’adattamento cinematografico di Martin Scorsese ed Eric Roth
Spiega Scorsese: “Io e Roth abbiamo valutato insieme che genere di film fare. Dal 2017 al 2020, mentre giravamo 'The Irishman', abbiamo scandagliato ogni aspetto della storia dal punto di vista dell’Fbi e del personaggio di Thomas Bruce White Sr, l’eroico ranger texano e agente dell'Fbi che ha avuto il merito di risolvere il mistero degli omicidi della tribù Osage. Ci è voluto molto tempo per perfezionare la storia”, aggiunge Roth, “per riuscire, insieme a Eric e Martin, ad acquisire una prospettiva della vicenda degli Osage, per evitare di fare un film esclusivamente sull’indagine svolta dall’Fbi. Nel libro, la storia funziona benissimo, poiché si tratta di un'inchiesta giornalistica, ma abbiamo voluto evitare di raccontare l’ennesima storia di un agente Fbi bianco che salva la situazione, perché il rischio di questo clichè era più che concreto".

Le trascrizioni del Tribunale
Tuttavia, alla fine la soluzione è arrivata direttamente dalle trascrizioni del Tribunale del processo per omicidio degli Osage, a cui Roth ha dato una forma drammatica nella sceneggiatura, riadattandola. Alla sbarra c'era Ernest Burkhart, un ambiguo veterano della prima guerra mondiale che aveva trovato lavoro nei giacimenti petroliferi di Fairfax, in Oklahoma. Proprio Burkhart ha fornito una testimonianza sulla sua partecipazione a un complotto criminale, ideato dallo zio: una truffa che prevedeva il suo matrimonio con una donna di una ricca famiglia Osage. Il tradimento personale è diventato, quindi, la vera 'chiave' per personalizzare 'Killers of the Flower Moon'. In seguito, Scorsese si è ispirato anche alle trascrizioni degli atti del processo: “C’è una deposizione di Ernest”, racconta il grande regista italo-americano, "in cui l’imputato fornisce le sue generalità, dichiara di non avere un lavoro e di passare il tempo nella sala da biliardo".

I nativi americani

DiCaprio e Scorsese sono rimasti colpiti anche dall’attrice, nativa americana, Lily Gladstone, nota soprattutto per la sua accattivante interpretazione di Jamie, la rancher solitaria di 'Certain Women', appartenente aila tribù dei Blackfeet, che ha portato molto della sua cultura nel film. E’ raro che Martin, quando sceglie un attore, lo incontri una sola volta e non faccia neanche un’audizione. Ma negli occhi di Lily, nella sua anima, ha visto subito Mollie e, ovviamente, aveva già apprezzato le sue interpretazioni precedenti. Mollie è scettica nei confronti di Ernest, lo considera un disonesto e un imbroglione: lo provoca dicendo: "Il coyote vuole i soldi" e frasi del genere. “È stato molto interessante vedere come la sua presenza abbia influito su Leo e sullo sviluppo del suo personaggio e di come abbia contribuito a definire il rapporto fra Mollie e Ernest", spiega ancora Scorsese, "esplorare il territorio emotivo insieme a Lily e a Leo è stata un’esperienza che mi ha arricchito molto. I silenzi di Mollie”, conclude, “nel film sono molto eloquenti, spesso più significativi delle sue parole".

I ruMartin_Scorsese.jpgoli per gli attori Osage
Ogni 'ruolo Osage' doveva essere recitato da un nativo americano. E infatti, tutti i membri Osage del film sono interpretati da autentici nativi americani: William Belleau ('The Twilight Saga: Eclipse') interpreta Henry Roan, un Osage che ha legami con Mollie; Tatanka Means ('Saints & Strangers') è l’agente federale nativo americano, John Wren; la nota attrice canadese Tantoo Cardinal ('Balla coi lupi', 'Vento di passioni'), di origine Creee Métis, interpreta il ruolo della matriarca Lizzie, la mamma di Mollie; mentre Cara Jade Myers ('This is Us'), JaNae Collins ('Reservation Dogs') e Jillian Dion ('Legion') hanno interpretato le tre sorelle di Mollie: Anna, Reta e Minnie. Complessivamente, sono oltre 44 i ruoli interpretati dagli attori Osage, oltre a centinaia di extra. Yancey Red Corn, un ex avvocato Osage diventato attore, dice di essere un fan di Scorsese da quando, all’età di 12 anni, ha visto 'Toro scatenato'. L’anziano Osage, Marvin Stepson, ha reso noto il suo forte legame con la storia di questa pellicola: suo nonno, Bill Stepson, è stato assassinato durante il 'Regno del Terrore' e viene menzionato nel corso del film. A proposito di muse e di collaborazioni di vecchia data, 'Killers of the Flower Moon' rappresenta la decima collaborazione di Scorsese con Robert De Niro, che qui vediamo nel ruolo dello zio di Ernest, l’allevatore di bestiame William Hale, colui che ha ideato il 'Regno del Terrore'. È un personaggio controverso: non un semplice 'villain', né un eroe.
 
Gli investigatori
Nonostante i cambiamenti apportati, il ruolo dell’agente dell'Fbi, Tom White, ha dato ancora la possibilità al candidato agli Oscar, Jesse Plemons, di splendere di 'luce propria'. L'agente White, infatti, si accontenta di ascoltare e prendere appunti, mentre la sua preda si infila in una trappola che lui stesso ha creato. Spiega Plemons in persona: “La sfida è stata proprio quella di interpretare un ridicolo esponente di moralità e giustizia, cercando di umanizzarlo”. Dichiara anche di aver trovato grande fonte di ispirazione nelle scene con De Niro: "È stato bellissimo lavorare con lui. Nelle scene cambia sempre qualcosa, adoro il suo metodo di lavoro. Al di là di ciò che si vede, ci sono cose che accadono sotto la superficie e che non vengono dette". Anche i ruoli minori della sceneggiatura sono stati affidati ad attori di spicco: John Lithgow e il recente premio Oscar, Brendan Fraser, i quali interpretano due avvocati in contrasto fra loro: "Scorsese è il prototipo del regista infiammato dal lavoro", dice Lithgow. "Ho lavorato con altri registi come lui: faresti qualsiasi cosa per loro". Aggiunge Fraser: "Scorsese ha il merito di far sentire tutti importanti".

Gli esterni
Le scene 'in esterna' del film sono state girate proprio in Oklahoma nella riserva degli Osage, proprio nelle cittadine e comunità il cui un secolo prima aveva regnato "il Terrore". Un’altra decisione presa da Scorsese riguarda la piena collaborazione da parte della 'Nazione Osage' nella lavorazione del film. Nel rivolgersi a loro, Scorsese ha voluto apprendere la storia, la cultura, le tradizioni e le preoccupazioni. Ha ascoltato i loro racconti, i loro sogni e ha cercato il sostegno della comunità in ogni fase della produzione. Inoltre, ha fatto in modo che gli Osage fossero trattati sempre con rispetto e riguardo, garantendo che la loro vicenda fosse raccontata in modo autentico e veritiero. Già nella primavera del 2019, prima della pandemia, Scorsese e la sua squadra si sono recati nella riserva degli Osage per effettuare i sopralluoghi delle location e incontrare direttamente la comunità prima di iniziare le riprese. È stato organizzato un incontro fra Scorsese e Geoffrey Standing Bear, il leader della 'Nazione Osage'. Fra i due si è instaurata una profonda comunicazione: la preoccupazione era quella di non mostrare gli Osage semplicemente come cadaveri, in forma anonima, dunque. La comunità Osage di Gray Horse ha perciò organizzato una cena per Scorsese e la sua squadra di professionisti: un’occasione significativa, a cui hanno partecipato centinaia di membri della tribù, molti dei quali hanno raccontato dei loro antenati uccisi durante il 'Regno del Terrore'. Il membro del Congresso di Osage Nation, Brandy Lemon (che in seguito è stato il trait d’union fra la comunità Osage e il film, ndr) racconta: “Scorsese ha stretto la mano di ogni singolo membro Osage che ha partecipato all’evento”.

Ricostruire la città: la scenografia
Molti dei più fidati collaboratori di Martin Scorsese si sono ritrovati dietro la macchina da presa per girare 'Killers of the Flower Moon', compreso il direttore della fotografia, Rodrigo Prieto ('The Wolf of Wall Street', 'Silence', 'The Irishman'); il compositore Robbie Robertson ('Re per una notte', 'Il colore dei soldi', nonché chitarrista e cantante in 'The Band' e che compare anche in 'The Last Waltz'); e la montatrice Thelma Schoonmaker (che ha collaborato nella maggior parte dei film di Scorsese a partire da 'Toro Scatenato' del 1980, che le è valso il primo dei suoi tre Oscar). Hanno invece lavorato per la prima volta con Scorsese, la costumista Jacqueline West ('Revenant-Redivivo', 'Dune' e 'Argo') e il leggendario scenografo Jack Fisk, che vanta una carriera lunga quanto quella di Scorsese, fra cui 'I giorni del cielo', 'La sottile linea rossa' e 'The Tree of Life'. Esperto nella costruzione di set all’aperto, Fisk ha curato la scenografia di 'Mulholland Drive' di David Lynch, quella de 'Il petroliere' di Paul Thomas Anderson e alcuni scenari di 'Revenant-Redivivo' di Alejandro González Iñárritu, con Leonardo DiCaprio nel ruolo che gli è valso l’Oscar. Fisk afferma, infatti, che lui adora "lavorare all'aperto. La mia fama riguarda la costruzione di set all'esterno, non nei teatri di posa”. Il compito di Fisk, in effetti, non era facile: raccontare la storia della terra degli Osage, riutilizzando le strutture esistenti o costruendole ex novo. La città originale di Fairfax, infatti, non c’era più: in parte è stata completamente riammodernata, mentre altre parti risultavano abbandonate al degrado. Bisognava mostrare i vasti spazi rigogliosi del territorio degli Osage e allestire diverse abitazioni e uffici. Fisk si è occupato di cercare le location per le case e le piazza degli Osage. E la vicina località di Pawhuskaha ha assunto le convicenti sembianze di Fairfax: "Per conferire il tocco finale alla ricostruzione della Kihekah Avenue, la strada è stata interamente ricoperta di terra”, dice ancora Fisk, “perché io cerco sempre il realismo. Questo film è un western firmato da Martin Scorsese. Ed è una storia vera, dunque, che riguarda gli albori della nostra nazione. È un film sull’avidità e sull’amore. È un po’ come quel grande classico, 'Il gigante': nell’arco di un determinato periodo di tempo, i personaggi si sviluppano ed evolvono. E' un mondo che nessuno ha vissuto di persona", conclude, "ma che trasporterà gli spettatori in una dimensione che fa ancora parte di tutti noi”.

Cast artistico e tecnico
Leonardo DiCaprio (Ernest Burkhart)
Lily Gladstone (Mollie Hale)
Jesse Plemons (Tom White)
Robert De Niro (William Hale)
Tantoo Cardinal (Lizzie Q)
Cara Jade Myers (Anna Brown)
Brendar Fraser (W.S.Hamilton)
John Lithgow (Procuratore Leaward)
JaNae Collins (Reta Brown)
Jillian Dion (Minnie Brown)
William Belleau (Henry Roan)
Louis Cancelmi (Kelsie Morrison)
Tatanka Means (John Wren)
Michael Abbott Jr. (Frank Smith)
Pat Healy (John Burger)
Scott Shepherd (Byron Burkhart)
Jason Isbell (Bill Smith)
Sturgill Simpson(Henry Grammer)
 
Regia: Martin Scorsese
Sceneggiatura: Eric Roth e Martin Scorsese
Basato sul volume omonimo di: David Grann
Prosuttori: Martin Scorsese; Dan Friedkin; Bradley Thomas; Daniel Lupi
Produttori esecutivi: Leonardo DiCaprio; Rick Yorn; Adam Somner; Marianne Bower; Lisa Frechette; John Atwood; Shea Kammer; Niels Juul
Direttore della Fotografia: Rodrigo Prieto
Montaggio: Thelma Schoonmaker
Scenografia: Jack Fisk
Costumi: Jacqueline West
Musica: Robbie Robertson
Studio: Apple Studios
Un’esclusiva per l’Italia di 'Leone Film Group', in collaborazione con 'Rai Cinema'
Durata: 3 ore e 26 minuti
Distribuzione: 01Distribution

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