La premiazione degli Oscar ha regalato all’Italia il suo quindicesimo successo nella competizione cinematografica più importante dell’anno. Tuttavia, la serata non ha visto solo vincere ‘La grande bellezza’, ma anche tanti altri film e protagonisti che hanno contribuito a rendere indimenticabile questo evento
Tutto quello che segue sicuramente sarà un po’ in controtendenza rispetto ai toni trionfalistici che si stanno usando (e abusando a parere di chi scrive) in questi giorni. ‘La grande bellezza’ ha vinto l’Oscar dopo quindici anni da ‘La vita è bella’. Complimenti a Paolo Sorrentino per aver riportato questo premio in Italia dopo tutto questo tempo; adesso va bene essere nazionalisti (o meglio va bene esserlo quando è facile), va bene l’euforia, va bene che si tratta di un bel film e di un ritratto per certi versi impietoso della società romana, ma adesso basta: gli Oscar non sono stati solo ‘La grande bellezza’, ma tante altre cose.
L’86° cerimonia di consegna degli Academy Awards ha riservato molte sorprese agli spettatori e agli appassionati che ogni anno non riescono a rinunciare alla celebrazione del cinema americano. Una di queste interessanti sorprese è stata la presentatrice: una Ellen DeGeneres in grandissima forma che è riuscita a dare all’intera serata un tono divertente e scanzonato, con i suoi continui cambi di abito, le sue battute mai volgari e intermezzi di vera comicità, come quando si è resa protagonista di un improbabile consegna della pizza agli ospiti del Dolby Theatre di Los Angeles. Ma non solo: perché la anchor-woman ha riunito in un autoscatto le star presenti in sala, da Meryl Streep a Jennifer Lawrence, passando per Julia Roberts, Brad Pitt e Angelina Jolie, e ha scattato un ‘selfie’, che è entrato subito nella storia di Twitter con oltre un milione di condivisioni in poche ore (un'operazione sponsorizzata dalla Samsung con 20 milioni di dollari di pubblicità, affinché il suo nuovo smartphone Galaxy Note 3 fosse "incorporato" in qualche modo nello show).
I veri protagonisti, tuttavia, sono stati i film. Quest’anno la concorrenza era davvero molto agguerrita.
‘12 anni schiavo’, film sulla vera vita del musicista di colore Solomon Northup che nel 1841 venne rapito con l’inganno e passò i successivi dodici anni come schiavo in una piantagione di cotone in Luisiana, partiva da nove nomination ed è riuscito a portare a casa tre statuette, tra cui quella per la miglior sceneggiatura non originale (tratta dall’autobiografia dello stesso Solomon Northup) per la miglior attrice non protagonista alla giovane keniota Lupita Amondi Nyong'o per la sua interpretazione della schiava Patsey sottoposta a continue torture e stupri, e la statuetta più ambita di tutte, quella per il miglior film ritirata a fine serata da Brad Pitt (che del film è interprete e produttore) e dal regista Steve McQueen, che dopo i ringraziamenti di rito ha iniziato a saltare e ad esultare sul palco come un bambino che ha appena ricevuto il regalo che tanto voleva al compleanno.
‘Gravity’, epopea spaziale del regista messicano Alfonso Cuarón, è la pellicola uscita dagli Oscar con il maggior numero di statuette, sette su un totale di dieci candidature; si tratta per lo più dei cosiddetti premi ‘tecnici’ come il montaggio, gli effetti visivi e sonori, la colonna sonora, ma tra questi spicca il riconoscimento a Cuarón per la miglior regia. Il regista messicano è stato l’unico della serata ad andarsene dal Dolby Theatre con due premi, in quanto anche montatore della pellicola.
L’altro grande vincitore della serata è stato il film 'Dallas Buyers Club', ispirato alla storia realmente accaduta di due uomini malati di AIDS che negli anni ’80 hanno cercato di opporsi al sistema federale statunitense che sovvenzionava cure in realtà dannose per i pazienti affetti da quella patologia. La pellicola, che era stata presentata in concorso al Festival Internazionale del Cinema di Roma 2013, ha ricevuto un plauso unanime della critica internazionale, legato soprattutto alle interpretazioni dei due protagonisti, Matthew McConaughey e Jared Leto (che per calarsi nel ruolo di malati di AIDS hanno perso rispettivamente venti e tredici chilogrammi) premiati con l’Oscar per il miglior attore, protagonista e non protagonista.
Grande sconfitto della serata è stato il film ‘American Hustle’, che partendo da dieci candidature non è riuscito ad aggiudicarsi neanche un premio.
Grande delusione anche per Leonardo di Caprio che per la sua interpretazione del brooker e truffatore Jordan Belfort nel film di Martin Scorsese ‘The wolf of Wall street’ sperava finalmente di portarsi a casa la tanto agognata statuetta al quarto tentativo.
Oltre alle premiazioni durante la serata un continuo articolarsi di momenti divertenti e commemorativi hanno strappato più di qualche applauso e tanta commozione. Pharrell Williams con la sua performance della canzone ‘Happy’ è riuscito a far ballare l’intero pubblico, mentre gli U2 sono saliti sul palco con la loro ‘Ordinary love’, canzone dedicata al ricordo del leader sudafricano Nelson Mandela scomparso il 5 dicembre scorso. Un lungo e sentito applauso ha accolto Sidney Poiter, primo attore di colore della storia a ricevere un Oscar come protagonista per il film del 1963 ‘I gigli del campo’, che durante la premiazione di Cuarón ha invitato tutti i presenti a “continuare così”.
L’Oscar, in fin dei conti è esattamente questo: il cinema americano che si auto-celebra di fronte al resto del mondo e ribadisce la sua importanza a tutti, rendendo l’Oscar non solo il premio più ambito da chiunque lavori nel settore, ma anche, come detto da Ellen DeGeneres; “il più importante che ci sia”.