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10 Ottobre 2024

Inside out: emozioni che incantano

di Giorgio Morino
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Inside out: emozioni che incantano

Il nuovo lungometraggio Pixar Animation stupisce per la bellezza delle immagini e la profondità delle tematiche affrontate: il passaggio dall’infanzia all’adolescenza viene ricollegato all’evolversi di cinque emozioni fondamentali, che guidano la giovane protagonista ad affrontare la propria crescita in un tripudio di fantasia, umorismo e commozione

Nel corso della sua quasi ventennale storia, la Pixar è riuscita a far diventare il proprio nome sinonimo di eccellenza nel mondo dell’animazione. Scorrere la filmografia di questo Studio, nato da una costola della Lucasfilm grazie a un’intuizione geniale di Steve Jobs, equivale a percorre un viaggio fatto di autentiche pietre miliare dell’animazione computerizzata, gioielli tecnicamente superbi e perfetti nel loro svolgimento narrativo, in grado di toccare con semplicità e immediatezza argomenti in molti casi difficili come la diversità, la vecchiaia, la morte, l’abbandono e l’invidia, toccando i cuori di tutti i bambini, anche di quelli che sono cresciuti troppo.
Dopo due anni dall’uscita di Monsters University, la Pixar porta nelle sale Inside Out, pellicola che eleva a protagoniste indiscusse le emozioni che ognuno di noi prova, cercando di spiegarci come queste siano in grado di cambiare la nostra vita anche nei momenti più difficili. La storia segue le vicende di Riley, una quindicenne del Minnesota costretta a traslocare con la sua famiglia a San Francisco, e delle emozioni scatenate da questo evento. Sono proprio le personificazioni di queste emozioni, le cinque fondamentali dell’animo umano, a essere i protagonisti del film: gioia, tristezza, disgusto, paura e rabbia sono i filtri attraverso cui Riley interpreta e interagisce con la realtà attraverso la propria mente, il “quartier generale” delle emozioni. Gioia, il leader del gruppo, vorrebbe che la vita di Riley fosse perfetta e piena di allegria, arrivando in alcuni casi ad allontanare la malinconica Tristezza in modo che non possa corrompere quelli che saranno i ricordi della ragazza. Almeno fino a quando una serie di eventi inevitabili porteranno queste due emozioni agli antipodi a confrontarsi e capirsi, per il bene di Riley.
Il tema dello sviluppo e della crescita emotiva viene affrontato dall’interno della persona, partendo dalla mente, proponendo situazioni che probabilmente qualunque ragazzo arriva a provare almeno una volta nella vita: l’abbandono, il sentirsi incompreso e lontano da tutto e tutti. Il passaggio dall’infanzia all’adolescenza di Riley, si affianca alla crescita delle sue emozioni. Questo percorso si può leggere facilmente nelle “isole” del cervello: si tratta di luoghi speciali della memoria legati a un ricordo base, fondamentale, che la mente sa riconoscere e preserva, sviluppando da esso un lato della personalità specifico. L’evoluzione della protagonista scuoterà le fondamenta stesse di queste isole, destinate a crollare. La verità è che la mente, così come la vita, è in continua evoluzione. In questo percorso l’immobilismo di chi vuole mantenere lo status quo è intollerabile. Tutto viene demolito, ma poi ricostruito su fondamenta più solide.
Con un lavoro  straordinario di caratterizzazione dei personaggi, i registi Pete Docter e Ronnie del Carmen sono riusciti a rendere credibilmente reali dei concetti astratti come le emozioni: ognuna di loro ha la funzione ben precisa di aiutare Riley nella vita. Nonostante la protagonista possa sembrare in apparenza Gioia, così solare e positiva, è in realtà Tristezza a catturare il cuore dello spettatore: un’emozione così troppo spesso scansata ed etichettata come fattore negativo del quotidiano. Tristezza riesce a rendere davvero autentica Gioia, perché molto spesso è proprio dai momenti più tristi che si può costruire una nuova felicità.
Ci sarebbero un’infinità di aspetti e risvolti intriganti della trama e dei personaggi che si potrebbero sviscerare in queste righe, ma farlo significherebbe togliere il gusto della visione: stiamo parlando infatti di uno di quei film che basa gran parte del proprio successo sull’impatto emotivo iniziale con lo spettatore. Raccontare tutto sarebbe fare un torto a chi ci ha regalato quest’esperienza.
Come detto prima, la Pixar ha abituato talmente bene spettatori e critica tanto che il termine “capolavoro” è stato usato tante volte da risultare banale, scontato ed eccessivamente ossequioso. In questo caso però risulta addirittura riduttivo. Inside Out è un film speciale, divertente e allo stesso tempo commuovente e riflessivo, che non può non incantare.


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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