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26 Aprile 2024

La rivolta 'anti-moralista' di Catherine Deneuve

di Dario Cecconi
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La rivolta 'anti-moralista' di Catherine Deneuve

'Lettera-editoriale' pubblicata su 'Le Monde' dalla nota attrice francese e da altre 100 donne, per manifestare apertamente alcuni rischi di confusione tra violenza sulle donne e corteggiamenti 'maldestri', tra ciò che è reato e quel che possiamo definire come semplici atteggiamenti infelici o sbagliati  

Lo stupro è un crimine, ma il ‘provarci’, anche in modo insistente o maldestro, non è un reato, né la galanteria è una “aggressione machista”. È questo il senso di quanto sostenuto da oltre cento donne capitanate dalla leggendaria attrice francese Catherine Deneuve, le quali hanno firmato una ‘lettera-editoriale’, pubblicata nei giorni scorsi sul quotidiano francese ‘Le Monde’, per criticare apertamente il movimento #MeToo e il più recente #TimesUp. Tra le firmatarie troviamo anche l’attrice tedesca Ingrid Caven, la giornalista Elisabeth Levu e le scrittrici Catherine Millet e Catherine Robbe-Grillet. In un momento particolare, in cui il mondo del cinema sembra essere invaso da scandali a 'luci rosse' che vedono messi alla gogna numerosi registi, produttori e attori di fama internazionale, cento donne hanno dichiarato che la presa di coscienza delle violenze sessuali subìte rischia di trasformarsi in una ‘caccia alle streghe’ anche solo per un apprezzamento di troppo. Le donne hanno, sempre e comunque, la facoltà di dire ‘No’, sottraendosi a qualsiasi tipo di 'avance'. La battaglia si concentra sulla distinzione netta fra la violenza sessuale, che è un crimine, e la "volontà di rimorchiare", che non è affatto un reato. Le firmatarie sono scese in campo in difesa della libertà di importunare, indispensabile alla libertà sessuale, dichiarando che le donne adulte sono abbastanza mature per ammettere che la pulsione sessuale è, per sua natura, offensiva e selvaggia, ma anche sufficientemente accorte per non confondere il corteggiamento ‘maldestro’ con la vera aggressione sessuale.

CORTEGGIAMENTO O ABUSO DI POTERE?
Il corteggiamento è un rito di seduzione tra due persone che cercano vicendevole complicità e che, proprio per questo, prevede reciprocità. Non è da sottovalutare come, quasi sempre, il secondo fine di un rapporto sia quello di arrivare a un certo grado di intimità con la persona che si corteggia, ma considerato che questo fine spesso è molto esplicito e facilmente comprensibile, tra due persone adulte e capaci di intendere e di volere. Invece, se non si è d’accordo, si può sempre dire: "No". Tentare di avvicinarsi troppo a una donna, cercando di sfiorarle una spalla con la mano quando lei può allontanarla senza troppi problemi, è un tentativo di corteggiamento. Il contesto, ovviamente, deve essere quello giusto. E la signora in questione può condividere o meno il gioco. Nel corteggiamento, ricordiamolo, non ci sono rapporti di potere, bensì di rispetto. Il concetto di corteggiamento ‘maldestro’, talvolta nasconde abusi di potere mascherati, ovvero la mano sul ginocchio o il 'pizzicotto' indesiderato e fuori contesto. Mostrano un uomo che si sente debole, che con quel gesto cerca di darsi forza. In particolare, se questo avviene in un contesto di lavoro, significa fare una ‘avance’ nel momento sbagliato, perciò si è di fronte a un caso di molestia. L’abuso di potere è un atteggiamento perseguibile dalla legge, perché non c’è una reale possibilità di contrattare le regole di relazione tra due persone, né si ha il potere di dire ‘No’. A conti fatti, potremmo sottolineare l’importanza delle denunce di donne così ‘visibili’ a livello internazionale, che stanno scoperchiando un ‘pentolone’ che bolliva da anni. Ma, con altrettanta attenzione, abbiamo voluto soffermarci sulla ‘lettera aperta’ pubblicata su ‘Le Monde’ e sul perché tante denunce siano giunte tutte insieme, a distanza di decenni dai fatti. Tutte le donne dovrebbero ricordarsi che non sono oggetti nelle mani di un uomo. E che possono e debbono denunciare determinati ricatti immediatamente, senza paura delle conseguenze, sia per rispetto della propria dignità, sia come forma di solidarietà nei confronti di tutte le donne vittime di abusi.

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