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29 Marzo 2024

Festival per Dire: colazione con le parole

di Gaetano Massimo Macrì
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Festival per Dire: colazione con le parole

Metti una domenica di sole, un breakfast al museo, una narratrice che parla d'amore. Avviene al Festival per Dire, prima kermesse dove le parole narrate riscoprono il loro valore nel caos della vita quotidiana  ‏L‪'‬8 giugno, Roma ha offerto al pubblico una colazione con le parole. Il ‏luogo è stato il Macro, l'evento originale, il "Festival per Dire". Un' iniziativa nata dal genio di Fabrizio Russo, direttore di Bea (Branded Entertainment & Arts, una società che produce contenuti culturali per la creative community di  KleinRusso). Lo spunto è nato da quella grande opera di intrattenimento che ha preso vita al "Bea Café" di via Giano Parrasio. Il caffè letterario che ogni giovedì offre da circa un anno ai suoi ospiti, un incontro con personaggi di peso del mondo artistico e culturale italiano. Un salotto d'altri tempi, si direbbe, dove pubblico e personaggi dialogano insieme sui temi della politica, letteratura, arte, attualità, senza l'aplomb degli intellettuali distaccati dal mondo reale. ‏Questo per far comprendere che il Festival per Dire è un po' la propagazione di quegli incontri. La costruzione di un degno palcoscenico che per la prima volta ha regalato ai visitatori una due giorni intensa, intrisa di racconti, di parole. Un crocevia di storie, quel dire 'per dire' purché si parli, che si tratti di fantasie o verità, poco importa. Giornalisti, autori, romanzieri, insomma: tutto il 'comparto della parola', narrata, raccontata, scritta, è stato invitato a partecipare all'evento. Il motivo sembra quasi banale, nella sua semplicità: le parole servono, mai sottovalutarne l'importanza. Ebbene, domenica mattina, si diceva, tra un caffè e una spremuta, gentilmente offerti per creare la giusta predisposizione d'animo, Sandra Petrignani è salita in cattedra per raccontare le sue storie. È un pezzo di questo festival che vi vogliamo raccontare. Il 'dire' in questo caso, riguardava la parola più spremuta nella centrifuga delle azioni umane, le quali, ogni volta che si consumano, sembrano sempre girare attorno allo stesso concetto: amore. E allora, tutte le storie sono storie d'amore. Partiamo da questo assunto che dà il tema all'incontro. Sandra  in veste di narratrice tra le più apprezzate, tradotta in vari paesi, esordisce così: "Io ci metterei un punto interrogativo, intanto". Un po' sarà vero, perché infondo le storie d'amore sono come piccoli gialli. "Ognuno si confronta sulla verità dell'altro. Mi ama, non mi ama? E fino a quanto? Mi dice la verità? Come si vede le complicazioni sono tante. Hanno un che di romanzesco. In questo senso, dunque, tutte le storie sono storie d'amore". Una verità che però si scontra con un'altra: sono più le donne a scrivere d'amore, gli uomini fanno difficoltà. E anche le sofferenze si consumano differentemente. Viviamo ancora secondo la favola del principe azzurro. "Per cui le ragazze crescono con la speranza che qualcuno verrà a salvarle. Certo, a volte succede. Però anche qui, a che prezzo? Si costruisce una zattera in cui poter stare in due. E poi? È una minaccia continua. Se perdi quella persona?". Confessa, Sandra, che nell'invecchiare ha trovato la libertà dall'attesa di quella illusione. Che invidia quelli che stanno insieme da una vita. Come abbiano fatto non lo sa. Probabilmente perché l'amore si trasforma. "E vorrei vedere in cosa, poi...". C'è probabilmente una finzione reciproca e benefica a salvaguardia del rapporto. "Io dico che fingono di non vedere certe cose. Ma così almeno proteggono il nucleo familiare. E già così va bene". Però quando inizia, l'amore, è proprio come dicevano gli antichi, "una freccia che ti colpiva, e l'altro che improvvisamente ti ha fatto un incantesimo". Basti pensare alle donne forti, energiche e di un grandissimo spessore culturale,come la Yourcenar, Colette, Deledda, tutte penate d'amore ad un prezzo molto alto. E poi occhio anche a quelle pene, "la sofferenza amorosa è giusto prenderla sul serio". Il bilico tra la serenità e la follia, anche estrema, potrebbe essere breve. ‏A un certo punto parte un filmato in cui vengono mostrate, in serie, le scritte amorose, le dichiarazioni sui muri di perfetti sconosciuti. Un punto di osservazione di un'Italia che si strazia d'amore, che dichiara questo sentimento con parole differenti, con declinazioni 'pop', strappalacrime come solo teneri e giovani cuori possono fare. O irriverenti, perché siamo sempre e comunque un popolo geniale, che alle pene d'amore, spesso risponde con fantasia. Si va da un "Ti amerò per sempre. Più un giorno" al "Tentar non nuoce... Sto cazzo!". Ecco, siamo fatti anche così. Per concludere, qualcuno fa notare che viviamo una vita multimediale. "L'amore al tempo di Facebook?". La domanda potrebbe sembrare sensata, ma in fondo, la risposta riporta l'ordine: "A me non me ne importa nulla di metterlo in un libro, tanto per essere moderni. Credo che ancora dobbiamo metabolizzarlo. Non mi sembra stimolante come spunto per le storie d'amore. È molto grossolano". Per fortuna, purché se ne parli. L'incontro finisce così, col risultato di aver provato a dimostrare che parlare, raccontare, 'dire' d'amore e farlo bene, aiuta lo spirito a mettere ordine al caos. Il breakfast domenicale ci ha nutriti quel tanto che basta per andarcene con molti interrogativi, sulle proprie storie d'amore, sulla necessità di ripensarle, raccontarle, narrarle, in primis a noi stessi. "Chi ha un'ultima domanda, la faccia ora o...", chiede il moderatore, "La faccia su Facebook", lo interrompe la Petrignani. A buon intenditor, poche parole. Festival del Dire, le parole contano, ricordate. 


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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