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26 Aprile 2024

Dai Samurai a Hello Kitty: come cambia la nostra idea del Giappone

di Gaetano Massimo Macrì – gmacri@periodicoitalianomagazine.it Twitter @gaetanomassimom
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Nell’immaginario collettivo alcuni termini identificano da sempre la terra del Sol Levante, ma negli ultimi anni l’esotica geisha è stata scavalcata da sushi, manga e marchi tecnologici: ciò sottolinea come la nostra conoscenza sulla cultura degli altri Paesi sia spesso superficiale e stereotipataLa_nostra_idea_di_Giappone.jpg

Sul quotidiano nipponico di lingua inglese 'JapanTimes' è uscito un articolo curioso su come sia cambiato, nel corso degli anni, il punto di vista relativo all’immagine del Giappone da parte del mondo occidentale. Più nello specifico si tratta della visione che ne hanno gli utenti internet americani. L’analisi dei dati presi da Google ha messo in evidenza come, nell’uso quotidiano sul web, parole da sempre legate al Paese del Sol Levante, samurai e geisha recentemente abbiano lasciato il posto a riferimenti più moderni quali Hello Kitty o Sony. Pochi ricordano che il termine che indica il guerriero giapponese per antonomasia, il samurai appunto, insieme a quello di geisha,‘intrattenitrice’ a tutto tondo, iniziarono a diffondersi in Occidente nel XIX secolo, radicandosi nella cultura popolare. In particolare, i due lemmi si diffusero nelle lingue europee e nordamericane a partire dalla seconda metà del 1800. Non è un caso, del resto, se proprio in quel periodo nacque il Japanisme (Giapponismo), movimento artistico caratterizzato da una forte attrazione per la cultura e l’arte del Sol Levante, sorto per opera di artisti francesi. Quell’interesse fu reso possibile anche e soprattutto in virtù del cambio di rotta della politica giapponese, che ruppe l’isolazionismo in cui si ritrovava, aprendo i suoi porti alle navi mercantili occidentali. Un’apertura che consentì al Giappone di farsi conoscere all’esterno, finendo per influenzare frange del settore artistico occidentale, intellettuali, borghesi e mercanti d’arte. Per intenderci, si diffusero quelle stampe “fluttuanti” che mostravano nuove soluzioni stilistiche per l’utilizzo di linee, prospettive e colori. Edgar Degas, Paul Gauguin, Claude Monet, Gustav Klimt, Pierre Auguste Renoir furono solo alcuni degli artisti che si fecero contagiare dalle immagini che arrivavano dall’Oriente. Vincent van Gogh scrisse addirittura al fratello Theo che “tutto il mio lavoro si basa sulla giapponeseria”. Questa commistione culturale tra oriente e occidente, si ripercosse inevitabilmente sul piano linguistico. Fu così, quindi, che nei primissimi anni del 1900, dunque in pieno Japanisme, si registrò un picco di utilizzo delle parole “samurai” e “geisha”. Cento anni dopo a sostituire l'idea di un Giappone ‘muscolare’, da imbattibile guerriero, è la buffa stilizzazione di un gatto-gadget prodotto dall’azienda Sanrio. Hello Kitty diventa un vero e proprio oggetto di culto e conquista l'occidente. A 'tenergi testa' a suon di click sul web restano giusto il nome 'Godzilla' (ma solo nei periodi in concomitanza dell'uscita del film), 'sushi' e 'anime'  (il fumetto made in Japan).
Che si tratti di 'samurai' o 'Hello Kitty', comunque la sostanza non cambia: si tratta solo di uno stereotipo che poco racconta veramente dell'identità culturale di un Paese e delle differenze fra il modo di vivere dei suoi abitanti e il nostro. Ne è un esempio quanto sta accadendo all’interno del mercato immobiliare: il Giappone in questo senso è davvero particolare. Ad esclusione delle grosse città, nel Paese non esiste un mercato delle compravvendite, perché le case sono costruite in legno e sono pensate per essere sostituite ogni trent'anni. In pratica non si è mai creato un vero mercato 'dell'usato immobiliare' (stiamo parlando di un piccolissimo 15% dell'intero mercato contro il nostro 90%). Inoltre, a causa del lento spopolamento delle zone rurali e del significativo calo delle nascite che si è registrato nel Paese in questi ultimi anni, molte proprietà sono state abbandonate all'incuria del tempo. Così mentre nel resto del Giappone migliaia di case restano vuote, a Tokio, con i suoi 38 milioni di abitanti, si registra il fenomeno opposto, con un aumento dei prezzi degli immobili tra il 30 e il 50%. Anche il concetto di famiglia, fra noi e i nipponici, è molto differente: i suoi membri non sono necessariamente i parenti, ma coloro che vivono nella stessa casa. In tal senso un vicino è più ‘familiare’ di un parente. Differenze culturali che noi leggiamo come curiosità e che, invece, dovrebbero farci riflettere su come ogni cultura reagisce ai fattori della contemporaneità a seconda del proprio modo di pensare e di vivere. Nell'era della globalizzazione vorrebbero farci credere che tutti vogliono le stesse cose, invece è plausibile che ogni Paese le voglia 'alla sua maniera'.


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