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10 Ottobre 2024

La triste realtà delle spose bambine

di Michela Zanarella
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La triste realtà delle spose bambine

Sono oltre 37 mila ogni giorno le minori costrette a sposare uomini molto più grandi, obbligate a subire violenza, alla perdita della libertà e al diritto allo studio: una realtà drammatica sempre più diffusa, che necessita di interventi concreti a sostegno di tutte le vittime, spesso ignare di come affrontare il problema

Secondo un rapporto dell’Unicef del 2015 il matrimonio precoce e forzato appartiene a 700 milioni di adolescenti e riguarda non solo una fascia di popolazione dell’Asia meridionale o dell’Africa sub-sahariana, ma si sta diramando a largo raggio anche in altre zone come Medio Oriente, Africa settentrionale ed Europa. L’Italia non è immune, anche se sono sporadici e rari i casi, dovuti in particolare come conseguenza dei flussi migratori. Sposarsi in tenera età con uomini adulti, spesso già uniti ad altre donne, subendo poi maltrattamenti, senza avere la possibilità di lavorare o studiare, è una situazione sconcertante che va a violare i diritti umani. Il 17% delle spose minorenni, ben 125 milioni, vive nel continente nero, una su tre si è legata in matrimonio prima dei 15 anni, solo in Nigeria se ne contano 23 milioni. In Mauritania, il 60% delle piccole ha un marito più grande di dieci anni rispetto alla loro età. In Burkina Faso, le nozze con adolescenti sono molto diffuse, nonostante siano vietate dalla legge, il 52,7% delle bambine è costretta a unirsi con un adulto prima dei 10 anni. Secondo l’Icrw (International center of research on women), una organizzazione statunitense, la situazione peggiore si registra nello Yemen. Al 15% delle minori, la famiglia impone un marito prima dei 15 anni. Già analizzando questi dati si può comprendere la gravità di quanto avviene, una realtà che spezza e interrompe l’infanzia di milioni di bimbe, e che fa prevedere un forte incremento delle cifre, nel 2050 quasi la metà delle piccole spose vivrà in Africa. Ad incidere molto oltre al forte tasso di natalità dell’area, anche la diffusa povertà che porta le famiglie a cedere le proprie figlie a questa arcaica e pessima tradizione. Per cultura, questa pratica viene considerata come atto ‘normale’, è addirittura un disonore non seguire questo tipo di usanza, perché in caso di gravidanza precoce e fuori dal matrimonio, sarebbe una vergogna per la famiglia, i genitori allora stringono un accordo e promettono in sposa le figlie ad un uomo molto più vecchio, in cambio di denaro e del garantito mantenimento. Costrette a diventare mogli e madri sottomesse, quando invece dovrebbero giocare e andare a scuola, queste piccole si trovano catapultate in un inferno esistenziale, che provoca danni fisici e psichici enormi, fino ad arrivare spesso alla morte. Le autorità locali non fanno nulla per intervenire e gli uomini detentori della tradizione non temono le eventuali sanzioni. Il numero crescente di bambine coinvolte mostra l’urgenza di interventi concreti per porre fine al matrimonio infantile. E’ sempre più necessario un piano di protezione e tutela delle minori a rischio, per salvare il futuro delle giovani generazioni in pericolo. Molte non hanno la forza di difendersi, rimangono in silenzio a subire e rispettano la volontà dei genitori, sono le Ong le uniche strutture a dare aiuto in questo senso, a farsi carico delle vittime, a costruire una mediazione con le famiglie, a sensibilizzare i governi sulla tematica per la rettifica delle leggi. E’ importante raccontare il dramma vissuto, parlarne senza vergognarsi. Nojoud Ali dallo Yemen è stata davvero coraggiosa e ha trovato la forza di combattere per la libertà. Obbligata a sposare un uomo che non aveva mai visto a soli otto anni, selvaggiamente picchiata e violentata, ha chiesto aiuto alla famiglia, che l’ha lasciata sola. Con determinazione si è ribellata, è andata in tribunale e dopo una lunga battaglia è riuscita ad ottenere il divorzio. La sua testimonianza è racchiusa nel libro ‘La sposa bambina’ edito da Piemme, un libro di grande impatto narrativo, che affronta il dolore attraverso parole spiazzanti, potenti, filtrate dagli occhi e dalla voce di una bambina, che incarna la realtà di milioni di giovani donne nel mondo. E mentre il libro si apre con i colori di una terra affascinante, ricca di storia millenaria, dove le case sembrano fatte di marzapane, ci si trova immersi nella sofferenza umana, quella che ti annienta dentro e fuori, e che lascia un segno indelebile, in un dramma così grande dove neanche le lacrime possono bastare. Questa storia vera ha ispirato anche il film omonimo, diretto dalla regista Khadija Al-Salami, che l’ha reso documento autentico di una pratica retrograda come il matrimonio infantile. La letteratura e il cinema sono sicuramente un filtro importante per sensibilizzare su questa tematica antropologica, ma è indispensabile che ogni individuo si faccia carico dello scempio, senza voltarsi dall’altra parte, perché la tutela di ogni bambina che soffre ci appartiene.

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Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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