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24 Aprile 2024

Cara vecchia Lira

di Gaetano Massimo Macrì - gmacri@periodicoitalianomagazine.it
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Cara vecchia Lira

In pensione dal 2002 ci ha accompagnato per decenni, ma la nostra ex-moneta nazionale nasconde molte più storie di quante se ne possano immaginare, alcune poco conosciute, altre molto note. In tutti i casi raccontano la Storia di un Paese che, tra alti e bassi, si è sempre saputo barcamenare

Sono passati ormai dodici anni da quando la Lira ha finito il suo corso legale ed è stata sostituita dall'Euro. Ma senza ombra di dubbio, essa si è attestata nella memoria di coloro che l’hanno utilizzata. Vista col senno di poi, è rimasta al nostro fianco tra alti e bassi, “nella buona e nella cattiva sorte” come una moglie. Di storie ne potrebbe raccontare tante, alcune le abbiamo sempre ignorate, altre le abbiamo dimenticate. Ripercorriamo insieme alcuni episodi che segnarono le tappe della sua storia contribuendo a scrivere quella del nostro Paese.

Palazzo Loup, 28 Settembre 1859 – L'antica "Villa della Fratte"  oggi è uno splendido e lussuoso albergo con 50 camere situato nell’appennino bolognese, a Loiano in località Scanello. In passato fu testimone di un evento molto importante per la nascita della Lira. Il nobile proprietario della villa, Luigi Loup, uno svizzero amico dei più influenti uomini bolognesi, ospitò nelle stanze del palazzo alcune eminenze politiche dell’epoca: Ricasoli, Farini, Minghetti, Cipriani e Audinot. I primi tre ricoprirono il ruolo di presidente del Consiglio del Regno d’ Italia (Governo Ricasoli 12 giugno 1861 - 3 marzo 1862, Governo Farini 8 dicembre 1862 - 24 marzo 1863, Governo Minghetti 24 marzo 1863 - 28 settembre 1864). Una targa marmorea appesa a una parete ricorda quella memorabile giornata, ricordata nei libri di storia come il Convegno Segreto di Scanello. In quella occasione, infatti, si decise di abolire le barriere doganali “fra Toscana, Romagna, Parma” e si adottò la Lira come moneta unica.

Il ‘buco’ della Banca Romana – Con la nascita ufficiale di Roma Capitale, nel 1871 scoppiò un vero e proprio boom edilizio, che indusse tanti imprenditori (alcuni, spinti dal sogno di facili guadagni si improvvisarono tali) a chiedere credito alle banche. La Banca Romana concesse prestiti per diversi milioni senza troppo curarsi della reale solvibilità dei debitori. E, infatti, finito il boom edilizio, si ritrovò sull’orlo del fallimento. Il Governatore Tanlongo pensò di risolvere il problema in questo modo: stampare più banconote del previsto. Negli anni in realtà l’Istituto romano foraggiò persone note e meno note con una certa ‘facilità. L’inchiesta ministeriale avviata accertò un emissione di banconote per il valore di oltre 113 milioni (il doppio del valore depositati nelle casse dell'istituto bancario). Tutto ciò avvenne nonostante un’ispezione ufficiale (che insabbiò i fatti realmente accaduti poiché erano troppi i coinvolti 'eccellenti'). Lo stesso Giolitti, capo del Governo, aveva nominato Tanlongo senatore, nel tentativo di mettere una pietra sopra alla vicenda. A rendere pubblico lo scandalo fu Napoleone Colajanni, repubblicano ed ex garibaldino, che entrato in possesso di una famosa lista di nomi denunciò il fatto in Parlamento.

Le 25 Lire di Vittorio Emanuele III – Il taglio da 25 lire non piacque agli italiani, era troppo complicato per i calcoli veloci. Così, per ridare ‘smalto’ a quel taglio, nel 1902 fu deciso di creare nuova carta moneta con l’effigie di Vittorio Emanuele III. La benevolenza con cui i cittadini guardavano al Re fece sperare in una maggiore fortuna delle nuove 25 lire. A prima vista il taglio si presentava in maniera perfetta, l’uso di prodotti di qualità rese il nuovo biglietto all’altezza del sovrano, tra l’altro amante della numismatica. Dopo la stampa di tre milioni di pezzi, però, ci si accorse che qualcosa non doveva essere andata per il verso giusto: la scarsa qualità dei prodotti usati (rispetto a quelli per la prova) generò banconote che dopo un breve uso perdettero il loro colore originale, sbiadendo nel bianco della carta. L’incidente si cercò di farlo passare in secondo piano, ritirando le banconote man mano che finirono in un istituto di credito.

1926: c’è solo la Banca d’Italia  - Per riordinare il sistema monetario, si stabilì che fosse solo la Banca d’Italia ad avere il potere di emettere moneta. Ci allineammo così col resto d’Europa. Nel ’27 terminò il ‘corso forzoso’ imposto dalla nostra entrata in guerra che aveva imposto la non convertibilità della Lira. Terminato quel periodo, era aumentata nel frattempo  la massa di moneta circolante nel Paese, che produsse un incremento dei prezzi. Si stabilì anche che per una lira d’oro occorrevano 3,66 lire di carta. Fino al 2005, rimasero ignoti gli azionisti di Bankitalia, oggi comunicati ufficialmente. Nel 2004 già qualche nome era trapelato e pubblicato per la prima volta dal settimanale Famiglia Cristiana (4 Gennaio 2004).

Quota novanta – Quando la moneta di riferimento era la Sterlina inglese e non il dollaro, nel 1922 per una Sterlina occorrevano 90 lire. Con la Banca d’Italia emissario unico, il rapporto aumentò a 154 lire. Mussolini interpretò quell’aumento come un fatto che avrebbe potuto arrecare un danno al prestigio dell’Italia e stabilì una nuova quotazione a 92,46 lire.

Ciulla e quelle 500 Lire che sembrano vere – Nessuno si accorse che quelle 500 lire erano false. Il siciliano Ciulla riuscì a riprodurle così bene che persino gli ispettori della Banca d’Italia, giunti sull’isola nel 1922, riuscirono a distinguerle in prima battuta. In soli due anni il falsario mise in circolazione oltre 16 mila pezzi da 500 lire, arricchendo sé stesso ma non solo. Distribuì in forma anonima i suoi falsi a tutti i bisognosi di Catania e dintorni. Quando gli ispettori entrarono nel covo, trovarono oltre 96 mila biglietti da 500 per un valore di 48 milioni di lire di allora (oltre 50 milioni di Euro). Quello che si svolse presso il Tribunale di Catania, fu sicuramente ‘il processo del secolo’, con giornalisti inviati da tutto il mondo e persino alcuni laureandi che avrebbero preparato la tesi sulla psiche del falsario. La condanna a 5 anni, certificò non solo il reato di truffa, ma in qualche modo anche le doti artistiche di Paolo Francesco Gesualdo Ciulla. Di questo personaggio, un po’ capopopolo, un po’ moderno Robin Hood, si racconta che quando il procuratore del Re giunse nel suo laboratorio, disse: “Davanti a un artista ci si tolga il cappello”.

Primo dopoguerra – Nel difficile periodo successivo alla seconda guerra, la svalutazione della Lira sulla sul Dollaro crebbe a dismisura. Occorrevano ben 225 lire per un dollaro. Le scelte compiute dai politici di quegli anni andarono in controcorrente rispetto alle decisioni di molti paesi che come noi dovettero far fronte al problema della ricostruzione postbellica. Noi scegliemmo la via liberista, quando altri ripiegarono su posizioni più nazionaliste. Con l’uscita dal governo delle Sinistre (come ci chiesero gli americani) l’Italia partecipò al “Piano Marshall”, mentre decise di portare avanti la “linea Einaudi” che fece balzare in avanti il cambio Lira/Dollaro: da 225 a 589. L’obiettivo principale era l’arresto dell’ inflazione. Riuscimmo così a far ripartire con gli investimenti l’economia industriale e a migliorare la bilancia dei pagamenti. Il Pil salì a 349.900 Lire (era 3.147 Lire nel 1938) e crebbero le riserve valutarie.

Il successo della moneta da 500 Lire – Negli anni, ’60, mentre Battisti esordì con “Per una Lira”, l’economia offriva ottimi segnali e il Paese sognava, riponendo la massima fiducia verso la propria moneta. Cogliendo questi segnali ottimistici, il Governo decise l’emissione della nuova moneta da 500 lire, 74 milioni di pezzi in argento che fecero impazzire gli italiani, al punto da indurre il ritiro del biglietto da 500, ormai in disuso. Questo successe nel 1965, ma già un anno dopo l’aumento del prezzo dell’argento decretò la scomparsa delle nuove monete e il ritorno alla carta. Bisognerà aspettare il 1986 per il conio di nuove monete da 500, che mandarono definitivamente in pensione quelle di carta. Intanto comparvero anche le prime 5 mila lire, con l’effigie di Cristoforo Colombo. La ricchezza generata da un’economia ormai ancora non dissestata, se da un alto aumentò i capitali e diffuse un generale stato di benessere, ebbe il torto di non essere redistribuita per favorire una industrializzazione del Mezzogiorno, lasciando che la sacca di disoccupati si scucisse sempre di più.

Cosa si comprava con… - Compiendo una piccola operazione in stile ‘amarcord’ vediamo per esempio cosa si comprava negli anni ’70 avendo un biglietto da 500 Lire in tasca. Un pacchetto di patatine (30 Lire), una pizza (250 Lire), il ghiacciolo Eldorado (100 Lire), un pacchetto di Brooklyn (100 Lire) e un bicchiere di spuma (50 Lire). In alternativa, per gli amanti del calcio, si potevano acquistare ben 10 pacchetti di figurine Panini. Negli ultimi 25 anni il valore della Lira si è ridotto di almeno 5 volte: coi soldi usati oggi per un caffè, negli anni ’70 ne avremmo comprati 5. 

Gli anni del debito pubblico – Tra gli anni ’80 e ’90, il debito pubblico schizzò alle stelle. La Banca d’Italia si staccò dal Tesoro e abbandonò ogni tipo di intervento per l'acquisto di titoli di Stato. In sostanza, non monetizzò più il debito pubblico, che crebbe con risvolti anche sui salari degli italiani. In pratica, si dovette contabilizzare un debito pubblico creato con altro debito pubblico. Rispetto a dieci anni prima, i prezzi sono quintuplicati: un biglietto per il tram da 100 lire è passato a 500 lire; la benzina da 305 a 1.300 lire. Anche lo stipendio è aumentato, da 150 mila lire di base, si è passati alle 600 mila lire del 1985.

L’ingresso nell’Eu – Sul finire degli anni ‘90 vivemmo una certa stabilità. L’ingresso nell’Euro ci costrinse a controllare il debito pubblico, che subì una leggera flessione. Grazie al rispetto dei rigidi parametri di Maastricht riuscimmo a entrare nell’Euro, divenuto dal 1 gennaio 1999 la nostra moneta. La lira sparì per sempre, lasciandoci il lungo ricordo di una storia durata due secoli. Un lungo corso in cui il nostro Paese mostrò il peggio e il meglio di sé, manifestando una certa attitudine a barcamenarsi nelle situazioni più complesse. Forse avrebbe potuto prendere ‘di petto’ certe soluzioni, ma ormai è tardi per recriminare. Siamo entrati nella eurozona e, a parte un inizio stabile, ci ritroviamo con in forte decrescita. Questo, però, appartiene alla lista di problemi legati al nuovo conio europeo. La vecchia Lira ha già ‘pagato’ abbastanza: qualcuno la rimpiangerà, altri no, ma nessuno potrà fare a meno di intonare i versi della nota canzone di Gilberto Mazzi: “Se potessi avere…”.


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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