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29 Marzo 2024

Honduras: la pillola anticoncezionale porta al carcere

di Cinzia Salluzzo Rovituso
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Honduras: la pillola anticoncezionale porta al carcere

L’Honduras è a un passo dall’approvare una legge che condannerebbe al carcere chiunque abbia assunto la ‘pillola del giorno dopo’, anche se in seguito a uno stupro. Alcuni membri del Congresso di questo Paese centroamericano sono contrari a questa norma, che prevede l’introduzione della pena  carceraria anche per i medici che prescrivono la pillola o per chiunque la venda, ma su di loro potrebbero essere determinanti le pressioni della potente lobby religiosa, la Chiesa cattolica, che vuole far passare anche a livello legislativo la falsa equazione tra pillola del giorno dopo, ovvero un metodo contraccettivo, e aborto. L’Honduras non è nuovo ai provvedimenti legislativi limitativi dei diritti delle donne. Attualmente, infatti, l’aborto è assolutamente vietato e punito con la reclusione in carcere fino a dieci anni. Alcuni Paesi hanno già da tempo proibito la pillola contraccettiva d’emergenza, che ritarda l’ovulazione e impedisce la gravidanza come le normali pillole anticoncezionali. Ma se questo disegno di legge sarà approvato, l’Honduras diventerà l’unico Stato al mondo a punire con il carcere l’uso o la vendita di un contraccettivo d’emergenza. Adolescenti, vittime di violenza sessuale e medici, colpevoli della diffusione o dell’uso della pillola del giorno dopo, potrebbero dunque finire dietro le sbarre in palese contravvenzione con le linee guida dell’Organizzazione mondiale della Sanità. L’America Latina ha già fin troppe leggi che limitano i diritti riproduttivi delle donne. Il Congresso dell’Honduras ha approvato per la prima volta questa misura ‘draconiana’ nell’aprile 2009, ma solo un mese più tardi l’allora presidente José Manuel Zelaya, cedendo alla pressione dell’opinione pubblica, ha posto il suo ‘veto’ alla legge. In seguito, però, Zelaya è stato destituito con un colpo di Stato e il nuovo regime, interferendo con il processo giudiziario del Paese, ha imposto una nuova votazione nel merito di questo assurdo disegno di legge. La contraccezione d’emergenza è vitale per le donne ovunque, ma soprattutto in quei Paesi in cui la violenza sessuale è fuori controllo, i tassi di gravidanze indesiderate elevatissimi e l’accesso ai normali metodi contraccettivi limitato. Ogni manifestazione della libertà individuale, anche e soprattutto delle donne, dev’essere tutelato. Certamente, ci ritroviamo nel campo delle ‘ratio’ estreme, soprattutto quando si parla di limitazione delle nascite. Inoltre vale la pena ricordare che questa nazione centro-americana è sempre più spesso paragonata al Messico per il livello di violenza sulle donne. Nel 2010 in Honduras sono state uccise 343 donne, nel 2011 sono diventate 473 e nei primi due mesi del 2012 già si contano 50 vittime. Secondo il Centro per i Diritti delle Donne (CDM), inoltre, ogni ora cinque giovani tra i 10 e i 19 anni restano incinte, molte come risultato di violenze sessuali commesse da uomini molto più grandi di loro, ma il governo non sembra avere alcun disegno di legge in programma per provare a gestire il fenomeno.

La risposta dell’opinione internazionale
Le convinzioni religiose non dovrebbero condizionare scelte di carattere medico-sanitario. La religiosità non può riflettersi manifestamente nella vita professionale, poiché essa rappresenta un sentimento interiore e spirituale che deve rimanere tale all’interno della sfera ‘intramondana’. La religione non può divenire un ostacolo per l’espressione della libera volontà altrui. In particolar modo nei riguardi della donna, la quale ancora oggi non è sempre in grado di scegliere liberamente per se stessa soprattutto in determinate regioni del mondo, poiché considerata come oggetto - e non come soggetto - di diritto.Un appello rivolto al presidente del Congresso dell’Honduras, l’unico che può fermare questa legge liberticida, sta già girando in rete. Su Avaaz (la comunità transnazionale del web che si mobilita firmando petizioni, finanziando campagne pubblicitarie, inviando e-mail e appellandosi a capi di governo, organizzando proteste su strada e altri eventi) è stata pubblicata una petizione, che nel giro di pochi giorni ha raccolto oltre 600mila firme.

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