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20 Aprile 2024

Oleksandra Matviychuk: “Dobbiamo batterci per i diritti umani in nome di Sergei Magnitsky"

di Valentina Spagnolo
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Oleksandra Matviychuk: “Dobbiamo batterci per i diritti umani in nome di Sergei Magnitsky"

Intervista all’attivista ucraina che da anni si sta coraggiosamente battendo contro le politiche repressive attuate in Russia per eliminare dissidenti, attivisti e giornalisti indipendenti, perché “qualcosa si è rotto di nuovo nel nostro mondo”

La Crimea è diventata un precedente pericoloso nella Storia recente: dopo molti decenni, la piccola penisola sul mar Nero si è ritrovata esposta agli Stati di confine, Ucraina e Russia. Non era la prima volta, a dire il vero, dato che già nel XIX secolo la regione era stata contesa tra più Stati e qualcuno ricorda l’intervento del Piemonte, che consentì a Camillo Cavour di entrare a far parte del novero delle potenze europee, al fine di sollevare la ‘questione italiana’. Tuttavia, oggi la situazione di questa regione è assai molto meno ‘romantica’, rispetto ad allora. In questi ultimi anni, la Russia l’ha annessa e rapidamente trasformata in una potente roccaforte militare, perseguendo una politica di sfollamento illegale della popolazione e gravi metodi di repressione contro i dissidenti. Sin dall'inizio dell'annessione, sia i giornalisti indipendenti, sia i difensori dei diritti umani e gli attivisti civili hanno dovuto lasciare la Crimea a causa della minaccia alla loro vita e alla propria libertà. Sergei Magnitsky, un avvocato che alla fine del 2007 aveva denunciato pubblicamente una frode fiscale su larga scala, che coinvolgeva funzionari di polizia, magistrati, ispettori del fisco, banchieri e organizzazioni criminali di stampo mafioso, fu arrestato e, dopo undici mesi di detenzione senza proceIcona_Magnitsky.jpgsso, in condizioni pessime, è morto in una prigione di Mosca a soli 37 anni, nel novembre del 2009, per cause mai del tutto chiarite. L’imprenditore americano William Browder, suo assistito, lanciò quindi una campagna affinché venissero imposte sanzioni mirate nei confronti dei funzionari coinvolti, finalizzate a impedire loro di entrare nel territorio Usa e ad escluderli dal sistema economico-finanziario americano. Nel 2012, il Congresso statunitense ha approvato il ‘Magnitsky Act’, che prevedeva sanzioni individuali consistenti. In particolare: il congelamento dei beni e il rifiuto del rilascio del visto d’entrata negli Stati Uniti. In seguito, il Consiglio d’Europa ha anch’esso promosso l’adozione di una legge Magnitsky europea: il 22 gennaio 2019, l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha votato a favore di una risoluzione dal titolo: ‘Sergei Magnitsky e oltre – combattere l’impunità con sanzioni mirate’, esortando gli Stati membri a integrare tale direttiva nel proprio ordinamento giuridico. Inoltre, nel dicembre 2018, una proposta per l’istituzione di un regime di sanzioni globali dell’Unione europea sui diritti umani, basato sul ‘Global Magnitsky Act’, è stata approvata dai ministri degli Affari Esteri dell’Ue e, nel marzo 2019, dal parlamento europeo. Facendo nostre le parole di Oleksandra Matviychuk, attivista ucraina che si sta battendo in tutto il mondo per denunciare quanto sta accadendo in questa dimenticata regione dell’Europa orientale, solleviamo anche noi la questione di una rapida approvazione di una norma di protezione dei diritti umani e di responsabilità individuale nei confronti di chi li calpesta. 

Oleksandra Matviychuk, nel nome di Sergei Magnitsky potremo presto avere un segno collettivo da parte delle Nazioni Unite per creare un ‘ponte’ che sappia superare l’attuale delusione della comunità internazionale sul rispetto dei diritti umani?
“Solo quando si affrontano personalmente violazioni di massa dei diritti umani, si comincia a rendersi conto che qualcosa si è rotto di nuovo nel nostro mondo. E che i meccanismi internazionali, come quelli dell'Onu o del Consiglio d'Europa, non funzionano. Se tali organizzazioni avessero sortito risultati, molti bambini non sarebbero morti di fame in Etiopia, migliaia di musulmani non sarebbero stati massacrati in Myanmar, le armi chimiche non sarebbero state usate in Siria contro i civili e non ci sarebbe stato bisogno di imporre sanzioni alla Russia come ai tempi del conflitto ceceno. Pertanto, la legge Magnitsky, o più precisamente le sanzioni individuali contro i leader autoritari e i loro entourage per le violazioni dei diritti umani, è destinata a cambiare questo clima di impunità, per preservare la vita di tutti, in modo che non si ripetano vicende come quella di Sergei Magnitsky. Attualmente, la Russia ha addirittura isolato la penisola di Crimea e non consente la missione delle Nazioni Unite per i diritti umani, o quella del Comitato antitortura del Consiglio d'Europa, ma organizza visite provocatorie per gli europei fedeli a Putin, mascherata dal cosiddetto ‘gusto del vino in Crimea’. Il numero di prigionieri politici nella penisola, inoltre, sta crescendo rapidamente: da due anni a questa parte, il potere occupante perseguita gli avvocati che difendono i prigionieri o persone come l’artista azero Mustafayev. La posizione della Russia continua a essere costantemente di intimidazione verso i detenuti e le famiglie ancora in carcere”.

Perché l'Ucraina è ancora considerata un Paese non libero ma, per molti versi, sotto il controllo dell’influenza russa?
“Tre mesi di proteste nel 2013-14, passate alla Storia come la ‘Rivoluzione della dignità’, hanno portato alla caduta del regime autoritario in Ucraina. L'ex presidente Viktor Yanukovych è fuggito in Russia e l'Ucraina ha avuto la possibilità di un rapido cambiamento democratico. Ma la prospettiva della democrazia in un Paese vicino ha cominciato a rappresentare una vera minaccia per il regime autoritario di Putin. La Russia ha annesso la Crimea per lanciare una guerra ‘ibrida’ nel Donbass. In tutti questi anni, l'Ucraina ha avuto un compito difficile: combattere l'aggressione russa e, contemporaneamente, attuare riforme democratiche. Inoltre, dopo la ‘Rivoluzione della dignità’, il sistema politico non è stato rinnovato e gli oligarchi hanno ancora grande influenza nel Paese. E’ indubbiamente vero che, negli ultimi anni, ci sono stati sviluppi positivi rispetto alla fase di ripristino dell'indipendenza, avvenuta nel 1991. E questa dinamica positiva è stata notata anche da varie valutazioni delle organizzazioni internazionali. Ma in generale, è difficile dire che le riforme iniziali abbiano raggiunto una loro stabilità. Quindi, c'è ancora molto lavoro da fare”.

Come possiamo salvare i prigionieri, anche ai confini siberiani, da una contrapposizione così drastica, in termini internazionali?
“Il dolore e la tragedia della seconda guerra mondiale suggeriscono che le violazioni dei diritti umani all’interno di un Paese sono, in realtà, responsabilità dell'intera comunità internazionale. Un regime che, inizialmente, persegue solo i propri cittadini all'interno dei suoi confini nazionali può facilmente andare all'offensiva e rappresentare una minaccia globale. In Russia, oltre agli ostaggi ucraini del Cremlino, migliaia di cittadini russi soffrono la repressione politica. In quest’ultimo mese si sono svolte proteste pacifiche per libere elezioni a Mosca e in altre 40 città della Russia. E il Cremlino ha dato ‘carta bianca’ alle forze di sicurezza per la brutale repressione delle proteste e sono persino felici di poter colpire manifestanti pacifici che neanche oppongono resistenza. Tra le vittime ci sono persone con disabilità, anziani, donne e bambini. In una di queste azioni, 1388 persone sono state arrestate contemporaneamente. È importante capire che viviamo in un mondo interconnesso e che solo la diffusione della libertà e dei diritti umani la rende più sicura”.

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NELLA FOTO QUI SOPRA: OLEKSANDRA MATVIYCHUK ALLA CAMERA

AL CENTRO: LA COVER DEL 'GLOBAL MAGNITSKY ACT'

IN ALTO A DESTRA: L'ATTIVISTA UCRAINA MENTRE RISPONDE AD ALCUNE DOMANDE

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