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26 Aprile 2024

Perché Hillary ne sa sempre una in più di Donald Trump

di Ilaria Cordì
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Perché Hillary ne sa sempre una in più di Donald Trump

Tutto il potere alle donne? Viene spontaneo chiederselo, a causa di quanto avvenuto o sta ancora avvenendo negli Stati Uniti d’America nel corso della campagna per la poltrona presidenziale: una sfida ‘insolita’, stracolma di trabocchetti, malignità, scandali veri o presunti
   
Dopo 240 anni dalla nascita degli Stati Uniti d’America, il ramo democratico della politica d’oltreoceano vede la prima donna in lizza per le presidenziali Usa, votata e sostenuta dalla gran parte degli Stati-membri dell’Unione, senatrice e segretario di Stato per buona parte dell'amministrazione Obama. Ripercorriamo, dunque, le tappe di questa lunga campagna elettorale americana, tra primarie e duelli televisivi, che sembra ormai aver decretato Hillary Clinton prima donna al vertice della politica mondiale.

Il primo duello: Bernie Sanders
Come primo avversario all’interno del suo stesso Partito, l'ex first lady ha trovato il senatore socialista-democratico, Bernie Sanders, profondamente amato dai giovani americani a causa delle sue istanze progressiste. Ma dopo un inizio al rallentatore e quasi incerto, la Clinton è riuscita a prevalere sullo sfidante sia nel suffragio popolare tra gli iscritti, sia nel numero dei delegati. Temporalmente, eravamo intorno al 22 luglio scorso. Pochi giorni dopo, il 28 luglio, al termine della convention dei ‘somarelli’ democratici, Hillary ha ricevuto la candidatura ufficiale, in rappresentanza di uno dei due maggiori Partiti del sistema politico statunitense, grazie all’endorsement (letteralmente: approvazione; appoggio. In periodo di elezioni, il termine indica il sostegno a un’idea o all’azione programmatica di una personalità o di un gruppo maggioritario, ndr) di numerosi personaggi della sfera pubblica e politica nord-americana.

Ex first lady contro imprenditore ‘cowboy’: democratici vs repubblicani
Vinte le primarie democratiche, Hillary ha dovuto far fronte alla controparte repubblicana, la quale ha eletto, come proprio candidato alla White House, l’imprenditore Donald Trump, meglio conosciuto come ‘The Donald’. Nonostante il soprannome ricordi una catena di ‘fast food’ tipici del luogo, inizialmente il plurimiliardario dal 'parrucchino platinato' ha dato del ‘filo da torcere’ alla signora dei ‘tailleur blu’, forte del fatto che la campagna ‘anti-terrorismo’ e ‘anti-nero’ aveva seminato i suoi frutti grazie anche alla stagione di ‘guerriglia’ dovuta a un (ri)nascente ‘odio razziale’ nei confronti di afro-americani e ispanici. Ma nonostante una prima vittoria ai ‘virtual exit poll’, Trump ha poi dovuto fare i conti con le sue antiche 'marachelle' da ‘ricco macho’ e una sempre più benvista Hillary Clinton in quanto simbolo di cambiamento nei rapporti di genere sia negli Usa, sia per l’intero mondo al di là dell’Atlantico. Il compito che la Storia sembrerebbe affidarle, infatti, è quello di provare a riequilibrare le ingiustizie tra generi ridimensionando il ‘sessismo’ maschilista, al fine di individuare nuove forme di ‘galateo’ tra i sessi, emblematiche ed esemplari per tutto il resto del pianeta.

E se Hillary vincesse veramente?
Non limitiamoci agli ancestrali tabù che racchiudono la donna dipingedola, sin dai tempi dell’antica Grecia, come un essere mitologico dal corpo di uccello e la testa di donna. Hillary Clinton si presenta alla Casa Bianca all’età di 68 anni e con alle spalle un lungo passato politico: moglie di un ex presidente per due mandati, figura femminile al centro di numerosi scandali e non, Hillary possiede il bagaglio culturale tipico di una donna dalla fiera intelligenza e dalla notevole esperienza, che piace anche a molte donne statunitensi, da lungo tempo sue sostenitrici. Un vecchio 'motto italiano' sostiene: “Donne e motori, gioie e dolori”. Oggi, forse potremmo sostituire la parola ‘motori’ con ‘politica’, poiché l’accostamento non è ancora considerato opportuno da una classe dirigente fortemente 'maschilista', che reputa il ‘cursus honorum’ degli incarichi pubblici non adatto alle forme aggraziate di una signora. Tuttavia, l’idea che gli Stati Uniti progressisti e ‘democrat’ vogliono imporre, dopo l’elezione di un presidente di colore per 2 mandati alla Casa Bianca, è che una donna dal capello biondo e dal rossetto rosso potrebbe ‘comandare’ il 'Paese dei Marines', simbolo di virilità e di comando militare illuminato ed efficiente. Quindi, se Hillary Clinton vincesse definitivamente le elezioni presidenziali Usa, si verrebbe a fondare un concetto di 'sublimazione femminile' collegato a un equilibrio tra grazia e ironia che si scontrerebbe contro il grigiore istituzionale delle forze politiche, le quali troverebbero una migliore sintesi d’immagine sia dal punto di vista del marketing, sia dal punto di vista della presenza quotidiana. Infatti, non sembra per niente casuale la vittoria, sul versante repubblicano, di un ‘outsider’ un po' 'inventato' come Donald Trump, quasi a voler ‘spianare’, in realtà, la strada alla moglie dell’ex presidente. Immaginiamo un eclettico imprenditore con parrucchino, 'donnaiolo' e con idee ferme alla ‘purezza della razza’ e 'anti-migrazione' alla presidenza degli Stati Uniti e pensiamo alle reazioni che ciò avrebbe provocato nelle cancellerie di tutto il mondo. Gli Usa sarebbero diventati il 'Paese-simbolo' del definitivo ‘disastro’ della società occidentale. In fondo, per la Clinton avere come avversario un ‘tipo’ come Trump ha persino rappresentato un vantaggio, per i numerosi punti deboli e di arretratezza antropologico-culturale dell’avversario.

L’attesa cresce: si vota l’8 novembre 2016
Nella notte del 19 ottobre scorso si è svolto il terzo e ultimo dibattito, a Las Vegas,  fra i due contendenti alla poltrona. La Cnn ha registrato Hillary Clinton come vincitrice, con un consenso del 52% dei telespettatori contro il 39% a favore di Donald Trump, il quale, definendola “il candidato più pericoloso della Storia”, ha indirettamente affermato di riconoscere l’eventuale vittoria di quest’ultima. Dopo mesi di lotta senza esclusione di colpi, di accuse fondate e infondate, di ‘trabocchetti’ e malignità per assicurarsi la vittoria, Trump sembra ammettere la superiorità della Clinton, augurandole quasi di vincere a mani basse. Il 'gladiatore americano' ha già segretamente 'firmato' la propria resa? Decisamente inusuale, quasi a voler urlare al ‘gomblotto’. Ma siamo in America, la terra dove tutto è possibile e in cui nulla è mai certo. Ora possiamo solo aspettare l’8 novembre prossimo e assistere, si spera, a un ‘cambio di rotta’ per il mondo intero.

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Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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