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28 Marzo 2024

Layz: "Faccio musica senza rincorrere il mercato"

di Iulia Greco
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Layz: "Faccio musica senza rincorrere il mercato"

E’ uscito in questi giorni il nuovo Ep del giovane rapper romagnolo, dal titolo ‘Slevin Flow Ep Vol. 1’: un progetto artistico che propone uno stile versatile e ricco di idee, valorizzando e ampliando il concetto di musica ‘rap’

‘Disturbato’ è il nuovo singolo del rapper Layz, accompagnato da un visual video, disponibile dal 30 settembre scorso in radio e in tutti i digital store. Lo scorso 2 ottobre 2022, l’artista ha presentato il suo nuovo brano dal vivo, durante la manifestazione per i 25 anni del Mei (Meeting delle etichette indipendenti, ndr) di Faenza (per vedere il visual video di ‘Disturbato’ cliccare QUI). Dopo il successo del singolo precedente, intitolato ‘Che finale’, questo rapper è dunque tornato con un brano dai tratti oscuri e crudi, che descrive, sotto forma di incubo, il mondo a cui questa traccia è ispirata: quello del noto videogioco e successivo film ‘Silent Hill’. Attraverso questo sogno, Layz compie un viaggio all’interno di una 'città-fantasma', descrivendo con dovizia di particolari ciò che vede in un cono di disperazione che si dirige sempre più verso la follia. Fino al momento del risveglio, che in realtà non è altro che la continuazione di questo incubo, dando all’ascoltatore la possibilità di confrontarsi attraverso un ‘finale aperto’, che lascia spazio all’immaginazione di chi ascolta. Inoltre, proprio in questi giorni è in uscita il suo secondo Ep, dopo il suo debutto con l’album ‘Lazzaro’, durante l’estate 2021, dal titolo Slevin Flow Ep vol. 1: un progetto in cui questo giovane rapper romagnolo ha compendiato i successi e le creazioni più recenti. Per ulteriori informazioni, le pagine social di Layz sono le seguenti: Instagram; Facebook; YouTube; Spotify.

Carissimo Layz, come sta andando il tuo singolo uscito più di recente, quello intitolato: ‘Disturbato’? Ritieni che abbia saputo cogliere la sensibilità del pubblico?
“Secondo me, sì. Anche se è stata un po’ una sfida: venivo da un singolo, ‘Che finale’, dai toni e i temi molto più leggeri. Un pezzo che suonava molto ‘pop’, adatto all’estate che stava arrivando. Qui, invece, si tratta di un pezzo ‘crudo’, esattamente all’opposto del singolo precedente e, nonostante ciò, la gente ha risposto bene: molti hanno saputo cogliere il senso del brano e quelli della mia generazione hanno apprezzato il riferimento da cui è ispirato, ovvero il mondo di ‘Silent Hill’. Sono molto soddisfatto: io, da fan del genere, amo i pezzi crudi e violenti e ne farò altri, perché sapere che il pubblico reagisce bene è uno stimolo in più”.

Il temLayz_frammento_video.jpga videoludico: perché lo hai scelto? Non pensi restringa il tuo ‘target’ di ascolto a un pubblico soprattutto giovanile? Sei alla ricerca della tua ‘nicchia’ di fedelissimi, oppure pensi che, in futuro, potrai aprirti anche verso orizzonti più pensosi?
“Il video doveva essere fatto per Spotify, quindi 8 secondi che si ripetono per tutta la durata del brano. Per cui, la cosa più ovvia da fare per riempire quegli 8 secondi era riprendere me in preda all’incubo che descrivo nel brano. Ma no: io faccio quello che mi sento. Questa canzone necessitava, comunque, di un video e così l’ho fatto. Sono molto aperto musicalmente: se una cosa mi piace, la faccio che sia cruda, divertente o ‘conscious’. Come ti dicevo prima, venivo da un singolo che era aperto a un pubblico più vasto: io cerco sempre di fare la mia musica senza pensare troppo agli schemi richiesti dal mercato. Poi, se il mio stile piace è ancora meglio. Se facessi la musica solo per piacere alle persone sarei uguale al 90% dell’offerta musicale di oggi, ma non è quello il mio obiettivo”.

Dove sta andando il rap in generale, in quanto genere musicale? E quello italiano? Resta sempre una forma di protesta, oppure ritieni sia compatibile anche con altri stili?
“Credo sia in atto un ritorno al suono classico. E la cosa non può che farmi piacere. Detto questo, penso che col tempo, più questo genere diventava grosso, più si è dovuto modellare alle richieste. Diciamo che ha abbellito la propria immagine, impoverendo un po’ il contenuto, come è normale che accada quando ogni forma d’arte arriva al grande pubblico. La cosa che non mi piace molto è il fatto che, a volte, sembra che dobbiamo fare per forza quello che fanno gli americani. Ti faccio un esempio: il rap americano nasce dalla povertà e dall'oppressione ed è giusto che un artista, a un certo punto, canti le sue ricchezze come riscatto sociale. Qui da noi non c’è bisogno di farlo, a parer mio. Se fai un video con una Lamborghini noleggiata e pagata dai tuoi genitori e, finito il video, torni a casa a spendere i soldi dei tuoi, questo genere non ha più senso di esistere. Se fai il criminale perché va di moda, il rap perde la sua essenza: abbiamo già tante cose di cui parlare, nel nostro Paese, dunque non c’è alcun bisogno di andare a prendere i soliti cliché perché in un altro Paese funzionano. Qui, magari, certi cliché funzionano, ma non durano. E, infatti, ci sono artisti che spariscono nel giro di due singoli. Dovremmo imparare a fare il rap all’italiana, per gli italiani. Uno che lo ha sempre fatto - ed è il motivo per cui dopo vent’anni è ancora a fare dischi di successo - è Fabri Fibra”.

Quali sono i tuoi riferimenti musicali del passato? C’è qualche artista, in particolare, a cui ti ispiri?
“Penso che nel mio rap ci sia un po’ di ogni rapper che ho amato da ragazzo. Sono cresciuto con la scena degli anni ’90 fino al 2010 e ognuno di quegli artisti mi ha lasciato qualcosa. Ho iniziato ad ascoltare rap dal cantautorato italiano. Mio padre mi ha cresciuto con i dischi di Modugno, Renato Zero, De Andrè, Califano, Dalla. E mi piace pensare che, quando nella mia vita è entrato il rap, avessi già l’orecchio allenato da questi grandissimi artisti”.

L’incubo di ‘Disturbato’ nel corso del tuo pezzo diventa ‘realistico’, un’idea indubbiamente interessante, anche se un po’ complessa: si può dire che stai cercando una sorta di neorealismo musicale? Oppure, pensi di spingerti verso frontiere più sperimentali, alla Laurie Anderson?
“Laurie Anderson è una grande: a volte ascolto le sue canzoni al buio, perché mi fanno viaggiare. Dipende da cosa voglio in un pezzo: a livello di testi, sicuramente cerco sempre una forma di neorealismo. La mia scrittura è particolare, mi piace descrivere più un sentimento provocato da un’azione piuttosto che l’azione stessa, cercando di comunicare cosa è cambiato, dopo un’esperienza, più che l’esperienza in sé. Mentre a livello di sound, se c’è la possibilità di spingere con la sperimentazione, lo faccio. La cosa importante è non porsi limiti. Io cerco sempre di aprire la mia mente a ogni possibilità: solo così, credo, si possano raggiungere nuovi traguardi e si crei una musica nuova”.

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Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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