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29 Marzo 2024

Giovanni (Gio) Dardano: "L'Italia non può più permettersi speculazioni e costi sociali"

di Emanuela Colatosti
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Giovanni (Gio) Dardano: "L'Italia non può più permettersi speculazioni e costi sociali"

Come far coincidere ambiente e sviluppo industriale? Ne abbiamo parlato con l’architetto che più di tutti ha contribuito a realizzare un grande progetto ambientale: il Monumento naturale ‘La Selva di Paliano e Mola di Piscoli’, in Ciociaria, nei pressi del quale sta per sorgere un nuovo ‘polo Amazon’

Giovanni (Gio) Dardano è membro del Comitato scientifico dell’Istituto nazionale di bioarchitettura ed è stato, per quattro mandati, prima vicepresidente e poi presidente del Consiglio dell’Ordine degli architetti. Torinese, classe 1946, l'architetto Dardano ha anche partecipato alla Biennale di Venezia del 1976, per poi dedicarsi a un complesso progetto di rigenerazione naturale in cui è riuscito splendidamente a far convivere arte, architettura e natura, contribuendo alla realizzazione del Monumento naturale - riconosciuto ufficialmente come tale dai Dprl 361/2011 e 15/2015 - ‘Selva di Paliano e Mola di Piscoli’, in provincia di Frosinone. Lo abbiamo voluto incontrare per parlare insieme a lui del prossimo 'polo Amazon' di Colleferro (Rm), che presto sorgerà ai confini proprio con 'La Selva' di Paliano (Fr).

Gio Dardano, quando ha notato per la prima volta le potenzialità della Selva di Paliano?
“Sono entrato in contatto con la Selva di Paliano per pura coincidenza. A Torino, mia città natale, ho conosciuto, per puro caso, Antonello Ruffo di Calabria, il principe proprietario della riserva. Un primo incontro ci fu nel 1990, quando vinsi un concorso per l’Istituto italiano di cultura di New York con un progetto legato alle fonti di energie rinnovabili. Poi, l’ho incontrato una seconda volta a Roma, dove mi trovavo per una visita al Consiglio nazionale degli architetti. Sono stato persino invitato al matrimonio di una delle figlie. Insomma, era emersa una precisa sinergia tra il suo modo di vedere l’ambiente e la mia idea di progettazione. Era un visionario, che sulla questione ambientale non voleva compromessi di alcun tipo: o la ‘Selva di Paliano’ diventava un connubio perfetto di arte, architettura e natura, oppure niente. Venne più volte a Torino, finché decisi di assumere l’incarico per realizzare questo progetto”.

Da qualche anno, 'La Selva' è stata rilevata dalla Regione Lazio ed è stata restituita al pubblico: il suo progetto prevedeva qualcosa di simile a un ‘giardino aperto’, con piccoli eventi che valorizzassero la cultura locale?
“Quando ci ho lavorato io, 'La Selva' era del tutto privata. Si voleva progettare qualcosa che interessasse lo scenario internazionale e serviva un luogo che fosse interessante per più versi. ‘La Selva’, soprattutto per le dimensioni (413 ettari, ndr), si prestava perfettamente. L’allora sindaco di Paliano, Giuseppe Alveti, in seguito eletto senatore della Repubblica, era incuriosito dalla faccenda e, alla fine, decise di affidarmi questo incarico. Io chiesi che venissero sbloccate tutte le autorizzazioni necessarie, per lavorare in serenità. Una delle prime operazioni è stata l’apertura di un laboratorio sul luogo, affinché i giovani potessero imparare cosa fosse l’architettura ambientale e rimetterla in circolo, a partire dalla rivalorizzazione della 'Selva'. È dagli anni ‘80 che parliamo di ‘rigenerazione urbana’. Abbiamo restituito le vecchie coordinate ambientali alla totalità della superficie del parco, con un’indagine accurata per scoprire gli elementi caratterizzanti al fine di dargli un valore. Ne cito almeno due: le fonti sotterranee – che sono diventati dei laghetti – e l’anfiteatro romano. L’idea era di far convivere tutela ambientale e produzione artistica”.

In che modo si è cercato di far convivere arte, architettura e ambiente?
“Il rapporto tra arte e architettura non è immediato. Avremmo voluto coinvolgere le energie che consentono di creare un rapporto ‘pulito’ con la natura. Avevo pensato di realizzare una serie di interventi invisibili, come hangar interrati o alberi che, crescendo, sarebbero diventati strutturali. Io e il principe Ruffo eravamo d’accordo nell’impedire che il progetto assumesse connotazioni speculativeFoto2_Appunti1_Dardano.jpg. Anche l’organizzazione dei ‘workshop’, a tema architettura ambientale, era pianificata con l’intento di inclusione. Le ‘piantumazioni’ erano fatte da ragazzi che avevano dei disagi. C’era, insomma, una comunità intera che si mobilitava e si strutturava intorno al nucleo della Selva, per riattivare una serie di valori potenzialmente insiti in quel luogo. Scavando, abbiamo persino trovato i reperti archeologici di un’abitazione, forse di età romana”.

E come avete gestito la presenza di quei ruderi storici?
“Ho impedito che venissero portati alla luce. Sembrava fosse una villa appartenente a Cleopatra, ma la faccenda non è mai stata approfondita, soprattutto perché non c’erano buoni rapporti con la sovrintendenza ai Beni culturali, in quel periodo. Ho solo fatto in modo che, durante i lavori di riqualificazione, non venissero danneggiati”.

Quali sono state le personalità artistiche che sono intervenute?
“Sono stati tanti gli artisti che ho chiamato per collaborare al progetto. Vale la pena menzionare l’apporto di Sol LeWitt, chiamato a intervenire insieme a Mario Pieroni dell'associazione 'Zerinthia' e ad Adachiara Levi. Hans Ulrich Obrist, noto direttore di musei internazionali e gli artisti invitati da Mario Pieroni, furono chiamati per valutare il progetto del Museo di Arte contemporanea con il sindaco Alveti. Insieme abbiamo creato ‘The Cube’: una scultura in legno, inserita all’interno del laghetto, che abbiamo ridisegnato appositamente. LeWitt mi mandava le idee, io mi occupavo della parte tecnica di intagliatura. Era un ‘cubo’ fatto con travi e buchi, dove gli uccelli potevano e dovevano liberamente fare il proprio nido: una sorta di grande condominio per volatili. Fu un’esperienza molto interessante, in cui l’arte minimalista è diventata parte integrante della natura”.

Come si strutturava il progetto di riqualificazione ambientale della 'Selva' di Paliano?
“C’era il museo di arte contemporanea, per metà interrato. La direzione artistica era stata affidata al curatore del museo di Arte contemporanea di Tokyo. C’era un albergo, anche questo impossibile da vedere dall’alto. Abbiamo fatto ‘piantumazioni’ di erbe autoctone e circoscritto enormemente la regione percorribile dagli autoveicoli. La parte del parco con gli uccelli è stata rinvigorita, attraverso donazioni provenienti direttamente da Cuba. È stata indetta una vera  e propria ‘battaglia’ contro i cacciatori di frode. CFoto3_Appunti2_Dardano.jpg’era anche il ‘Centro Bontempi’, dove veniva fatta ricerca musicale: lì hanno sperimentato sonorità per la musica contemporanea e hanno inventato macchine per la rilettura di nastri e dischi. Tutto questo è stato fatto interessando il top della cultura, musicale e visiva, con l’idea di chiamare gli artisti a raccolta e farli abitare nella ‘Selva’ di Paliano. L’anfiteatro è stato restaurato, per godere di spettacoli proiettati su pareti d’acqua, provenienti dalle varie fonti sotterranee. Inoltre, ho fatto intervenire artisti da tutto il mondo, per proporre performance d’arte visiva e sonora. Per dare l’idea del livello ottenuto, citerò un evento che fu grandioso per l’epoca. La notte del 3 dicembre 1995, grazie alla Telecom, andò in onda una ‘sinfonia specchiante’: quattro orchestre che suonavano in contemporanea da Monaco, Londra, Pescara e dalla Selva di Paliano. Per articolare un progetto simile sono stato in America, per capire come gestivano i loro parchi nazionali. In particolare, sono andato a ‘rubare idee’ alle fiere dove certi luoghi venivano ‘venduti’ dal punto di vista turistico, per valutare quali fossero le possibilità di creare un ambiente naturalisticamente sano, compatibile con la frequentazione umana”.

Cosa è rimasto di tanti buoni propositi?
“Dopo 7 anni ho smesso di seguire il progetto: il mio lavoro non stava avendo nessuna remunerazione. Inoltre, con il nuovo sindaco di Paliano non si era creata la stessa intesa che c’era con quello precedente, Giuseppe Alveti, che nel frattempo era diventato senatore. A favore della ‘Selva’ non ha giocato il flusso turistico reale con quello atteso. Uno scoglio insormontabile è stato il collegamento autostradale: il casello di Colleferro si intasava sempre, nei periodi di ferie. In ogni caso, lasciai tutte le carte in regola, affinché il progetto potesse essere portato a termine: bisognava semplicemente realizzarlo. Ora che è in mano alla Regione Lazio, si potrebbe tentare di recuperare il tempo perduto”.
 

Anche con il 'polo Amazon' in via di apertura a Colleferro, quasi a ridosso del Monumento naturale?

“Con la progettazione di un impianto di logistica, il ‘guaio’ da risolvere è sempre lo stesso: cosa significa spostare qualche migliaio di camion, limitando i disagi nella circolazione? Sicuramente, l’apertura di un nuovo ‘polo Amazon’ avrà dei costi sociali che vanno valutati. Se esiste un problema di logistica, lo si affronta dal punto di vista disciplinare e si sceglie di collocarlo dove non possano risultare danneggiate le potenzialità ambientali di quel luogo. Forse, scoprire l’esistenza di una villa romana potrebbe rallentare i lavori in corso. È anche vero che si darebbe l’impressione di sprecare un’occasione lavorativa e occupazionale per la cittadinanza, ma i costi sociali della speculazione cui si andrebbe incontro, questo Paese non se li può più permettere”.
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NELLA FOTO QUI SOPRA: IL NUOVO 'POLO AMAZON' DI COLLEFERRO (RM), FOTO DI ANNALISA RAMUNDO

AL CENTRO: UNO 'SCHIZZO' DEL PROGETTO PER IL MUSEO D'ARTE CONTEMPORANEA

POCO SOPRA: APPUNTI DI LOGISTICA SOSTENIBILE PER IL MONUMENTO NATURALE DI PALIANO (FR)

IN APERTURA: L'ARCHITETTO, GIOVANNI (GIO) DARDANO


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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