Il docente universitario, noto scrittore, pittore e studioso di neuroscienze, ci racconta i processi di gestazione e i rifermenti scientifici dietro il suo ultimo romanzo: ‘L’ordine implicito’, pubblicato da Helicon edizioni
Salvatore Maiorana, docente all'Università di Firenze e ispettore del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, è uno studioso di linguistica, neuroscienze e di teatro inglese contemporaneo. Le sue opere più note sono: 'Un sogno americano' (Palermo, Sintesi 1980); 'Lo spazio Diviso: teoria e pratica del teatro inglese contemporaneo' (Venezia, Marsilio 1984); 'Neuroscienze e Didattica delle lingue: la glottodidattica fra teatro, empatia ed emotività' (Pescara, Tracce, 2009); 'Il bosco di fragole' (Pescara, Tracce 1995); 'L’ultima volta' (Pescara, Tracce 2013); 'Adagio' (Pescara, Tracce 2015); 'Nuvole', (Pescara, Tracce 2017); 'L’Archetipo' (Pescara, Tracce 2018), 'Anima' (Pescara, Tracce 2020). La nostra intervista riguarda il suo ultimo libro, 'L’ordine implicito', pubblicato da Helicon edizioni nel 2022. Il romanzo di Salvatore Maiorana ci mette in relazione con il percorso esistenziale di Janus, astrofisico e pittore, ossessionato dal volto di una donna bellissima, che si rileverà essere un’eroina della Resistenza di origine ebraica, sacrificatasi per salvare suo nonno e al contempo “la proiezione immaginativa, poetica, della Bellezza che muore, che rimane eterna come archetipo, come forma mitica di rappresentazione collettiva”. L’esperienza traumatica dell’ascesa al potere di Hitler e delle leggi razziali, rievocata tramite il diario del nonno di Janus, si mescola nella mente del protagonista insieme al bisogno insopprimibile di creare, attraverso l’arte, un ponte verso l’Altro, esercizi di umanità che possono traghettare l’uomo verso una dimensione atemporale, mediante la ricerca della bellezza. Con uno stile raffinato e riconoscibile, l’autore restituisce al lettore un romanzo filosofico e civile, di denuncia contro tutte le guerre e i suoi orrori, per poi fare del testo una riflessione sul concetto di “ordine implicito”, ipotizzato dal fisico, David Bohm. Di questi e altri temi ne abbiamo parlato con l’autore del libro in questa intervista.
Salvatore Maiorana, partiamo dal titolo del suo ultimo romanzo, ‘L’ordine implicito’: da dove nasce l’idea?
"Il titolo del mio ultimo romanzo, 'L’ordine implicito' nasce dalla lettura e dallo studio di un’opera di fisica teorica di David Bohm dal titolo 'Universo, mente e materia', nel quale il fisico inglese teorizza l’esistenza di un 'Ordine implicito': un ordine nascosto della meccanica quantistica, che permea ogni regione dello spazio e del tempo. Una forma di coscienza globale, dove il tutto è uno e dove tutte le particelle sono 'entangled' (impigliate, ndr). Da qui, il concetto di non località. Il concetto di 'Ordine implicito' nacque in Bohm quando egli cominciò ad avere delle visioni dell’infinito, che vedeva rappresentato in forma di un numero immenso di specchi sferici che si riflettono l’uno nell’altro, in cui l’universo risulta composto di un’infinità di riflessioni e di riflessioni delle riflessioni. L’Ordine 'esplicito' generato dall’Ordine implicito, è la realtà sensibile vista da Bohm come un grande ologramma dinamico, dove ogni piccola parte comprende il tutto e l’apparente stabilità e solidità degli oggetti e delle entità che operano nell’Ordine 'esplicito' sono generate e sostenute da un processo incessante di implicazione ed esplicazione, in cui le particelle subatomiche si dissolvono costantemente nell’Ordine implicito, per poi ricristallizzarsi nell’Ordine esplicito”.
Nel suo libro si parla di un tragico destino che lega due personaggi importanti e che sembra cancellare le normali categorie spazio-temporali per portare alla luce il principio di non località: da dove ha tratto ispirazione per questa parte del romanzo?
"L’ispirazione è venuta dalla lettura del carteggio tra Jung e Pauli, il fisico teorico scopritore del neutrino e paziente di Jung. Ho tentato di dare vita alla sincronia di cui parla Jung nei personaggi di Micol e di Myriam. Il principio di non località, che si riferisce non solo a due particelle 'entangled' che 'comunicano' a distanze inimmaginabili, ma anche a delle coscienze individuali, al di là dei concetti tradizionali di spazio-tempo può avvenire nei fenomeni 'sincronici', cioè quegli eventi che trascendono le categorie spazio-temporali del presente, del passato e del futuro. Micol e Myriam, i due personaggi femminili del romanzo, vivono 'sincronicamente' come due particelle intrecciate: due coscienze legate dal fenomeno della sincronicità. Ancora una volta, i loro comportamenti estremi di sacrificio, legati all’amore, si comprendono solo alla luce della 'Coscienza universale' dell’Ordine implicito, dove coesistono e interagiscono tutte le coscienze individuali. La non località, nell’interpretazione della meccanica quantistica di Bohm non si fermerebbe alla comunicazione d’informazione: la psiche potrebbe accedere direttamente al campo del punto zero e, attingendo energia da esso, creare forme materiali o energetiche in qualunque punto dell’universo e dovunque si trovi la mente che si è connessa al campo".
Nel romanzo si fa esplicita menzione dell’archetipo dell’Ombra, che genera genocidi e stermini di massa: che cos’è e in che modo l’Ombra si manifesta, scatenando odio e violenza?
"L’Ombra è un archetipo individuale e, insieme, collettivo. Si manifesta come pulsione negativa dell’inconscio, implosione dell’Io. Nel caso di un inconscio collettivo, l’Ombra vive come disordine, processo disordinato entropico, istinto di morte e di distruzione. È la parte oscura della coscienza collettiva, caratterizzata dalla paura, dalla negatività dell’esistenza. Dall’Ombra nascono i mostri della Storia, gli eccidi di massa, gli stermini, i genocidi, l’odio, la violenza e le guerre".
Nonostante la tragicità degli eventi narrati, 'L’ordine implicito' sembra voler proporre ai lettori un messaggio positivo, direi addirittura politico, in particolare l’importanza di ricordare gli eroi della nostra Resistenza e la voglia di combattere per poter vivere in un mondo migliore. Pavese diceva che la politica è l’arte del possibile e che tutta la vita è politica: ma lei cosa ne pensa del rapporto tra arte e politica? Si può fuggire dalla politica?
"Il messaggio positivo non è solo quello del ricordo della nostra Resistenza e dei suoi eroi, che sono morti per un ideale di libertà e di giustizia contro le atrocità del nazi-fascismo. Vi è anche, nel romanzo, un cambiamento positivo di Janus, che malgrado il suo dolore e la sua sofferenza per la perdita della madre e di Miryam, riesce con la sua arte e con l’amore di Elisa e di Chloe a dare un senso alla sua vita. Pavese ha ragione nel dire che la vita è politica: la politica si identifica con l’insieme delle relazioni umane in uno spazio e in un tempo definito. Il termine 'politica' non indica, quindi, un’astrazione. Le relazioni tra gli uomini sono relazioni politiche, pratiche: discorsi sociali, secondo l’accezione di Foucault. Esse hanno permesso nella Storia dell’uomo la nascita del linguaggio e delle relazioni sociali umane e di organizzare le società e il mondo. Politica è l’interazione tra simili, tra l’Io e l’Altro. La politica è l’arte del probabile, perché si identifica con la vita. Qualsiasi forma di relazione sociale, qualsiasi forma di cultura come pratica sociale o come rappresentazione simbolica del mondo, è politica. È politica persino l’espressione comunicativa della nostra soggettività".
C’è un rapporto diretto tra arte e politica?
"Certamente: l’arte, come linguaggio sincretico o come gesto dell’artista - come osserva Lucio Fontana - o come materia, si configura come universo estetico-politico. Un esempio è l’arte del teatro: linguaggio multilettale che, come uno specchio, davanti alla performance fa vedere e capire le contraddizioni del mondo, per superarle e rendere gli esseri umani più consapevoli e più coscienti al cambiamento. L’arte anticipa e prefigura le trasformazioni sociali, quelle epocali. Lo abbiamo visto nella pittura del Rinascimento, nel teatro 'shakespeariano' con l’Amleto e il Macbeth. Nella stessa poesia di John Donne, che prefigura nel ‘600 la nascita della scienza. Arte e politica sono i linguaggi e i 'testi' della vita. La politica ingloba l’estetica, poiché il senso estetico è nella parte più intima della nostra psiche. Tuttavia, la produzione artistica implica non solo l’attività immaginativa, sensoriale, emotiva ed empatica, ma anche la sfera della dimensione inconscia. Non ci sono quindi separazioni tra arte e politica. L’arte, in tutte le sue forme, è politica. Anche la vita può diventare arte. E quando ciò accade, possiamo definirla arte della vita".
Micol, eroina della Resistenza, costituisce il perno attraverso cui ruota la ricerca di una bellezza archetipica, che il protagonista Janus vivrà come una vera e propria ossessione: come è nata questa figura? C’è qualcosa che ha ispirato la sua creazione?
"La figura di Micol è la proiezione immaginativa, poetica, della Bellezza che muore, che rimane eterna come archetipo, come forma mitica di rappresentazione collettiva. Penso alla bellezza di Euridice che muore e al dolore di Orfeo, che la trova sfuggente nell’Ade. Penso alla bellezza di Simonetta Visconti, che Botticelli rappresenta come Venere nella sua opera pittorica e alla sua prematura morte. Penso alla bellezza di Cordelia, che muore tra le braccia di Lear. La figura di Micol è anche la proiezione personale immaginativa di un ricordo lontano, drammatico, mai dimenticato, della giovinezza e della bellezza che muore".
In alcuni passaggi onirici del romanzo affiora spesso una dimensione atemporale, che Janus riconosce come realtà ultima delle cose e, nonostante questo, 'L’ordine implicito' risulta essere molto ancorato alla brutalità e all’imminenza della Storia: come giudica questo paradosso? Possono le creazioni artistiche aspirare all’eternità?
"Nel sogno vi è la percezione atemporale dell’essenza. La realtà sensibile appartiene a una cultura assurda, disumana. Le categorie storiche non sono astrazioni: la Storia è sempre una 'microstoria', dove oggi gli istinti e l’irrazionalità prevalgono sull’empatia. L’Io implode perché incapace di comunicare con l’Altro: è la morte dell’empatia. Penso che nell’uomo sia in atto una sorta di mutazione genetica, dove non funzionano più i meccanismi degli 'specchi' empatici della simulazione incarnata di cui parla Vittorio Gallese. Non funzionando più l’empatia e l’attivazione evolutiva di uno 'spazio noi-centrico', dal quale è nata in maniera evolutiva la nostra socialità e umanità, prevale nell’uomo il 'nichilismo emozionale' e, con esso, la violenza, l’orrore, la guerra. L’arte, le creazioni artistiche, invece, sono esercizi di umanità, di immaginazione che aspirano all’eternità proprio per la loro immagini archetipiche 'durature' nel tempo".
QUI SOPRA: SALVATORE MAIORANA,SCRITTORE, DOCENTE UNIVERSITARIO, LINGUISTA E NEUROSCIENZIATO
IN APERTURA: LA COPERTINA DEL SUO NUOVO ROMANZO FILOSOFICO