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26 Aprile 2024

1986: l'Argentina vince nel segno di Maradona

di Gaetano Massimo Macrì
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1986: l'Argentina vince nel segno di Maradona

Poco prima dei mondiali messicani, un terribile terremoto sconvolge il Paese. Una sciagura che si aggiunge alla sua già precaria condizione economica: edifici distrutti, migliaia di feriti, centinaia di morti e un milione di persone senza lavoro. Un bilancio che dovrebbe indurre gli organizzatori a cambiare rotta. Miracolosamente, però, gli stadi non sono crollati e la Fifa dà l’ok per proseguire. Il grande circo della Coppa non si ferma e prosegue imperterrito, coprendo le macerie di Città del Messico con nuove costruzioni e col suo sfoggio di aria di festa. È così che l’ Italia approda sul territorio messicano. Pur essendo campione del mondo in carica, pare aver smarrito l’anima di Spagna ’82, di cui resta soltanto un festoso ricordo. Se là eravamo diventati un gruppo di invincibili, adesso pesa soprattutto la mancanza di un uomo che prenda per mano i compagni. Bearzot se la cava con parole furbe: “È una squadra, la nostra, che deve sempre, necessariamente, imporre il proprio gioco, mettere sotto gli avversari, perché a differenza di altre non possiede le risorse naturali per vincere una partita con un lampo, un 'improvvisazione, una trovata”. Una maniera elegante di nascondere i difetti più evidenti e, forse, i propri errori. Due anni prima, il CT ci prova pure a dare un volto nuovo alla Nazionale. Si tratta di un’operazione di restyling soltanto annunciata, però. Alla vigilia del mondiale, infatti, spiega che “la carta d'identità sarà stracciata e saranno i migliori o comunque i più affidabili a difendere il titolo conquistato a Madrid”. I suoi calcoli, purtroppo, non porteranno lontano il nostro calcio, che in linea generale si dimostra in perfetta salute. Attira sempre più appassionati. Gli stadi registrano il pienone, i campioni stranieri pullulano e la Fifa ci concede l’organizzazione del mondiale del 1990.

FASE INIZIALE – La nostra delegazione è numerosa, quanto incapace di svolgere il proprio compito. Succede che, allo sbarco dall’aereo, nessuno ricordi o conosca il protocollo, che prevede una conferenza stampa obbligatoria. Gli Azzurri la saltano, salendo direttamente sul mezzo che li conduce a destinazione: Puebla. Siamo i campioni del mondo, eppure, come riporterà la stampa locale, “scappiamo come topi”. Bearzot è su tutte le furie. Per un attimo lo sfiora il pensiero di isolare l’ambiente come in Spagna. Per il CT i giornalisti italiani hanno cavalcato e magari contribuito a montare il caso diplomatico. Si sente un perseguitato. La rabbia è tale che si lascia andare a un desiderio - metaforico, per carità - di “ammazzare” il responsabile. Se dobbiamo giocare con questo ‘nervosismo’ addosso, cominciamo male. Ci tocca in sorte, oltre alla Bulgaria e alla Corea del sud, l’Argentina del miglior Maradona. I gauchos hanno maltrattato i coreani. Noi pareggiamo 1-1 contro la Bulgaria. Bearzot se la rischia, modifica le sue pedine, comprese quelle ‘storiche’: dentro Galderisi, fuori il suo pupillo Paolo Rossi. Tutti gli innesti giovani fanno un 'figurino'. Giochiamo bene contro dei bulgari mediocri, ma nel finale subiamo il pareggio. Nella partita contro l’Argentina, per mettere a freno i guizzi di Maradona, Bearzot incarica Bagni. È il suo compagno di squadra nel Napoli, lo conosce più di chiunque altro, sono ‘amici’. Una scelta, se si vuole, anche psicologica, che potrebbe frenare le vistose proteste del funambolo argentino. Le sue ‘drammatizzazioni’ sembrano un’arte tipicamente latina, appresa nel suo Paese di origine, ma rinforzata anche da una ‘napoletanità’ acquisita (aveva esordito in serie A col Napoli Calcio due anni prima). Il problema è che Bagni non ha il dono della bilocazione: o insegue Dieguito per il prato, o gioca per rafforzare il centrocampo. In pratica, ‘perdiamo’ un uomo. Anzi, a giudicare dalla prestazione, anche di più. Di Napoli e Di Gennaro devono essersi svegliati con la luna 'storta'. Fortunatamente, Altobelli ci regala il vantaggio. E meno male che c’è Conti, uno dei ‘veterani’, a far bella figura e dare un senso alla partita. La rimonta argentina sarebbe potuta essere ben più grave. Poi arriva il momento in cui i due capitani devono dimostrare chi è superiore: Maradona contro Scirea. Il nostro sembra imbambolarsi, forse ipnotizzato dal grande campione. Si fa superare. È il turno di Galli, ma il portiere non ostenta sicurezza. Avanza, poi si ferma, anzi si inchioda a terra, anche lui probabilmente in preda al panico. L’unica parte che si muove è la sua mano sinistra, sollevata  a schermare la porta poco distante alle sue spalle. Maradona ha poche alternative valide. La più semplice sarebbe quella di lanciare una stangata o dribblare il portiere. Ovviamente, compie il gesto tecnicamente più difficile, il più raro e tra i più amati dagli appassionati: il pallonetto. La sua prodezza balistica spiazza Galli. Un gol ‘alla Maradona’. Uno a uno e fine del primo tempo. Il secondo non regalerà emozioni. Finisce così lo scontro tra i campioni di Spagna e il campione. Quando ci avviciniamo alla Corea, il nervosismo deve essere tenuto a bada. Non ci resta che vincere per continuare. Mentre i nostri escono dallo spogliatoio, dopo le parole di Bearzot, ognuno ritiene che servirà una giocata per sbloccare la partita. Il più concentrato di tutti sembra essere Altobelli. 'Spillo' si muove in un fazzoletto di campo: finta, mette a sedere difensore e portiere e morbidamente spinge in rete. Un piccolo capolavoro. Sbaglierà però un rigore (palo) ma si farà perdonare con una doppietta. Per il momento, siamo ‘salvi’ così. Negli altri gruppi passano le grandi. Spicca la Russia, che martella 6-0 l’Ungheria e pareggia coi campioni d’Europa, i francesi, relegandoli al secondo posto. Il Messico non soffre particolarmente: ha un girone piuttosto facile. Il Brasile ha perso i suoi pezzi migliori, quelli che lo avevano  reso la squadra tra le più belle mai viste. Contro la sua tradizione calcistica, invece, fa sfoggio di una difesa fortissima, con Julio Cesar e Edinho. Anche il portiere Carlos è di quelli che i verdeoro non hanno mai avuto. A questa forza, si aggiungono poi i gol di Careca. Così. dominano il girone a punteggio pieno sulla Spagna. C’è un gruppo, poi, che i messicani hanno definito “della morte”. Vi fanno parte Danimarca, Germania Ovest, Scozia e Uruguay. Obbiettivamente il più ostico. I danesi hanno Michael Laudrup a valorizzare l’attacco. Schiacciano il girone. Per gli altri è normale lotta. Vittima sacrificale sarà la Scozia. Passano, infine, l’Inghilterra, la Polonia e il Marocco (al primo posto). Resta clamorosamente indietro il Portogallo di Futre.

FASE FINALE – ottavi, quarti, semifinale, finale – L’Italia ha in sorte la Francia. Bearzot ha un solo timore: Michel Platini. “Le Roi” Michel è il faro della sua nazionale, dovrebbe essere marcato a vista. E qui sovvengono i dubbi del mister. Chi mettergli in marcatura? Baresi lo ha contrastato con successo nel nostro campionato. Alla fine ci convinciamo che tutto il gioco francese passi dai piedi di Platini. Sottovalutiamo il fatto che loro sono forti in tutti i reparti. E così dentro Beppe Baresi, fuori Di Gennaro. Scegliamo, in pratica, di rinunciare a un uomo che avrebbe dovuto costruire la manovra con le sue geometrie, in luogo di un 'mastino' sacrificato alle calcagna del campione francese. Propio Baresi. in quel pomeriggio. commette un errore fatale: allenta la morsa una frazione di secondo e di quella distrazione se ne giova Platini. Il suo beffardo pallonetto dà il là alla carica dei 'galletti' francesi. Se non fosse per alcune prodezze del nostro portiere, Giovanni Galli, finiremmo oltre il 2-0. Abbandoniamo il mondiale agli ottavi, nella generale convinzione che non eravamo all'altezza. Bearzot saluterà tutti, dopo un mea culpa. Troppe vecchie glorie 'spompate' e giovani di buone speranze, ma privi di esperienza. Tanto gli rimproverano e per tanto se ne va. Intanto, ai quarti, quella Francia che ci ha puniti continua a mietere vittime illustri. Elimina ai rigori il Brasile, favorito per il titolo. La partita di spicco, però, è Argentina vs Inghilterra. L'acredine tra i due Paesi non è ancora tramontata. Il ricordo della guerra delle isole Falkland-Malvinas è ancora fresco nella mente della popolazione argentina. Proprio quel ricordo farà dire a Maradona che il gol segnato con la mano, in realtà, è frutto della "mano di Dio". Come a dire che Dio ha punito gli usurpatori (inglesi) delle isole Malvine (il nome argentino delle Falkland). Ma quella partita rimane nella storia anche per il ‘gol del secolo’: rubata palla nella propria tre quarti di campo, Maradona non la lascerà più fino al gol nell'area avversaria. Undici tocchi, conditi da un dribbling dopo l'altro. Mette a sedere il portiere e segna la sua rete più bella di sempre. "Questo è tutto fatto con i piedi! Non ci sono mani" dirà il nostro telecronista, estasiato per l'azione. Diego deve aver compreso di essere il campione in grado di trascinare la squadra fino al titolo. In effetti. contro il Belgio sigla un'altra doppietta. Solo nella finale contro la Germania non gli riesce di marcare rete. Ma quello che compie in favore dei suoi è il segno di quanto il suo genio calcistico sia ormai innato e della maturazione ormai completata. Beckenbauer, ora in veste di allenatore, spiega a Matthäus che deve togliere anche l'aria a Maradona. Il tedesco esegue il compito fin troppo bene. Maradona non riesce a segnare. E allora ecco la sua scelta: mettersi al servizio della squadra. Se non segno io, farò segnare qualcun altro, parrebbe dire. Da qui nasce il doppio vantaggio argentino. La Germania capisce tardi che le converrebbe liberare la stretta marcatura sul ‘pibe de oro’. E svincola Matthäus per fargli guidare la 'rivolta'. Pressano, i tedeschi. Chiudono gli spazi all'Argentina. Qualcuno si chiede perché non si è optato subito per questa scelta tattica, che sembra dare i suoi frutti. In otto minuti l'incontro si riapre, grazie a Rummenigge e Völler si arriva sul 2-2. Sarebbe una gran beffa battere di rimonta l'Argentina in finale. Maradona però mette a freno l’animo eccitato di qualche tedesco che già pensa al sorpasso. Quasi allo scadere, lancia Burruchaga. Il gol della vittoria è suo, ma per tutti si tratta della vittoria di Diego Armando Maradona. Il secondo titolo mondiale porta soltanto, meritatamente, la sua firma. 



Vincitore: Argentina
Capocannoniere: Gary Lineker (Inghilterra)
Quarti di finale, Argentina – Inghilterra 2:1

Il gol della “mano di Dio” 

Il gol del secolo

Finale Argentina – Germania Ovest 3:2


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