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20 Aprile 2024

1978: il mondiale dei 'golpisti'

di Gaetano Massimo Macrì
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1978: il mondiale dei 'golpisti'

L’Italia, contro ogni pronostico, non fa sconti a nessuno, neanche all’Argentina. A un passo dalla finale, esausti, cediamo il passo all’Olanda, che contro i padroni di casa non può che perdere. Vince l’Argentina, ma è una vittoria amara, a copertura dei crimini militari, festeggiata nel colpevole silenzio delle nazioni partecipanti

Nel 1978 l’avventura del Mondiale si svolge in Argentina. La sua trama si dipana in un Paese guidato dalla crudele dittatura militare del generale Videla, con i 30.000 desaparecidos per cui si comincia a chiedere giustizia. Quelle persone sequestrate e fatte sparire per sempre, perché in opposizione al regime, sono note stonate che fanno da sottotraccia di disturbo alle emozioni tipiche della manifestazione calcistica. Non vengono udite però dal ‘Mondo’ che è lì per inseguire una Coppa, non curante della violazione dei diritti umani. La stampa italiana mantiene un certo lassismo sulla vicenda, semmai si scatena nella critica alla Nazionale. Quando gli Azzurri  sbarcano in Argentina, quindi, hanno altro per la testa a cui pensare. La nostra storia incomincia male. Per i bookmakers è quasi scontato che non passeremo il turno di qualificazione. Il CT con la pipa, Enzo Bearzot, ha formato l’ossatura della squadra con nove juventini e sei del Torino. Due blocchi che non possono fare un gruppo unico: Juve e Torino rivaleggiano in campionato, dettando legge con un gioco moderno e veloce. Quell’Italia che parte sfavorita, però, si conquista sul campo il favore dei pronostici.

GIRONE INIZIALE - Allo stadio Mar del Plata contro i francesi di Michel Platini, ribaltiamo il risultato e il giudizio dell’opinione pubblica. Lacombe segna una splendida rete a Zoff, dopo nemmeno un minuto di gioco. Senza perderci d’animo, tiriamo fuori il carattere dei campioni veri. Anche i 25 milioni di telespettatori italiani intuiscono che un gol è nell’aria. L’idolo Paolo Rossi pareggia e Zaccarelli chiude le danze. La rimonta giunge inaspettata tanto da risultare quasi inspiegabile, ma dà ragione a Bearzot. Il CT si dimostra uomo del rischio, capace di far debuttare da titolare un giovanissimo come Antonio Cabrini. Il ‘bell’Antonio’ gioca nella Juve nel ruolo di terzino sinistro e nonostante la giovane età –è appena ventenne - si mette in mostra impadronendosi come un veterano della fascia di competenza. Se esiste ancora qualche dubbioso circa la nostra forza ritrovata, deve ricredersi presto. Rossi, Bettega e Benetti calano un tris che annichilisce l’Ungheria. Bettega ha colpito anche tre pali. Siamo forti, esprimiamo il gioco più spumeggiante del torneo e ora ci tocca (come spesso è accaduto) la sfida contro i padroni di casa. E qui sorge il problema. I macellai militari al governo hanno bisogno di vittoria, sono in cerca di consenso che faccia dimenticare gli orrori delle torture e delle ‘sparizioni’. L’Argentina ‘deve’ vincere. In effetti potremmo anche perdere, essendo entrambi qualificati. Bearzot accarezza l’idea, ma Zoff e Bettega gliela fanno cambiare subito. Non intendono rilassarsi in panchina e rifiutano il riposo coatto. Quelli sono calciatori abituati a vincere tutto, nella Juve di Trapattoni. Il primo posto significa rimanere a giocare nella capitale e tanti bei soldini in premio. E così, in barba a una diplomatica scelta più geopolitica che calcistica, decidiamo di giocare seriamente per il primo posto del girone. Quando i giornalisti vedono i titolari scendere in campo, sono in molti a non credere ai lori occhi: niente ‘regalo’ di cortesia all’Argentina e al generale Videla: se vogliono continuare a giocare a Buenos Aires devono meritarselo. Chissà cosa avranno pensato i membri della giunta militare dinnanzi a tanta sfrontatezza. Portiamo a casa una bellissima vittoria per 1-0. Un fraseggio repentino da manuale del calcio: Bettega, Rossi e poi di nuovo Bettega. Quei tocchi di prima e in velocità portano lo juventino dai capelli brizzolati a lanciare il pallone là dove il portiere, spiazzato, non ha pensato possa finire. La nostra supremazia è evidente. Distilliamo perle di calcio e sbattiamo l’Argentina via da Buenos Aires e dal suo grande stadio, privandola di maggiori introiti e del forte tifo di casa. Disputerà il girone finale a Rosario, a 300 km di distanza. Le forze degli Azzurri, invece, lanceranno chiari segnali di essere entrati in 'riserva'. Il Brasile passa il girone inziale, ma all’interno della squadra ci sono alcune turbolenze tra Zico e Dirceu, che interferiscono con la tranquillità del gruppo. Il CT brasiliano deve anche piegarsi al volere dei suoi superiori, che gli impongono di schierare Roberto. Un ‘raccomandato’ spacca sempre lo spogliatoio in due. E invece, proprio quest’ultimo è l’autore del gol vittoria contro l’Austria. L’unica vittoria brasiliana, grazie alla quale la Seleção passa alle semifinali. In Olanda, Johan Cruijff comunica che non presterà i suoi servigi di attaccante alla squadra. Il campione che ha incantato ai mondiali precedenti manifesta così la sua opposizione al regime militare argentino. Qualcun altro sostiene, invece, che a 31 anni si goda il clima temperato di Barcellona, oltre ai soldi della squadra spagnola. Si tratta di un’assenza che potrebbe pregiudicare gli 'Orange', i quali riescono a superare il turno, sia pure alle spalle del Perù. Per i campioni in carica, i tedeschi dell’ovest, gli avversari non sono temibili e si spartiscono il passaggio con la rivale migliore, la Polonia, di un giovane di talento di nome Boniek. 

GIRONE FINALE – Nell’Italia 'pallonara' che con ansia attende il collegamento per le partita, Cabrini, Bettega e Rossi sono diventati eroi nazionali. Il boom economico si è fermato, la carne ha raddoppiato il suo prezzo, Carosello ha chiuso i battenti, ma ‘chissenefrega’: ora abbiamo il calcio a consolarci. Sta per iniziare la nuova sfida con i nostri rivali storici. Nel 1970, contro i tedeschi era terminata 4-3: la “partita del secolo”. A differenza di allora veniamo da un girone in cui siamo stati i migliori. E ci confermiamo tali anche questa volta. Vedere per 90 minuti i tedeschi chiusi e schiacciati in difesa non capita tutti i giorni. Li annichiliamo, senza però segnare. Bettega ci va vicino, tira, convinto di metterla dentro, ma Kaltz gli nega la gioia sulla linea. È incredibile quello che sta succedendo. Dopo aver dominato la prima fase, stiamo sottomettendo la Germania. Ci negano la vittoria una traversa di Cabrini e un super Maier, che si conferma il miglior portiere al mondo. Lo 0-0 finale ci sta strettissimo. Finora, il nostro cammino è stato strepitoso. Quando ci fermeremo? In sorte ci tocca l’Austria. Il calcio danubiano è ritornato ai suoi livelli, ma ci prendiamo due punti preziosi. Rossi segna, tuttavia compaiono i primi segnali di stanchezza. Dopo il gol non spingiamo più, preferendo contenere il gioco. Bearzot ha utilizzato quasi sempre gli stessi undici, disputando 5 partite in 16 giorni. In queste condizioni, cominciamo a scricchiolare. Ci presentiamo contro l’Olanda che, pur senza Cruijff, è sempre una squadra capace di esprimersi secondo schemi avvolgenti. Per come siamo messi in classifica, andiamo in finale solo vincendo contro i ‘tulipani’. Lo stadio di Buenos Aires si trasforma per l’occasione in un tripudio al tricolore. Gli immigrati italiani sono ben più numerosi dei biglietti che si riescono a vendere. Tra italo-argentini e italo-brasiliani (più sicuramente italiani di altra provenienza) mezzo continente sudamericano fa il tifo per l’Italia. All’inizio non deludiamo i milioni di sguardi, giochiamo meglio di quel calcio totale di cui gli olandesi sono maestri. Manca solo il gol, che Cabrini e Causio sfiorano in diverse occasioni. Poi capita pure quello che non ti aspetti: un autorete di Brandts mentre cerca di anticipare Bettega. Va bene il vantaggio, ma staremmo meglio se raddoppiassimo. Invece, lentamente tutto precipita. Benetti è stato già ammonito contro l’Argentina e riceve il secondo cartellino giallo per protesta. L’arbitro Martinez appare molto severo contro le nostre proteste per le scorrettezze olandesi. Benetti ha 32 anni e compie un rapido calcolo: secondo ‘giallo’ significa saltare la finale. Per l’età che ha può salutare per sempre il mondiale. Il suo crollo psicologico è evidente. Bearzot lo tiene in campo comunque. Anzi, sostituisce uno dei migliori: Causio. Sembriamo aver smarrito la bussola, navighiamo nel campo in preda alle correnti olandesi. Frastornati, subiamo prima il pareggio e poi la rimonta. Il secondo gol è di quelli malefici: un tiro/punta da trenta metri deviato durante il percorso. Zoff è inevitabilmente spiazzato. Torniamo a casa stavolta senza lancio di pomodori. Il tifo se la prende contro la stampa che ci ha aspramente criticato prima e, in parte, anche durante il torneo. In quella Nazionale, del resto, c’è il nucleo dei prossimi Campioni del mondo. L’Olanda va in finale con l’Argentina, che dopo il pareggio col Brasile si salva contro il Perù travolgendolo 6-0. Giusto il punteggio necessario per avere una migliore differenza reti rispetto ai brasiliani. Qualcuno insinua dubbi di regolarità, per le origini argentine di Quiroga, il portiere peruviano. I mondiali precedenti ci hanno abituato ad altrettante simili assurdità.

FINALISSIMA – Una piccola premessa è d’obbligo. Non v’è dubbio che, giunti in finale, i calciatori argentini non sapessero di quello che il regime stava compiendo. Si potrebbero fermare, lo avrebbero potuto fare ancor prima. Scelgono, invece, di andare avanti nella finta indifferenza generale. Una colpa che li marchierà a vita. Dopo molti anni, qualcosa di quei giorni è trapelata. Qualcuno ha parlato. E così si scopre che il mister Menotti, prima della partita dice ai suoi: “Non vinciamo per quei figli di puttana, vinciamo per alleviare il dolore del popolo”. Vero o no, giusto o sbagliato che sia, quel mondiale è stato una pagina 'nera' della storia del calcio. Nella finale è presente anche un pezzo di Italia: arbitra Sergio Gonella, un direttore di banca torinese. L’Argentina si concede qualche lusso di troppo o, per meglio dire, qualche ‘botta’ di troppo. Ne sa qualcosa il povero Neeskens, che perde due denti in uno scontro con Passarella. L’imparzialità dell’arbitro è ovviamente ‘a favore di vento’, nel senso che segue il clima del luogo. E qui si parla ‘argentino’. Gli olandesi spingono, sprecano occasioni e vengono puniti. Kempes, autore del gol, trascina gli argentini e Gonella ce la mette tutta per non farsi criticare dai padroni di casa. Il suo fischietto interrompe spesso le azioni impetuose degli 'Orange', che hanno contro anche la sfortuna. Quasi al termine, miserabilmente, il pallone che Rensenbrink calcia da pochissimi metri dalla porta supera il portiere Fillol, ma coglie il palo e ritorna in campo. Nei supplementari, le forze calano e Kempes, davvero in grande giornata, segna e fa segnare. Al di là dei favoritismi ambientali, l’Argentina dimostra comunque molte qualità sportive che non cancellano, tuttavia, l’incapacità di ribellarsi al dittatore di turno. La Coppa del mondo Fifa può essere consegnata nelle mani insanguinate del generale Videla. I golpisti hanno vinto ancora. E l’Argentina festeggia nella colpevole distrazione delle torture che avvenivano nelle carceri e delle sparizioni di tanti ‘non allineati’ al regime.

Vincitore: Argentina

Capocannoniere: Mario Kempes (Argentina) 6 reti

Argentina - Olanda 3-1 - Mondiali Argentina 1978 - finale

ITALIA-ARGENTINA 1978 (gol di Bettega)


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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