Il mensile di informazione e approfondimento che
intende riunire culturalmente il nostro Paese nel pieno rispetto di tutte le sue tradizioni, vocazioni e ispirazioni ideologiche e politiche.
diretto da Vittorio Lussana
Area Riservata
24 Aprile 2024

Corea-Giappone 2002: il Brasile è di nuovo sul tetto del mondo

di Gaetano Massimo Macrì
Condividi
Corea-Giappone 2002: il Brasile è di nuovo sul tetto del mondo

Evidenti favoritismi per la Corea spingono la squadra fino ai quarti. Poi il tedesco Ballack la ferma. Ma nella finale la Germania viene sconfitta da un Ronaldo ritrovato (capocannoniere con 8 reti in 7 partite) che fa guadagnare il quinto titolo alla sua squadra

Duemilaedue, siamo entrati in una nuova era o almeno questo è quello che ci vogliono far credere. Siamo sempre più ‘Europa’ forte: l’euro è ormai la moneta unica e il dittatore Milosevic, prima omaggiato da molti rappresentanti, anche italiani, ora è sotto processo al Tribunale internazionale dell’Aia. Inizia una nuova era anche per il Pallone. Per dare forma e sostanza al nuovo che avanza, la Fifa ha stabilito che il Mondiale del secondo millennio si giochi in un paese esotico. Un paese che in prima battuta, parrebbe aver poco a che spartire con la tradizione del calcio. In realtà, ha compiuto molti passi avanti, per cui è giunta l’ora di mostrarli al Mondo. Un passaggio di consegne tra i veterani di questo sport e la matricola, quindi. Anzi, le matricole, visto che i paesi sono incredibilmente e per la prima volta due: Giappone e Corea del Sud. Fino ad ora, la tradizione calcistica è stata una questione che si sono ‘spartite’ Europa e Sudamerica. L’Oriente lontano è, per molti, un po’ erroneamente, la terra natia di miti ‘inventati’ del calcio ‘di cartone’ (vedi Holly e Benji) o delle consolle che riproducono in maniera esagerata le gesta dei giocatori. Tuttavia, quella mania per il calcio ‘elettronico’ ha contagiato tutto l’Occidente. Non sono casuali, infatti, le parole di Totti. Dopo gli allenamenti, gli Azzurri, in ritiro, trascorrono ore e ore a giocare a calcio con la ‘play’, tanto che il ‘Pupone’, come solo lui sa fare, dice che “S’è squajiata a Playstation”. Anche questo fa parte del calcio del nuovo millennio, forse. Dove gli elementi nuovi all’orizzonte, si innestano sugli aspetti più tradizionali. I Mondiali del 2002 nascono all’insegna della novità e della tradizione. In questa prospettiva, Giappone – Corea del Sud sembra l’accoppiata vincente. Un po’ come l’accoppiata tra la Nazionale e il nuovo mister, Giovanni Trapattoni, per tutti il “Trap”. È l’uomo che incarna la tradizione del calcio italiano, una vera e propria istituzione capace di interpretare i sentimenti della gente. L’allenatore italiano più vincente, che in tanti anni è sempre rimasto fedele a se stesso. Eppure, nonostante sia anagraficamente ‘datato’, ha ancora l’entusiasmo di un ragazzino che lo mantiene giovane. In questo clima di fiducia generale nei suoi confronti, partiamo alla volta di Sendai, in Giappone.

FASE INIZIALE – Affrontiamo la prima sfida a Sapporo, contro l’Ecuador. Si tratta di una squadra che, secondo Trapattoni, gioca un bel calcio. Per questo, infatti, l’ha studiata a dovere. Le sue preoccupazioni sono ben visibili agli occhi del pubblico: in piedi, davanti alla panchina, il Trap urla e fischia come un forsennato. Guarda soprattutto Totti, da cui si attende il guizzo vincente. Nelle sue intenzioni, è lui il nostro ‘uomo mondiale’, quello capace di svoltare le partite, come Zidane per la Francia o Ronaldo per il Brasile. A lui ha dato fiducia, relegando Del Piero in panchina. Il romanista non delude le attese e a un certo punto decide che può lanciare il pallone facendolo passare tra due difensori. Il lancio è così preciso sui piedi di Vieri che l’attaccante non può non segnare. Per il CT è la prova di aver messo gli uomini giusti al posto giusto. Tatticamente sembra aver avuto ragione: Vieri raddoppia e chiudiamo in bellezza. Gli elogi si sprecano e nessuno immagina che quella squadra possa commettere un passo falso. Ci adorano anche i giapponesi, che assaltano per le strade i campioni italiani abituati a vedere nelle loro Playstation. La seconda sfida ci vede impegnati contro la Croazia. Partiamo favoriti, ma non dovremmo sottovalutare un aspetto: i croati hanno perso il primo match e, se vogliono sperare di andare avanti, devono vincere contro di noi. Uno dei pilastri in difesa, Nesta, dopo pochi minuti dall’inizio, riceve un pestone e deve abbandonare il campo. I piani vanno velocemente rivisti. Per fortuna abbiamo Vieri che una cosa la sa far bene: metterla dentro. In questo è sempre caparbio. L’arbitro gli annulla un gol in fuorigioco, ma lui ci riprova con successo. Stiamo vincendo ancora. Come vuole Trapattoni, “Siamo bravi, belli e simpatici”. Peccato che ce lo ricordiamo solo per tre minuti. Tanto basta ai croati per pareggiare con Olic e addirittura, poi, chiuderla con un 2-0 di Rapaic. Si scatena il panico, gli equilibri mutano. Cosa sta accadendo alla squadra? Il Trap pensa e ripensa a come porre rimedio: melius abundare in attacco, si dice. Meglio aggiungere la punta Inzaghi. ‘Inzagol’ però non ce la fa, anzi, a causa di un sua scorrettezza, l’arbitro annulla il pareggio. Ci si mette anche Totti che coglie un malaugurato palo. Ci abbiamo provato, ma non ci siamo riusciti. La colpa, però, la diamo ai “guardalinee dilettanti”. A causa loro adesso ci tocca vincere contro il Messico. Carraro, presidente Figc, ci mette del suo per intimorirci: “Francamente credo che se non siamo in grado di battere il Messico, vuol dire che siamo una squadra mediocre. Io invece credo che batteremo il Messico”. È proprio quell’esser mediocri che, come un tarlo nella testa, ci crea brutti pensieri. Quei dilettanti dei guardalinee non sembrano volerci abbandonare, come una maledizione. Anche questa volta si solleva una bandierina per annullare un gol di Inzaghi. Sia lui che Totti premono, spingono e sfiorano più volte la rete del vantaggio, ma non c’è nulla da fare. I messicani a un certo punto si inventano un’azione interminabile, palleggiando avanti e indietro nel campo. Un ping-pong che termina sulla testa di Borgetti: Maldini, che di solito non sbaglia mai, sembra intontito da quel lungo palleggio e non marca a dovere sul tiro di testa. Buffon è beffato e al momento ci ritroviamo fuori dai giochi. Servirebbe un miracolo. Trapattoni, che ne sa una più del diavolo, a quanto pare è uomo avvezzo a richiederne. Se ne sta lì, in piedi a bordo campo, a compiere il suo rito: in tasca ha una piccola ampollina piena(di acqua benedetta?), ne butta alcune gocce in campo e sostituisce Totti con Del Piero. Che ci si voglia credere o meno, dopo quelle ‘abluzioni’ sui generis, è proprio Alessandro Del Piero, con un guizzo di testa, a buttare il pallone che ci regala il pareggio nel finale. Un pareggio che significa passaggio fortunoso del turno: l’Ecuador ha fermato la Croazia, per cui a punti stiamo meglio noi. Altrove, intanto, ci sono storie peggiori della nostra. La Francia campione in carica, per esempio, ha un bilancio pessimo: due sconfitte, un pareggio e zero gol fatti. E storie più liete: un altro italiano accede agli ottavi. Si tratta di Cesare Maldini, il nostro ex CT (sostituito poi da Zoff agli Europei 2000) che ha accolto la sfida di allenare il Paraguay. Si qualifica agli ottavi vincendo l’ultima partita nei minuti finali. Un Don Chisciotte che ha in Chilavert il suo fedele scudiero: Chilavert è un portiere buono a battere le punizioni. Troveranno, però, dei mulini a vento tedeschi a sbarrargli la strada.

FASE FINALE – Il 18 Giugno la Nazionale del Trap si sposta in Corea del Sud, a Daejeon. Una caratteristica di questi mondiali è proprio lo spostamento chilometrico da un paese all’altro, che comporta climi e terreni di gioco differenti. Disagi che generano qualche polemica cui si aggiunge anche quella sul pallone troppo leggero. Il nostro avversario si chiama Corea. I padroni di casa ci riservano un’accoglienza davvero lodevole. Benché coreani del sud, rammentano e ci rammentano, soprattutto, la nostra terribile sconfitta ai mondiali del ’66 proprio contro la Corea. Quella, però era del nord. Il calcio, a volte, ha questo potere di unire e disunire velocemente simili e contrari. Entriamo in uno stadio in cui gli striscioni recitano “Again 1966”, ancora 1966. Minacciano che per noi sarà una tomba. Siamo pur sempre i favoriti alla finale insieme al Brasile, però. La Corea non dovrebbe impensierirci. Trapattoni è stato abbastanza chiaro: “Giocano con una sola punta…per uno che gioca a calcio da vent’anni…” vorrebbe dire che comunque si mettano in campo, sapremo cosa fare. Ma il Trap è troppo navigato per non sapere cosa ci aspetta. Se non proprio un inferno, quanto meno una bolgia. Alla guida della Corea, come se non bastasse, c’è Hiddink , l’olandese che ha allenato il Real Madrid. Un vecchio ‘lupo’ che di sicuro non ha perso il vizio di saper mettere in difficoltà gli avversari più forti e blasonati con le sue ragnatele di gioco. L’altro guaio, poi, è che abbiamo fatto i conti senza l’oste. L’oste è l’arbitro ecuadoriano, Byron Moreno. La sua direzione è pessima. E per finire,  quei mediocri dei coreani iniziano già dal primo secondo a girare a mille. Bastano pochi minuti che già ci fischiano contro un rigore. Trapattoni capisce da subito quale andazzo avrà la partita. Gli occorrerà ben più di qualche goccia della sua miracolosa ampolla. Pizzul in telecronaca quasi si mette a ridere. Sembra una farsa, cui inizialmente teniamo duro. Buffon para il rigore e Vieri ci regala il vantaggio. Non è aria ovviamente di 1-0, dobbiamo passare al raddoppio, per evitare il rischio crescente  e palpabile di subire il pareggio. Le tentiamo tutte, ma non troviamo il guizzo finale per mandare il pallone in rete. Il Trap scalcia all’aria bottigliette a bordo campo. Non sa più quali scelte prendere, tanto verrebbero vanificate dall’arbitro o dai nostri che stanno sprecando azioni su azioni. Vieri salta Lee, ma anziché imbeccare la porta, spara alto. Mentre noi ci straziamo per un pallone che non ne vuole sapere di entrare in rete, la Corea prende coraggio. I coreani lo devono avere nel dna, l’imperativo di non mollare mai. Così la beffa più brutta arriva nel finale, ma non viene dall’arbitro: a due minuti dal termine, la Corea pareggia per errori degli Azzurri. La tela fatta tessere lentamente dal furbo Hiddink, ha raggiunto il suo scopo. Altro che “un solo uomo in attacco…”. I supplementari ripetono e amplificano l’effetto farsa già visto. Francesco Totti, palla al piede, galoppa per mezzo campo. Giunge dinnanzi all’area. Potrebbe tirare ancor prima, invece sceglie di entrare e saltarne ancora uno. Cerca la garanzia del gol e, probabilmente, di mettere un ‘sigillo’ con la sua firma sulla partita. Ormai è quasi fatta, gli manca l’ultimo metro, carica il tiro e il difensore lo sbriciola al suolo. Siamo pronti a invocare il rigore. Moreno, che ha già fatto capire da che parte ‘pende’, tira fuori il pezzo forte dell’artiglieria: non solo non fischia il rigore, ma ammonisce Totti che, per doppio giallo, viene espulso. C’è ancora tempo per un ultimo show di Moreno: Tommasi è lanciato a rete da Vieri, ma, ‘ovviamente’, il direttore di gara vede un fuorigioco inesistente. Quella che prima sembrava una farsa, adesso ha assunto l’aria di una ‘combine’ in cui, nostro malgrado, siamo ‘incappati’ noi. Sfiancati e demoralizzati per il troppo correre, senza ottenere alcunché, consegniamo ai coreani l’immagine di quelli più forti che riescono a giocare meglio. Sono loro, infatti, che trovano il golden gol con Ahn. L’atto finale di uno spettacolo davvero farsesco. Sull’ Italia pesa la responsabilità di non aver fatto la protagonista. Il giorno dopo, invece, partono i processi all’arbitro e si invocano le dimissioni di Trapattoni. Era da quel famoso mondiale ’66 che una squadra asiatica non accedeva ai quarti. Il palcoscenico ormai è di altri attori. Il Brasile, per esempio, si trova davanti l’Inghilterra. Gli inglesi hanno frantumato la Danimarca agli ottavi per 3-0. I verdeoro devono ringraziare Rivaldo e Ronaldo per aver sbrogliato la partita contro il Belgio. E ora, l’uno di fronte all’altro, Brasile e Inghilterra, sono consapevoli della durezza dello scontro. I difensori inglesi hanno protetto la squadra come nessun altro, impedendo a tutti di segnare, fuorché alla Svezia (1-1). Sono riusciti a battere anche la rivale storica, l’Argentina, grazie a un rigore realizzato da Beckham. Il Brasile, però, possiede l’attacco più prolifico (13 gol fatti). In partita, sono gli inglesi, però, a lanciare la prima grande minaccia: un errore difensivo di Lucio consente a Owen si segnare. I Brasiliani devono reagire. Il primo tempo sta per terminare e Ronaldinho intuisce finalmente che contro la miglior difesa, bisogna usare il miglior attacco. Il campione brasiliano si impossessa della palla, se la incolla letteralmente ai piedi, trasportandosela per mezzo campo, fino all’area avversaria. Generosamente la scarica a Rivaldo per il pareggio. È il gol dello sblocco psicologico. Infatti, nella ripresa, una punizione di Ronaldinho li porta in vantaggio. Una parabola che il portiere Seaman guarda imbambolato. Quando si accorge che sta per finire in rete è ormai troppo tardi. Ronaldo, sorridente, pensa alla semifinale, in cui avrà una squadra niente affatto ‘nobile’ come la Turchia, che non ha mai raggiunto quell’obiettivo. Il mister Scolari sa che non deve basarsi su certe statistiche. I turchi li hanno già incontrati nel girone, battendoli di misura per 1-0 con molte difficoltà e un piccolo aiuto dall’arbitro. Adesso, si ritrovano una squadra che non subisce gol da tre incontri. In effetti, passano i primi 45 minuti a reti bianche. Non che il Brasile non ci abbia provato. Rivaldo spara in porta da distanza siderale con tanto di effetto e Ronaldo, al contrario, ci prova con un tap-in ravvicinato: niente da fare. Anzi, i turchi con Alpay e Hasan Sas rischiano di beffare gli avversari. Poi, nella ripresa, Ronaldo tira fuori la sua classe e segna il vantaggio per la sua  terza finale consecutiva. L’altra finalista è la Germania che nel suo cammino è riuscita ad eliminare la Corea ‘aiutata’ dalla classe arbitrale. Dopo i favoritismi di cui ha goduto contro l’Italia e sùbito dopo contro la Spagna (che aveva irriso proprio noi per come l’avevamo presa) la squadra di casa si arrende ai tedeschi, obbiettivamente più forti. Secondo qualche malpensante, in realtà, la Corea non può andare oltre le prime quattro. ‘Sta bene così’. Ordini superiori. Il troppo, si sa, stroppia. Perderà anche la finalina contro i turchi (Hakan Sukur segna dopo 11 secondi, il gol più veloce della storia dei mondiali). Nel giorno dell’ultimo match, come italiani ci gustiamo la partita con una punta di orgoglio per essere presenti attraverso l’arbitro Collina. Ronaldo, quattro anni prima, aveva deluso il mondo nella finale contro la Francia. Adesso è il capocannoniere del torneo con 6 reti. Una curiosità alimenta l’attesa: le due squadre non si sono mai affrontate in un campionato del mondo. Il ‘fenomeno’ Ronnie è consapevole di avere gli occhi puntati addosso. Chi non li potrà avere è Ballack, per un cartellino di troppo nella partita precedente. Doveva essere l’eroe di Germania, suo il gol contro la Corea. Ecco perché i tedeschi ricercano un nuovo uomo simbolo. Il calcio ne ha sempre bisogno. Lo si rintraccia nel portiere Kahn. La scelta sembra azzeccata, perché è solo grazie a lui che i tedeschi sopportano l’assalto brasiliano. Il gol che subisce ha dell’incredibile, sembra quasi ingiusto per uno che ha parato quasi tutto. Ronaldo tira di potenza, Kahn para, ma non trattiene. Il pallone gli rimbalza sul mento e, prima che possa riprenderlo, Ronaldo, rapace d’attacco, è già là a rispedirglielo dentro. Forse è il gol che fa traboccare il vaso. Quella rete viola il luogo sacro finora gelosamente custodito dal super portierone. I tedeschi, trafitti nel ‘sancta sanctorum’, vengono assaliti da un senso di smarrimento. Nessuno bada più a Ronaldo in area, quando Rivaldo lascia passare il pallone sotto le gambe. La finta vale l’assist per il due a zero. Il Brasile è di nuovo sul tetto del mondo. Ronaldo è capocannoniere con 8 reti (dal mondiale ’70 che non si segna oltre il 7) e può liberarsi dalla zavorra del passato. Qualcuno pensa che se si liberasse anche della mezzaluna di capelli lasciata sul capo sopra la fronte, sulla testa rasata, sarebbe meglio. Un campione, però, è fatto anche di stranezze, non solo di stravizi. E oggi è diventato pentacampeão.

 

Vincitore: Brasile

Capocannoniere: Ronaldo (Bra) 8 reti

 

Italia – Corea del Sud e gli errori arbitrali

 

Video della finale Brasile – Germania


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
Registrata presso il Registro Stampa del Tribunale di Milano, n. 345, il 9.06.2010.
EDITORE: Compact edizioni divisione di Phoenix associazione culturale