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23 Aprile 2024

Usa 1994: Azzurri trascinati da Baggio, ma finale ai brasiliani tra rigori e lacrime

di Gaetano Massimo Macrì
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Usa 1994: Azzurri trascinati da Baggio, ma finale ai brasiliani tra rigori e lacrime

La Fifa spera che il torneo, anche grazie alla presenza del rinato Maradona, possa rinvigorire negli Usa uno sport minore come il ‘soccer’. Gli orari delle partite, però, rispettano quelli ‘europei’. Per ragioni televisive e di sponsor si gioca al mattino e nel primo pomeriggio, con il caldo e l’umidità che fiaccano il fisico dei calciatori

Quanta differenza con il Mondiale italiano del ‘90. L'avventura americana della Nazionale si configura da subito per i precisi connotati che la allontanano dalla squadra vista a Italia '90. Arrigo Sacchi, quando ne assume la guida, non pesca i migliori giocatori del campionato. Ha i suoi schemi in mente e ricerca uomini capaci di eseguirli. Schillaci è fatto fuori. Non è che abbia brillato molto dopo le 'notti magiche'. Il mister gli preferisce Casiraghi. Sacchi sembra allergico alle primedonne e a tutti quei giocatori simbolo. “Che io abbia a disposizione 11 campioni o 11 brocchi, non importa: tutto si gioca nel modulo”. Non conta il giocatore, conta il collettivo. La sua è una rivoluzione. Una filosofia che bisogna studiare, apprendere e realizzare. La sera, prima di andare a dormire, gli Azzurri hanno un foglio con il modulo da ripassare. L'unico uomo davvero insostituibile sarebbe Baresi. Beppe è perfettamente in grado di dettare i tempi in difesa, quelli delle ripartenze e del fuorigioco. È il sacerdote che interpreta la bibbia del calcio ‘sacchiano’. Il centrocampo, poi, è pieno di cervelli pensanti: da Donadoni a Dino Baggio, da Evani a Albertini. Gente che prima ancora di ricevere il pallone, ha già chiaro in mente dove dovrà passarlo. Ma i ritmi con cui Sacchi vorrebbe incalzare gli avversari devono scontrarsi contro gli orari delle partite e il gran caldo americano. Si gioca troppo presto per non soffrirlo. Anche Silvio Berlusconi deve aver calcolato male i tempi. Nei mesi precedenti la manifestazione, sponsorizza il successo della squadra, confidando nel suo Sacchi che col Milan ha fatto proseliti, vincendo di tutto. Risultati che gli erano valsi un grande bacino elettorale. E ora, ovviamente, spera che un successo al Mondiale si possa tradurre in altrettanto merito sui banchi del Governo che presiede. In fondo, sulla carta il solo rivale dovrebbe essere il Brasile, viste le assenze o il calo di forma di molte grandi. Finirà come sappiamo: Sacchi perde la finale ai rigori e il Cavaliere viene raggiunto da un avviso a comparire, mentre presiede una conferenza internazionale sulla criminalità organizzata a Napoli (anticipato dal Corsera).

FASE INIZIALE - Giochiamo a New York, che per 'italianità' è la nostra seconda patria. Oltre a ragioni affettive, la Fifa intende così lucrare con maggiori incassi nel Giants Stadium, il tempio del baseball riadattato al calcio per l'occasione. Un onore che gli azzurri alla prima sprecano con gli altri beniamini di casa. Giochiamo infatti contro l'Irlanda, altra terra che nella metropoli americana ha una seconda patria. Uno scontro tra 'paisà', in pratica, ma nello stadio sventolano solo bandierine irlandesi. Rivela Matarrese, presidente FIGC, che "gli italiani si sono venduti i biglietti". Fortuna loro, perché finisce in sconfitta:1-0. Il portiere Pagliuca battezza fuori un tiraccio di Houghton, che invece termina in rete. In 90 minuti smarriamo mesi e mesi trascorsi a studiare e praticare il ‘modulo’. La fucina delle idee, il centrocampo, sembra aver lasciato a casa il carburante. Patiamo il caldo. L'impegno contro la Norvegia, a questo punto, diviene decisivo. "Facciamo le corna", dice la stampa, alludendo a quelle dell'elmo del vichingo norvegese. Sacchi rimescola completamente le carte. Due attaccanti ora giocano a centrocampo, agli estremi: Signori a sinistra e Berti a destra. In avanti c'è Casiraghi, non in gran forma, sostenuto da Baggio. I moduli di Sacchi a volte presentano geometrie davvero oscure. I cambiamenti sembrano aver portato ulteriore confusione nella mente dei giocatori. Non riusciamo a concretizzare le azioni, che pure costruiamo in quantità. Finché arriva l’assalto dei vichinghi del Nord. Pagliuca reagisce d’istinto e decide di fermarlo da solo, uscendo dai pali. La sua avanzata però oltrepassa la linea dell’area di competenza. Tocca con le mani il pallone dove non dovrebbe. Ci salva da gol certo, ma viene espulso. Come lo sostituiamo? Sacchi sceglie di sacrificare Roby Baggio, inserendo il portiere Marchegiani. Baggio e il suo codino abbandonano il campo increduli. E sfugge un chiaro labiale, accompagnato dall’indice che batte sulla tempia: "Questo qui è matto". Il pubblico fatica a comprendere la scelta di sostituire il pallone d'oro, su cui si riversano le uniche speranze di vittoria. È vero, però, che per molti Baggio non si stia esprimendo al menglio. In ogni caso, con un uomo in meno si dovrebbero scombussolare i rigidi schemi del CT. Invece, gli Azzurri sembrano aver trovato una quadratura del cerchio e costruiscono azioni migliori. E ritroviamo la speranza con una punizione di Signori. Il suo cross trova la testa vincente di Dino Baggio. Finisce così, 1-1. Per passare il turno, adesso, non rimane che vincere contro il Messico. La fortuna, tuttavia, sembra averci girato le spalle. Baresi è out, deve operarsi al menisco per lo scontro nella partita precedente. Si sistemerà sotto i ferri a Manhattan, con la speranza di riaverlo in tempo per l'eventuale finale. Un miracolo. Con mille dubbi e fra tante incognite ci spostiamo a Washington. Il cambio di stadio e di pubblico non sembra portarci male. Sacchi affida l'attacco a Massaro, un vecchio milanista avvezzo ai suoi metodi. In effetti il giocatore non delude le aspettative, segnando il vantaggio e fallendo anche il raddoppio. Un peccato, perché quel caldo martedì subiamo eccessivamente il clima afoso. Il nostro calo fisico è evidente e i messicani, forse più abituati di noi, rendono e trovano il pareggio. Finisce 1-1, ma lo 0-0 tra Norvegia e Irlanda disegna una classifica assurda in cui siamo tutti a pari punti, 4. A Sacchi non resta che pregare qualche santo e sperare nel passaggio come migliori terzi. Qualcuno, evidentemente, raccoglie gli scongiuri in Paradiso. A casa si festeggia, anche se i più critici avrebbero desiderato l'eliminazione, tanta è l'antipatia per il modulo di Sacchi.

FASE FINALE - Gli ottavi li disputiamo a Boston. Il caldo è l'unico elemento che non ci abbandona mai. Giochiamo contro la Nigeria alle ore13 locali. La smorfia degli Azzurri è evidente: mal sopportiamo l'afa del Foxfboro Stadium. Ci toglie energie, ma meno, molto meno agli africani. I nigeriani hanno dimostrato un' eccezionale condizione fisica, chiudendo per primi il girone, davanti all’Argentina di Maradona. Sacchi, complice anche la perdita di Baresi, continua a sperimentare le sue geometrie. A metà Mondiale non ha ancora trovato l’assetto migliore. Maldini è spostato al centro della difesa con Costacurta. In avanti si rivede il fido Massaro con Berti. Eppure, proprio uno dei più affidabili, Paolo Maldini, compie un errore fatale che nessuno si aspetta e che consente a Amunike di passare in vantaggio. Sconforto, ma ormai ci siamo abituati. Proviamo la carta Dino Baggio, chissà che lo spilungone possa smuovere qualcosa. Entra al posto di Berti. Coglie il palo e mezza Italia maledice Sacchi e le sue pignolerie tattiche. Il pareggio non basta, serve vincere. Non ci siamo abituati, e allora si continua a ricercare soluzioni nuove, nel bene o nel male. Viene chiamata in causa la fantasia di Zola, al debutto mondiale, ma l'estro dell'attaccante non ha nemmeno modo di essere notato. L'arbitro messicano dopo neanche un minuto vede l'invisibile e lo espelle. La reazione di Zola è commovente, si inginocchia a terra, congiungendo le mani al petto. La sua smorfia per poco non si trasforma in pianto. In dieci, sotto di uno a zero, nessuno confida che passeremo anche questa volta. Ci vorrebbe una magia di Roberto Baggio, ma a due minuti dal termine il risultato ancora non cambia. Pagliuca –come confiderà successivamente- medita a come trascorrere le vacanze. E invece, proprio all' 88' Donadoni serve Baggio, libero in area. Non sono ammessi errori, questo Roberto lo sa. Il tiro deve essere preciso, non può affidarsi a una staffilata che ingenuamente vada a sbattere sui pali o peggio addosso al portiere. E poi non sarebbe adatta alle sue corde. Dove trovi la lucidità del tiro è un mistero che contraddistingue solo i fuoriclasse. Il suo destro è un gioiello di calibratura che ci porta ai supplementari. Da quel momento Baggio ritrova se stesso. L'Italia anti sacchiana è in giubilo. Se dovessimo vincere, il merito sarebbe solo di quel fuoriclasse che funziona perché 'salta' le regole imposte dal mister. E nella ripresa è proprio Baggio il trascinatore. Siamo incollati alla tv, idealmente a quel suo codino che si trascina ovunque in campo. Dai suoi piedi parte l'assist per Benarrivo, dal quale nasce il rigore a nostro favore. Lo realizza sempre lui, mentre il suo omonimo, Dino Baggio, respinge la palla a dieci centimetri dalla porta. Siamo ai quarti. Parte la festa tricolore, Baggio è il salvatore che  portiamo religiosamente lungo le vie in processione. Nel nostro cammino adesso non c'è la temuta Argentina a farci lo zampino come nel ’90. Ha clamorosamente perso contro la Romania. Maradona è stato squalificato per doping. Inutili le sue proteste. Esce di scena con la sua nazionale, ma rimarrà il ricordo di quel suo sguardo 'feroce' in campo. Un campione trasformato, trasfigurato, che ha sprecato buona parte del suo talento in vicende meno limpide e cristalline. Quando affrontiamo la Spagna, sembriamo finalmente una squadra temuta. Essere andati avanti nel cammino, sia pure zoppicando e sfruttando la fortuna, ci ha reso più audaci, come vuole il detto. E audace è il tiro da 20 metri di Dino Baggio che ci porta sull' 1-0. L'umidità è del 100% ma non può essere sempre un alibi. Gli spagnoli la soffrono tanto quanto noi. Lottano anche loro, finché un tiro di Caminero, deviato da Benarrivo, gli permette dei pareggiare. Andiamo ancora una volta ai supplementari. Se non è dura, non ci piace. Un' agonia che è sempre Roberto Baggio a scacciare. Dribbling sul portiere Zubizzarreta e gol. Finalmente in vantaggio, ma per complicarci la vita, Tassotti rompe il setto nasale a Louis Enrique. Fortunatamente per noi, la dea fortuna deve essersi bendata con un panno azzurro. Sarebbe rigore, ma nessuno se ne accorge. Via, avanti così, con un Baggio ritrovato, qualcosa potrà sempre accadere. Per l'incontro di semifinale, New York e il Giants Stadium ci accolgono come favoriti. La mente dei giocatori dovrebbe essere sgombra dai cattivi pensieri, conoscendo l'avversario. È la Bulgaria di Stoičkov che si laureerà capocannoniere e che ha rimontato 2-1 la Germania campione del  Mondo uscente. Miracoli del calcio, quelli che tutti i tifosi italiani adesso si attendono. Gli occhi sono già puntati sulla finale che si intravede contro il Brasile, impegnato però ancora contro la Svezia. I sudamericani superano l'ostacolo. Benché il risultato sia ridotto (1-0) soggiogano l'avversario. Il messaggio diretto all'Italia è chiaro: i più forti siamo noi. La nostra Nazionale, dal canto suo, risponde con una semifinale giocata bene, forse la migliore prestazione del torneo. Albertini è superbo in campo. È suo il pallonetto con cui salta la difesa e consente a Baggio di segnare. Roberto in realtà realizza una doppietta, tanto per dire ai brasiliani che il campione ce lo abbiamo noi. Peccato che sul finire del primo tempo Pagliuca e Costacurta franino insieme a valanga su Sirakov. Il rigore trasformato in rete ci crea ancora molti pensieri nella ripresa. Sofferenti fino in fondo. La finale, però, è nostra. Si gioca a Pasadena, California, ore 12:30 locali. In Italia è una serata di luglio tipicamente estiva. Al caldo si mescola tensione. Dino Baggio e Albertini sono molto affaticati. I medici americani sono stati di parola e ci restituiscono Baresi pronto per scendere in campo. Il miracolo s’è compiuto. Senza i suoi interventi difensivi, probabilmente saremmo capitolati prima del tempo regolamentare. La legge del contrappasso, però, ci condanna in altro modo. Roberto Baggio è in forse. Fino a mezz'ora prima della partita il CT lo mette alla prova. Questa incertezza lacera tutti, 'codino' in primis. Il mister alla fine opta per schierarlo. In fondo è merito suo se siamo giunti fino a qui. Qualcuno, comunque, tirerà in mezzo la pressione degli sponsor. A Pasadena il clima è torrido. Sotto quella cappa, il rientro di Baresi è una benedizione. Sacchi ha finalmente qualcuno che lo 'comprenda', che realizzi gli ordini di gioco. Capitan Baresi esce più volte, palla al piede, dalla difesa, dettando i ritmi richiesti. In un’ azione si spinge addirittura in avanti, lanciato da Roberto Baggio. Se avesse l'istinto dell'attaccante probabilmente si libererebbe per concludere a rete. Tutto sommato dimostriamo di volercela giocare. Entrambe le squadre, in vero, intendono passare in vantaggio e ci provano più volte. Il Brasile si avvicina con più pericolosità, con Romario, che da meno di un metro sbaglia l'angolazione. Il giocatore brasiliano è il più temuto. Per gol e rabbia agonistica non ha eguali. Sta ai carioca come Baggio agli italiani. Un duello benedetto dagli sponsor. L'Italia ha le sue chances, ma in generale è meno organizzata in campo. Arrembiamo, la presenza ‘assente’ di Roberto Baggio si percepisce. Una sua conclusione, su assist di Donadoni, fallisce là dove, in altri momenti (di forma) sarebbe finita in porta. 90' però non bastano a nessuno per alzare la Coppa. I supplementari sono un supplizio. Non risolvono nulla e il verdetto è tramandato ai rigori, per la prima volta in una finale mondiale. Lo stallo dello 0-0 non sembra volerci abbandonare. Baresi, che pure dovrebbe essere il più 'fresco', sbaglia il primo calcio dal dischetto. Pagliuca para e ristabilisce il pari. Tocca ad Albertini, esperto rigorista, ma quella porta gli sembra minuscola, dirà in una  confessione. Paure di un grande giocatore. Segna, dopo di lui, Romario coglie un palo gol che per un attimo ci trasporta in trionfo. Invece, un errore, ancora un altro, lo commettiamo noi con Massaro. Tiro poco angolato acciuffato da Taffarel. "La situazione è davvero molto grave", Bruno Pizzul si inventa l'ovvio. Le ultime speranze sono di nuovo aggrappate a lui, Roberto Baggio. Per un campione del suo rango, undici metri non sono impossibili. Anche se non in forma, perché dovrebbe sbagliare? ‘Divin Codino' purtroppo tira come non aveva mai fatto in vita sua. A Pizzul non resta che congedarsi: "Il Campionato del Mondo è finito. Lo vince il Brasile". Baresi piange tra le braccia del presidente della Figc  Matarrese. Piangono anche i brasiliani, per la morte del pilota di Formula Uno, Ayrton Senna, avvenuta a Maggio. Il calcio accomuna nella gioia e nel dolore. 

Vincitore: Brasile

Capocannoniere: Hristo Stoičkov (Bulg), Oleg Salenko (Russ) 6 reti

 

Video della finale Italia – Brasile

 

I rigori della finale, premiazione tra le lacrime


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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