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16 Aprile 2024

1938: l’Italia porta a casa una seconda coppa

di Gaetano Massimo Macrì
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1938: l’Italia porta a casa una seconda coppa

La terza edizione della Coppa Rimet ‘resta’ in Europa. I riflettori si accendono su Parigi, la Ville Lumière, e in altre città ospitanti. La prima a ribellarsi al ribaltamento delle norme Fifa, che imponevano un’alternanza tra Europa e America, è l’Argentina, candidata certa di ospitare i Mondiali dopo Roma ’34 e che, perciò, rinuncia a giocare. Assente anche l’altra sudamericana, l’Uruguay, per gli stessi motivi addotti quattro anni prima. Le anglosassoni continuano a starsene alla larga. La manifestazione non nasce sotto buoni auspici. In Europa si respira un’aria di tensione: il nazionalsocialismo tedesco avvia la sua politica espansionistica e si profila la preoccupazione di un conflitto imminente; l’Austria è sparita dalla cartina geografica, poiché Hitler l’ha annessa alla Germania; la Spagna, colpita dalla guerra civile, necessita di riorganizzarsi. A conti fatti, sono 15 le partecipanti, una in meno rispetto all’edizione precedente. Dal Sudamerica, visti i ritiri, non hanno difficoltà a entrare Brasile e Cuba. Ha la sua rappresentanza anche l’Asia, con le Indie olandesi, per via della rinuncia del Giappone. Il torneo si svolge sullo stesso livello del precedente e, per un mese, l’opinione pubblica e le tifoserie sembrano ‘immuni’ dai rischi che sembrano imbere sul mondo. 

IL TORNEO - La fase eliminatoria vede impegnate 13 delle 15 squadre: per la prima volta la nazionale detentrice del titolo - l’Italia - e quella del Paese organizzatore sono esentate dai primi turni. Gli Azzurri di Pozzo provengono da un’altra grande vittoria, avendo conquistato l’oro olimpico a Berlino ’36. Sono i favoriti e, a contenderne il titolo, c’è la Germania, che ha ‘assorbito’ la nazionale austriaca e setacciato i giocatori di Polonia e Cecoslovacchia. Buttando uno sguardo dall’altra parte dell’oceano troviamo il Brasile, che si presenta con una compagine ben più agguerrita, forgiata sul campionato sudamericano e rinforzata dagli innesti di un grande e ben remunerato professionista: Leonidas da Silva. Non va sottovalutata nemmeno l’Ungheria di Sarosi: i magiari sono sempre stati battuti dall’Italia, ma la condizione dei suoi uomini e gli ultimi risultati ottenuti lasciano intendere che ora ‘se la possano giocare’. Della potente Cecoslovacchia rimane il bomber Neyedly (capocannoniere al precedente Mondiale) e il mitico portiere Planika, ma per il resto la formazione viene ringiovanita, come fa anche Pozzo con l’Italia con ben 8/11 dei titolari. Restano, della vecchia guardia, soltanto Meazza, Monzeglio e Ferrari. 
La manifestazione prende il via il 4 Giugno a Parigi, al Parco dei Principi. Inaugurano Germania vs Svizzera, sotto la direzione dell’arbitro Langenus. Finisce in parità e nel match rigiocato prevale inaspettatamente la Svizzera, che adopera la nuova tattica del catenaccio. Una novità che si rivela, però, poco efficace contro la più organizzata Ungheria (2-0). I padroni di casa passano agevolmente per 3-1 contro il Belgio e si ritrovano ai quarti proprio l’Italia. Gli Azzurri hanno eliminato una delle esordienti, la Norvegia, scippando il 2-1 al 94’ con un certo Silvio Piola, sempre a segno nel torneo tranne in una sola occasione. Il pubblico, finora non molto numeroso, in occasione di Francia-Italia è quello delle partite che contano: 59 mila spettatori riempiono il mitico stadio Yves-du-Manoir di Colombes, a nord di Parigi. L’accoglienza riservata agli italiani è pessima. Le cronache raccontano di “lanci di pezzi di carbone e fischi” contro una squadra in maglia nera, che si presenta col saluto fascista e sulle note di Giovinezza. La partita è dura: la Francia riacciuffa subito il pareggio dopo il goal di Colaussi, ma la doppietta di Piola spegne qualsiasi aspirazione e spiana la strada azzurra verso la semifinale col Brasile nel ‘nostro’ stadio, il Velodrome di Marsiglia. I verde-oro hanno avuto finora un cammino rocambolesco e difficile: l’esordio con la Polonia inizialmente esalta le doti del forte Leonidas. Il 3-1 del primo tempo viene annullato, nel secondo, da un improvviso temporale, che rende pesante il campo e agevola i polacchi, più avvezzi a quelle condizioni. Sul 4-4 finale si procede ai supplementari. Con la miracolosa ricomparsa del sole sembra riapparire, come per magia, l’abilità dei brasiliani e il solito Leonidas ne approfitta per il vantaggio. Sul 5-4 la Polonia non demorde e pareggia nuovamente. Sembra un incontro interminabile, ma è rete, ancora una volta, per Leonidas, al 114’, che  regala il primo successo ai suoi. La partita successiva prevede la pericolosa Cecoslovacchia e si deve disputare un secondo incontro, dopo la parità per 1-1. Il Brasile rientra in campo, nel secondo tempo, è sotto di un goal a zero e deve perciò affidarsi ancora alle abilità di Leonidas per accorciare le distanze. Alcuni minuti dopo arriva anche il secondo e definitivo goal con Roberto: ormai è fatta e ci si può preparare alla partenza dalla costa atlantica verso il più mite Mediterraneo, da Bordeax a Marsiglia. Qui, gli Azzurri attendono il Brasile forse con maggiore tranquillità: il ritrovato entusiasmo, dopo la vittoria conquistata nel secondo tempo contro la Francia grazie a due splendidi tiri al volo di Piola, consente loro di affrontare la semifinale consapevoli di poter imporre il proprio gioco e certi che tutti gli ingranaggi siano ormai bene oliati. La perfetta combinazione dello schema Ferrari – Biavati – Piola, per Pozzo rappresenta una garanzia di successo e l’impressione nella squadra è che questo, come altri schemi, finalmente riescano a ‘girare’ bene. Meazza e compagni, infatti, dominano l’incontro che termina 2-1, col Brasile che sigla solo all’ 87’ una rete per sperare di riaprire l’incontro nei pochi minuti finali. Così non è. Grazie a Meazza e  Colaussi gli Azzurri raggiungono in treno Parigi per l’atto finale.

LA FINALE – L’avversario dell’Italia è l’Ungheria, il cui cammino fino a qui è stato più semplice: partita scontata con le Indie Orientali, ha poi dovuto liquidare la Svizzera ‘catenacciara’ e infine, travolgendo la Svezia - che per il forfait dell’Austria si ritrovava con un turno in meno - giunge a disputarsi il trofeo calcistico più prestigioso al mondo, contro una squadra, l’Italia, che già lo aveva vinto, con tanti ‘se’ e tanti ‘ma’, che però negli anni successivi aveva raccolto un oro olimpico e una coppa internazionale e, dopo 4 anni e dopo essersi rinnovata di organico, è ancora là a giocarsi una finale cui è pervenuta attraverso l’eliminazione di squadre ben più difficili del suo avversario, nonché godendo di un’imbattibilità che dura da 21 giornate. Dall’altro lato, l’Ungheria ha giocato un torneo perfetto, con 13 reti all’attivo e 1 solo goal subito. Una difesa eccellente, a prova dei grandi bomber dell’epoca, compresi Piola e Meazza. I magiari, inoltre, possono rispondere con nomi, in attacco, come Sarosi e Zsengeller. E non dimentichiamo, da ultimo, il pubblico presente, numeroso (60 mila spettatori) e quasi tutto parteggiante per l’Ungheria, nettamente contrario all’Italia per motivi politici e sportivi. E’ in questo clima di ostilità che la squadra azzurra, attraversando il tunnel dello stadio di Colombes, scende in campo. Non è un caso se Pozzo, abilmente, decide di preparare i ragazzi alla finale lavorando molto sull’aspetto psicologico, cercando cioè di trasformare le critiche in forti motivazioni per vincere. In realtà, già nella semifinale col Brasile gli Azzurri avevano dato prova di saper mantenere sangue freddo e lucidità di fronte ai fischi e agli insulti del pubblico, ma ora si giocano la finale contro una rivale storica: da undici anni l’Ungheria non riesce a vincere contro l’Italia ma, come il Brasile, è convinta che sia venuto il momento giusto. Quando la partita ha inizio, dimostra tutt’altro: la perfetta combinazione, ormai un classico per Pozzo, tra Colaussi – Piola – Biavati porta gli Azzurri in vantaggio, tre passaggi in velocità e goal. Il pareggio degli avversari giunge di lì a poco: 1-1. L’Italia, però, è nettamente superiore, gioca a memoria, seguendo gli schemi come un abile musicista. Ancora una volta, l’azione principale parte dai piedi di Biavati. Autore del goal è, questa volta, Piola: 2-1 dopo un quarto d’ora circa. Trascorsi appena 20 minuti, Meazza lancia a rete Colaussi, il cui tiro effettato risulta imprendibile per Szabo: 3-1. Finisce con questo risultato il primo tempo, ma già il secondo lascia presagire una goleada azzurra. Subito un palo di Biavati e, come si dice spesso nel calcio: gol mangiato… E così Sarosi accorcia per il 3-2. Ma non è sufficiente, perché anche questa volta i magiari devono arrendersi alla valanga azzurra: Piola raccoglie dal solito Biavati e trova un angolo preciso. Italia batte Ungheria 4-2. Ancora una finale vincente e otterrà il possesso definitivo della Vittoria Alata. La guerra interrompe, tuttavia, le due edizioni successive, impedendo il cammino verso quella che sarebbe stata una probabile meta alla nostra portata. Al pubblico locale, conquistato alla fine dal gioco azzurro, non resta che applaudirne. 

Vincitore: Italia
Capocannoniere: Leonidas (Brasile) 8 reti

Qui di seguito il bellissimo video che riassume tutte le partite. Al minuto 17:10 si vede il famoso rigore di Meazza battuto, come vuole la vulgata, reggendosi l’elastico dei pantaloncini per non rimanere in mutande. 


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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