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17 Maggio 2024

Il ritorno della banda del buco

di Fernando Pittaluga
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Il ritorno della banda del buco

In parallelo alla crisi, alla mancanza di lavoro e denaro, aumenta anche il tasso di criminalità. Esattamente come nei film 'La banda del buco' di Mario Amendola e 'I soliti ignoti' di Mario Monicelli (tratti dalla storia vera di due ladruncoli che imperversarono nella capitale negli anni '50) non manca chi si organizza di conseguenza. Così, sempre più spesso ritroviamo, come notizie di cronaca, il proliferare di bande organizzate quasi in modo 'casereccio', che prendono di mira uffici postali o esercizi commerciali utilizzando una tecnica semplice e, al contempo, geniale: praticano un foro in una parete ed entrano nei locali da derubare. I bottini sono, il più delle volte, alquanto scarsi: poche migliaia di euro che poco giustificano il rischio di una pena carceraria di almeno 6 anni. Niente a che vedere con i furti ai grandi caveaux delle banche ai quali ci aveva abituato il cinema. Questo tipo di reati, infatti, non mira alla rapina del secolo (quella che ti sistema per la vita, per intenderci) bensì ad accumulare piccole cifre, puntando su obiettivi considerati poco allettanti e, quindi, meno monitorati dalle forze dell'ordine. Ciò che stupisce noi semplici spettatori davanti al Tg della sera è la minima quantità di mezzi che occorre per fare 'un colpo' del genere e la scarsa 'messa in sicurezza' di luoghi dove circola un certo flusso di danaro. Certo, per chi al furto non ha mai minimamente pensato come scelta di vita, tante idee non sfiorano l'immaginazione. Ma nell'immaginario collettivo, l'operazione dovrebbe essere piena di ostacoli, imprevisti e pericoli (vi ricordate quei bancomat scardinati dal muro?). Per noi è solo un gioco della mente, ma per le Forze dell'ordine un po' meno, dato che devono operare fra 'sistemi' di furto vecchi e nuovi. Basti pensare alla banda di georgiani che, in questi giorni, è state arrestata a Roma: ladri che si facevano beffa di porte blindatissime che aprivano con mazzi di chiavi che corrispondevano a tutti gli standard dei 'cilindri' europei. Meno male che, questa volta, il miglior antifurto del mondo ha funzionato: un vicino di casa, sentendo dei rumori sospetti, ha telefonato ai carabinieri.

 

rubrica l'archetipo La parola archetipo deriva dal greco antico ὰρχέτῦπος col significato di immagine: tipos ("modello", "marchio", "esemplare") e arché ("originale"); è utilizzata per la prima volta da Filone di Alessandria e, successivamente, da Dionigi di Alicarnasso e Luciano di Samosata. Il termine viene usato, attualmente, per indicare, in ambito filosofico, la forma preesistente e primitiva di un pensiero (ad esempio l'idea platonica). L'archetipo è un concetto che contribuisce a dipingere l'individuo come una entità non già isolata e razionale, come presupposto per esempio dal liberismo. Al contrario è una concezione che implica un inconscio irrazionale, frutto della vita collettiva addirittura nei millenni. È un contenuto della comunità con l'insieme delle prassi, delle pratiche, delle tradizioni e dei valori che la identificano.

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