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23 Aprile 2024

L'orecchio da mercante delle aziende italiane

di Martina Tiberti
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Sul mercato del lavoro c’è un problema di mancata corrispondenza tra domanda e offerta e molti lavoratori, soprattutto tra i più giovani, non sono compatibili con le qualifiche del proprio impiego, mentre i sindacati vivono alla giornata

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Opportunità mancate, fuga di cervelli, generazione fantasma. Da anni, ormai, alcune terminologie poco incoraggianti vengono usate per descrivere la situazione lavorativa dei giovani italiani sulle pagine dei giornali, dai più tecnici ai più divulgativi. Il problema alla base sembra essere il punto di incontro tra le aziende e i giovani in cerca di lavoro: il 31% delle prime riscontra ‘difficoltà di reperimento’, mentre il 30% dei secondi continua a essere disoccupato. Si parla di ‘mismatch’ o mancata corrispondenza tra domanda e offerta nel mercato del lavoro. Secondo l’Ocse, il 40% dei lavoratori non sono compatibili con le qualifiche del loro impiego. E cosa ancora più interessante, la quota dei ‘sottoqualificati’ è identica a quella dei ‘sovraqualiTriade.jpgficati’, attestandosi al 20%. Una situazione stagnante e avvilente, dovuta in primo luogo all’assetto delle imprese italiane: piccole, poco innovative, incapaci di offrire posti di lavoro qualificati, disinteressate ad assumere candidati di alto profilo. Da qui la frustrazione e la scarsa motivazione, a cui si aggiunge un altro aspetto cruciale: quello contrattuale e retributivo. Secondo ‘Il Sole 24 ore’, la retribuzione lorda oraria, in Italia, si attesta a 19,92 euro, sotto a una media Ue che si aggira fra i 20 e i 25 euro lordi l’ora. In più, questa crescerebbe solo in base agli anni di anzianità e non al merito o alle effettive capacità del lavoratore. In questo scenario, cosa pensano i giovani del sindacato? Un campione di 2 mila giovani tra i 24 e i 34 anni, intervistati per l’indagine statistica su ‘Giovani, Lavoro e Rappresentanza’ dell’istituto ‘Giuseppe Toniolo’, in collaborazione con la Fim Cisl, ha dichiarato che “i sindacati sono stati utili, in passato ma non possono esserlo se non si rinnovano”. Il 20,9% degli intervistati ha dichiarato che i sindacati potrebbero essere utili, ma che i loro sforzi sono rivolti principalmente ai pensionati e alle generazioni più mature. Pochi giovani, una volta entrati nel mondo del lavoro, hanno un contatto con un’organizzazione sindacale. Il proliferare di contratti a breve termine e dai nomi fantasiosi di certo non aiuta, ma la motivazione principale risiede nel fatto che i più giovani non vedono il sindacato come un proprio interlocutore, ma come un’ente che difende principalmente gli interessi di categorie particolari di lavoratori e di pensionati. Che fare, quindi, per svecchiare l’idea di un sindacato paladino di pensionati e ultrassettantenni? Un primo approccio verso un cambio di rotta potrebbe attuarsi attraverso il dialogo e la comunicazione. Sono poche le campagne che si rivolgono ad un pubblico giovane. E questo sarebbe sicuramente un buon punto di partenza su cui lavorare. In un’intervista del 2016, il politico statunitense Bernie Sanders rispose con queste parole a un giornalista che gli chiedeva come spiegare l’utilità del sindacato a un pubblico giovane: “Basilarmente, il significato di un sindacato è questo: se sei solo, quello che puoi fare ha un limite, ma quando si è uniti è molto ciò che puoi fare”.

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