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25 Aprile 2024

L'Italia in cifre

di Francesca Buffo
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L'Italia in cifre

Mercato  L’Italia in cifre  I rapporti annuali dell’Istat e del Censis hanno fotografato la vita del Paese: l’insieme dei dati ci conferma che siamo alla prova della sopravvivenza  

Italiani sempre più vecchi e insoddisfatti delle loro condizioni economiche: gli anziani alle prese con l'aumento delle malattie croniche, cui fa fronte un calo dei medici, mentre per i giovani il lavoro è ormai una chimera. E torna ad aumentare la migrazione interna: gli italiani che si trasferiscono da una Regione all'altra sono saliti del 2,5%, soprattutto al Nord. E proprio al nord si registra uno storico sorpasso, con il matrimonio di rito civile che supera quello religioso. È la fotografia scattata dall'Istat nel suo Annuario statistico 2012, dalla quale risulta che i morsi di una crisi perdurante lacerano i redditi ed alimentano un clima di profondo pessimismo dal quale sarà difficile uscire. È l'Italia dei poveri, dove il lavoro dipendente continua a calare . Nel 2012 (media primo semestre) sono 12 milioni 288mila gli occupati (anche agricoli e domestici), circa 165mila in meno rispetto all'anno precedente (-1,3%). Il decremento riguarda tutto il Paese (con l'unica eccezione della Valle d'Aosta) ed è particolarmente accentuato nelle Isole (-4,5%), nel Centro e nel Sud (-1,7%). Nord Ovest (-0,5%) e Nord Est (- 1%) presentano un calo minore. In Lombardia, dove si concentra il maggior numero di lavoratori dipendenti (in media 2 milioni 738mila, pari al 22,3% del totale), si osserva la riduzione più contenuta (-0,2%). Un calo più marcato si registra in Sicilia (- 4,6%) che nel 2012 assomma 604mila lavoratori dipendenti, pari al 4,9% del totale. Negli ultimi quattro anni (2009-2012) si è assottigliata la quota di lavoratori dipendenti under30, dal 19,7% al 16,9% mentre nell'ultimo anno il loro numero si è ridotto dell'8,7%. Aumenta il peso relativo della quota femminile, dal 40,6% del 2009 al 41,5% del 2012. Un contesto nel quale i giovani sono sempre più lontani dal tempo indeterminato. I lavoratori dipendenti con contratto a tempo indeterminato sono 10 milioni 492mila (-0,7% rispetto al 2011). Si riduce soprattutto il numero dei lavoratori sotto i 30 anni (-8%) mentre aumenta quello degli over30 (+0,7%). Le donne con un lavoro standard sono oltre 4 milioni 206mila, in crescita dello 0,4% rispetto al 2011, mentre i colleghi maschi (6 milioni 286mila) presentano una flessione dell'1,5%. Nei primi sei mesi del 2012 sono stati attivati oltre cinque milioni di rapporti di lavoro, ma meno di uno su cinque è a tempo indeterminato, mentre il 68% delle nuove assunzioni è a termine. Il 19% dei nuovi rapporti di lavoro è stato formalizzato con contratti a tempo indeterminato (1.031.949) mentre l'8,5% (461.086) sono state le collaborazioni. I rapporti di apprendistato hanno rappresentato poco meno del 3% del totale avviamenti pari a 156.135 nuovi contratti. Nel corso del primo semestre del 2012, i nuovi avviamenti sono stati 5.421.084, circa 3.925.328 hanno riguardato il settore dei servizi, 788.113 l'industria (di cui 350.443 il comparto delle costruzioni) e 707.643 l'agricoltura. Le "cessazioni" di rapporti di lavoro sono state 4,49 milioni. Tutto questo si riflette sulle famiglie: quelle in condizione di povertà relativa sono 2 milioni 782 mila (l'11,1% delle famiglie residenti), corrispondenti a 8 milioni 173 mila individui, il 13,6% dell'intera popolazione. Nel corso degli anni, la condizione di povertà è peggiorata per le famiglie numerose, con figli, soprattutto se minori, residenti nel Mezzogiorno e per le famiglie con membri aggregati, dove convivono piu' generazioni". Milano e Roma accolgono il 71% delle persone senza dimora stimate dalla rilevazione dell'Istat. Più della metà delle persone senza dimora che usano servizi (58,5%) vive nel Nord, il 22,8% nel Centro e il 18,8% nel Mezzogiorno. Si tratta per lo più di uomini (86,9%), la maggioranza ha meno di 45 anni (57,9%), nei due terzi dei casi hanno conseguito al massimo la licenza media inferiore, il 72,9% dichiara di vivere solo. In quasi sei casi su dieci si tratta di stranieri (59,4%). Secondo il rapporto, uno degli eventi più rilevanti del percorso che conduce alla condizione di 'senza dimora' è la perdita di un lavoro (61,9%) insieme alla separazione dal coniuge e/o dai figli (59,5%) e, con un peso più contenuto, alle cattive condizioni di salute (16,2%). L'origine sociale continua a pesare moltissimo sul futuro delle nuove generazioni. Questo è evidente se si prende in considerazione la mobilità intergenerazionale, ossia il confronto della classe sociale dei figli con quella dei padri, che mostra dinamiche preoccupanti: le posizioni rivestite dai figli al momento dell'ingresso nel mercato del lavoro sono più spesso simili a quelle dei loro padri. L'unico vero anticorpo a questo blocco sociale è il titolo di studio, che, pur non eliminando il familismo, aiuta a salire i gradini della piramide sociale. Eppure diminuiscono gli iscritti all’Università: le matricole nell'anno accademico 2010/2011 sono circa 288.000, 6.400 in meno rispetto all'anno precedente (-2,2%). Nel nostro Paese l'accesso ai livelli più alti appare più semplice per chi cresce in famiglie agiate e istruite. Infatti, i dati Ocse del 2010 confermano che in Italia la probabilità di laurearsi, per una persona il cui padre non abbia completato gli studi superiori, è tra le più basse d'Europa: circa il 10%, rispetto al 40% per l'Inghilterra e al 35% per la Francia. In questo quadro gli italiani fanno di tutto per risparmiare, ma non ce la fanno proprio: gli aumenti sono più forti e vincono sempre. Crollo delle vendite auto, secondo la ricerca Aci-Censis: -20% auto, -19% motocicli e, addirittura, -32% ciclomotori. Male anche le auto usate (–10%). C'è rabbia e scoramento anche nel quadro dipinto dal Censis sulla situazione sociale del Paese col suo quarantaseiesimo Rapporto/2012. Sono questi i sentimenti provati dalla maggioranza degli italiani (52,3%), che indica nella crisi della politica la principale causa delle grave difficoltà in cui versa l'Italia, mentre solo il 20,1% ha la voglia di reagire. Un dato che riflette il peggioramento delle condizioni di vita registrato in questi ultimi anni nella Penisola. I numeri in questione non lasciano dubbi: la capacità di spesa delle famiglie si è ridotta notevolmente fino a retrocedere ai livelli del 1997, quando la spesa procapite per famiglia era di 15 mila e 700 euro all'anno; ridotta, di conseguenza, anche la propensione al risparmio, dal 12% del 2008 all'attuale 8%; 2,7 milioni di italiani sono dovuti ricorrere alla vendita di oro e altri oggetti preziosi; 2,5 milioni, invece, coltivano ortaggi e verdure per l'autoconsumo; 11 milioni di italiani, per abbattere le spese, preferiscono preparare tutto in casa. Ma il dato più eclatante è il raddoppio del numero di famiglie con una ricchezza superiore a 500 mila euro e l'assottigliamento, dal 66,4% al 48,3%, di quello strato di ceto medio composto da famiglie con una ricchezza tra i 50 e i 500 mila euro.   


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Questo articolo è tratto dal numero 1 di Periodico italiano magazine versione sfogliabile

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