Il mensile di informazione e approfondimento che
intende riunire culturalmente il nostro Paese nel pieno rispetto di tutte le sue tradizioni, vocazioni e ispirazioni ideologiche e politiche.
diretto da Vittorio Lussana
Area Riservata
25 Aprile 2024

Ensi: “Dal freestyle a Rock Steady, la mia evoluzione”

di Giorgio Morino
Condividi
Ensi: “Dal freestyle a Rock Steady, la mia evoluzione”

Rispetto di tutti, paura di nessuno. Questo il titolo del primo singolo estratto da Rock Steady, il nuovo album del rapper torinese Ensi, (al secolo Jari Ivan Vella classe 1985): una forte presa di posizione nel mondo dell’hip hop italiano, affrontata con la sicurezza di chi, alle spalle, può vantare un palmarès ricco di vittorie nelle gare di freestyle.
Lo abbiamo incontrato durante la presentazione del suo nuovo lavoro da solista, Rock Steady, primo album pubblicato per l’etichetta Warner Music Italia.

Non si può negare che l’hip-hop sia una realtà consolidata del panorama musicale italiano. Un genere nato in America che nel nostro paese ha acquisito caratteristiche proprie, imponendosi negli anni come uno stile riconoscibile e apprezzato, dai giovani e non solo. Un genere musicale consente di esprimere la rabbia e i problemi della società attraverso musica e rime, sempre in bilico tra l’aggressività e l’ironia. La capacità di saper improvvisare, di fare freestyle, è una delle prime doti che si deve avere in questo ambiente. 
Ensi in questo senso è un vero e proprio professionista: campione  italiano di freestyle, con due album all’attivo, è uno dei nomi più affermati dell’hip-hop italiano. Lo abbiamo incontrato durante la presentazione del suo nuovo lavoro da solista, Rock Steady, primo album pubblicato per l’etichetta Warner Music Italia.

Non si può negare che l’hip-hop sia una realtà consolidata del panorama musicale italiano. Un genere nato in America che nel nostro paese ha acquisito caratteristiche proprie, imponendosi negli anni come uno stile riconoscibile e apprezzato, dai giovani e non solo. Un genere musicale consente di esprimere la rabbia e i problemi della società attraverso musica e rime, sempre in bilico tra l’aggressività e l’ironia. La capacità di saper improvvisare, di fare freestyle, è una delle prime doti che si deve avere in questo ambiente. Ensi in questo senso è un vero e proprio professionista: campione  italiano di freestyle, con due album all’attivo, è uno dei nomi più affermati dell’hip-hop italiano. 

Ensi, il 2 settembre è stato pubblicato il tuo nuovo album, Rock Steady, ma potresti raccontarci come è iniziato questo tuo percorso nel mondo del rap italiano?
“Io sono nato artisticamente in quel periodo confuso che è la fine degli anni novanta e i primi anni duemila, a cavallo tra l’esplosione del digitale e il progressivo abbandono dell’analogico; il web esisteva ma ancora non aveva l’importanza che ha oggi; si arrivava dalle quelle che erano ormai le ceneri dell’hip-pop italiano e si stava per affrontare un periodo davvero buio nei primi anni duemila. Io sono cresciuto nella periferia di Torino in quegli anni, dove c’erano poche possibilità, ma già c’era, come la chiamavamo noi, una scena importante, dove chi ha lottato ha raccolto i frutti del suo lavoro, che ha permesso di gettare le basi per tutto quello che sta succedendo adesso nel mondo del rap italiano. Io ho cominciato facendomi largo con le gare di freestyle (ovvero le gare di improvvisazione), prima a Torino e poi in tutt’Italia (la cronistoria delle gare si può trovare su youtube). Ho vinto tutto quello che c’era da vincere, dalle gare più underground a quelle più importanti, nel frattempo sono arrivati i primi dischi con il gruppo OneMic (insieme a mio fratello Raige e a Rayden) che hanno un po’ rappresentato il mio “battesimo del fuoco”; dopo di questo sono arrivati i primi lavori da solista, come Era tutto un sogno, fino ad arrivare ad oggi, con Rock Steady”.

Hai accennato al fatto di aver vinto molte gare di freestyle importanti; potresti spiegarci quanto è diverso l’approccio che si deve adottare nell’affrontare una gara di freestyle e nel lavorare ad un disco?
“La differenza è sostanziale. Quando si improvvisa, anche se sei particolarmente bravo e nel mio caso il palmarès è ricco, l’esposizione dei concetti ne risente sempre un po’: io posso anche tirare fuori una bella rima con un bel filo logico, è già successo nelle gare, ma se devo parlare di me e interiorizzare delle cose in maniera più aperta e ragionata, allora la scrittura diventa essenziale.In un certo senso è successo anche nella mia vita: ho iniziato con il freestyle e forse allora avevo meno cose da dire; poi quando queste cose da dire hanno iniziato a formarsi allora la scrittura è diventata importante. Purtroppo e per fortuna io mi porto addosso questo appellativo di freestyler, avendo vinto tutto, e in un certo senso diventa anche difficile uscire dal personaggio. Quello che sto cercando di fare adesso è la mia abilità come liricità, con un approccio totalmente differente. Questo non vuol dire però che non mi piace più fare freestyle: nei miei live l’improvvisazione ricopre sempre un ruolo fondamentale, ma sto cercando di trasformare il tutto in modo che non sia il solito jukebox che fa il freestyle con l’argomento o con il tema libero, ma che diventi uno strumento. Improvviso e faccio di questa cosa un arte, come un assolo nel jazz, che cerco di valorizzare il più possibile.

Pensi quindi che questa tua attitudine possa risultare limitante nel momento in cui ti si deve definire come artista, una specie di etichetta?
“Si è di sicuro un rischio, anche se è un etichetta che mi porto volentieri e sono molto orgoglioso di essere considerato un grande freestyler, ma quello che sto facendo oggi, il percorso che sto seguendo a 28 anni dopo aver dimostrato quello che so fare mi sta portando verso una direzione nuova e diversa ed è giusto che sia così.”

Arriviamo quindi a Rock Steady. Qual è stato il percorso che hai seguito nella realizzazione di questo nuovo album?
“Guarda, Rock Steady per me rappresenta uno step di maturità importante. è il primo disco con un etichetta importante, la Warner Music, che ha creduto nel progetto e con la quale si prospetta un percorso davvero importante; è un disco che mi rappresenta molto e i feedback che ho ricevuto, anche se è passato poco tempo dall’uscita, sono molto positivi. Si tratta di un più maturo come dicevamo, nel quale affronto diversi concetti che mi stanno a cuore. il tutto accompagnato da una forte identità musicale che non si discosta da quello che è l’ambiente dell’hip hop più sano e genuino e che sicuramente è stato apprezzato dal pubblico un più addicted, più pratico dell’ambiente; ovviamente anche chi non conosce l’hip hop potrà ascoltare il disco e trovarci qualcosa di interessante. è un disco che ha una forte identità musicale, che rappresenta appieno il mio stile e che rende anche giustizia ad un ambiente intero, quello dell’hip hop appunto, che spesso magari si dimentica da dove arriva. è un disco molto genuino e ovviamente mi auguro che piaccia.”

Mi interessa molto questa tua ultima affermazione sul mondo dell’hip hop che si sarebbe scordato le proprie origini e si tratta di una tematica che emerge anche dall’ascolto del primo singolo estratto, Rispetto di tutti, paura di nessuno, che suona come un messaggio molto forte e deciso.
“Si, ma non vorrei che il messaggio venga interpretato in maniera troppo critica, perché non ho problemi con nessuno nell’ambiente, anche nelle battle ho dimostrato molte volte di non avere questo tipo problemi. Il messaggio di cui stiamo parlando si trova in tante parti dell’album, come ad esempio nel brano L’alternativa: per ogni tipo di gusto e per ogni tipo di domanda c’è un offerta e al pubblico spetta scegliere; non so se quello che dico potrebbe suonare un po’ anacronistico, ma mi piacerebbe che anche da parte di noi artisti ci fosse una sorta di rispetto per la storia di questo genere musicale e far passare, attraverso i nostri dischi, una sorta di messaggio di unione; dato che adesso c’è grande attenzione da parte del pubblico, sarebbe bello alzare il livello generale e non appiattirsi. Adesso sto girando l’Italia per promuovere il Rock Steady, e vedo gente di età mista che mi segue: certo i ragazzi sono sempre quelli più “fanatici”, che fanno la fila sotto il sole per portarti il cappellino da farti firmare, ma in generale il pubblico è abbastanza vario. La mia speranza è che il disco possa rispecchiare l’ambiente e rispettato da chi ama questo genere.”

Un rispetto, quello verso l’ambiente e la musica, che tu invochi più volte durante l’album.
“Si la mia è una critica, però non è che sono contro il fare soldi con la propria musica, ci mancherebbe altro. Proprio in Rispetto di tutti, paura di nessuno dico: “ci faccio i soldi, ma sta merda non l’ho sputtanata”. L’importante è celebrare. Nel mio caso dopo dieci anni di gavetta, e c’è anche chi ne ha fatti di più, è bello che adesso si possano raccogliere i frutti del proprio impegno. Fare solo questo però senza interessarsi al rap è sbagliato: se siamo arrivati a questo livello, se l’hip hop ha raggiunto questo livello di popolarità oggi non è solo grazie all’appoggio discografico del settore mainstream, ma anche perché noi abbiamo creato le basi per questo interesse. L’hip hop non è uscito dai talent, è un genere che ha trent’anni di storia alle spalle. Il discorso è che la storia del genere va rispettata e con questo non voglio passare per “talebano” del genere: io vado sempre nei contesti più disparati, ma sempre orgoglioso di rappresentare questo ambiente.”

Andando un attimo sulle canzoni. Sono molti i riferimenti al mondo del pugilato quelli che fai, sia per quanto riguarda Rispetto di tutti, paura di nessuno, ma anche in Rocky e Adriana. La metafora del combattimento su ring rappresenta il tuo modo di intere la musica?
“Nello specifico di Rocky e Adriana si tratta di una esplicita citazione del film che io utilizzo per raccontare il rapporto con la mia donna, fermo restando che alla fine Rocky e la sua colonna sonora è uno dei film più usati e abusati per le citazioni; la mia è una prospettiva diversa che si concentra sul rapporto del pugile con la Adriana, facendo una specie di parallelo. La lotta è sicuramente importante: le gare di freestyle sono dei combattimenti, così forti a livello mentale da essere quasi fisici, ma senza mai scadere mai nella lotta vera e propria; si tratta di un alternativa dove le parole si sostituiscono ai pugni. Mi sembra un buon parallelo, molto più per quello che riguarda l’impatto che per il combattimento vero e proprio. In fondo, a livello di dedizione gli sportivi assomigliano tantissimo ai musicisti, solo che non si possono scassare di alcol come noi (ride). Scherzi a parte, in questo ambiente come in quello sportivo, la dedizione per quello che fai è fondamentale. Il parallelo sport e musica ci sta secondo me.”

L’evoluzione di cui abbiamo parlato finora può essere individuata nel titolo stesso dell’album: Rock Steady può essere tradotto in italiano come “inamovibile”, oltre che rappresentare un genere musicale ben preciso.

“Si il genere Rocksteady nasce come una variante dello ska (o beatblues), ma non c’entra nulla con me che non sono in grado neanche di suonare un campanello. Il titolo per me rappresenta la costante capacità di “spaccare” oltre che a qualcosa di inamovibile e difficile da scalfire: non solo per quello che mi riguarda come MC (Master of Ceremonies, ovvero il più alto grado di esperienza attribuibile ad un rapper), ma anche per quello che riguarda la mia attitudine. Oggi  c’è un interesse enorme, se parli della musica italiana non puoi non citare il rap, anche solo per i numeri che vengono mossi; quello che non cambierà mai l’attitudine, specialmente nel mio caso.

Prima hai parlato del tuo pubblico e del fatto che per la maggior parte è composto da ragazzi. Senti in qualche modo una sorta di responsabilità nei loro confronti per quanto riguarda le canzoni e le cose che dici?
“Sicuramente, la responsabilità c’è; se c’e davvero questo tipo di interesse nei confronti del genere musicale, e stiamo parlando di un genere che si è sempre fatto portatore di una serie di messaggi importanti, sarebbe oltremodo riduttivo sprecarlo per non dire nulla. Questo è quello che penso, ma non vuol dire che io sia un rapper politicamente impegnato, per nulla: io sono un rapper socialmente impegnato e nelle mie canzoni, filtrando la mia vita, racconto la mia visione delle cose, condivisibile o meno. Quando faccio un certo tipo di canzoni o dico alcune cose non è che lo faccio perché voglio sentirmi dire “bravo Ensi che hai tratto quest’argomento”, ma perché ci credo davvero. La responsabilità di dare un messaggio, anche magari usando un linguaggio “violento” e diretto che possa risvegliare un po’ e dare una scossa alle coscienze ci sta assolutamente Non sono rapper “filosofico” e arzigogolato, sono un po’ terra-terra e parlo di quello che vedo alla mia maniera, sempre in bilico tra l’essere hardcore ed essere poeti. La responsabilità dicevamo c’è, non c’è dubbio, ma questo non vuol dire che mi freno se devo dire una cosa. Finora con le cose che dico ho sempre avuto dei buoni riscontri, quindi forse più che di un modello da seguire, nelle mie canzoni di possono trovare dei buoni consigli, utili per affrontare la vita o una parte di essa.”

Per concludere, mi piacerebbe ritornare un attimo alle tue origini e chiederti com’è nata la passione per questo genere musicale?
“Guarda ce la siamo sempre vissuta io e mio fratello Raige: abbiamo iniziando recuperando un po’ quello che passava il convento e scoprendo così i nomi più famosi, con gli Articolo 31 e i Sottotono. La mia fortuna, anche quando ho cominciato è stata quella di aver conosciuto persone che avevano molta più esperienza di me, e parliamo di gente che già rappava da vent’anni, che mi hanno fatto crescere  e inserire bene. Tra questi ti cito DJ Double S che è un grande DJ di Torino, uno dei pionieri del genere in Italia e che mi ha trasmesso un grande amore per i dischi e mi ha fatto conoscere la storia di questa musica, trasmettendomi la passione e il rispetto per i nomi del passato. Alla fine, guardandosi indietro, nessuno si sta inventando niente di nuovo: quello che si fa oggi è già stato fatto dieci anni fa, lo stile è stato definito negli anni novanta; c’è chi lo stile decide di evolverlo, ma se mi chiedi di citare i miei rapper preferiti ti devo dire che sono tutti morti. Questo però, lo ripeto, non vuol dire che io sia un tipo alla “nostalgia canaglia”, ma se non avessi imparato la storia di questo genere, non potrei rispettarlo e caricarmelo sulle spalle. Sarei una bufala”.

 

Rispetto di tutti, paura di nessuno official video


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
Registrata presso il Registro Stampa del Tribunale di Milano, n. 345, il 9.06.2010.
EDITORE: Compact edizioni divisione di Phoenix associazione culturale