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11 Ottobre 2024

Rifugiati Uiguri: "I nostri figli in un campo di prigionia in Cina, chiediamo aiuto all'Italia"

di Maria Elena Gottarelli
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Rifugiati Uiguri: "I nostri figli in un campo di prigionia in Cina, chiediamo aiuto all'Italia"

Questa la disperata richiesta d'aiuto di Mihriban Kader e Mamtinin Albikim, una coppia di rifugiati originari dello Xinjiang, una regione divenuta teatro della più vasta deportazione di massa dalla seconda guerra mondiale, in cui quattro dei loro sette figli sono finiti in un campo di prigionia: i due genitori chiedono al nostro ministero degli Esteri di aiutarli a portare in salvo i loro ragazzi

Ignorata per lungo tempo dall’opinione pubblica e dai media, la persecuzione degli Uiguri nella regione cinese dello Xinjiang da parte di Pechino inizia a essere un argomento di attualità, dibattuto sia in Italia, sia all’estero. E’ noto al grande pubblico che gli Uiguri sono un’etnia di lingua turca e religione musulmana stanziata nello Xinjiang (ex Turkestan orientale, ndr), vittima da 70 anni di una persecuzione che, dal 2017, si è trasformata in un vero e proprio fenomeno di deportazione di massa. Al momento in cui scriviamo - stando alle ultime stime - tra gli 1,8 e i 3 milioni di Uiguri si trovano in un campo di prigionia, costretti ai lavori forzati, torturati fisicamente e psicologicamente. La maggior parte di loro non ha commesso nessun crimine, se non quello di non rinunciare alle proprie tradizioni e alla propria cultura. Molti prigionieri sono persone anziane in pensione, intellettuali, scrittori e artisti. Ma quel che è peggio è che di questa immensa folla di deportati fanno parte anche tanti bambini.
I figli di Mihriban Kader e Mamtinin Albikim sono stati deportati in un campo di prigionia a giugno 2020 da funzionari del governo cinese. Mihriban e Albikim sono una coppia di genitori di etnia uigura, rifugiata in Italia dal 2016. Sono dovuti scappare dallo Xinjiang a causa delle tante sanzioni per via dei loro ‘troppi’ figli (la politica del ‘figlio unico’ in Cina viene ancora oggi applicata nei confronti delle minoranze, soprattutto degli Uiguri, ndr). Sono fuggiti, quindi, portando con sé tre dei loro sette figli, affidando gli altri quattro ai nonni, i quali dopo poco tempo sono stati deportati in un campo di prigionia. Quanto ai ragazzi, essi sono stati trasferiti, inizialmente, in un orfanotrofio, dato che a quel punto nessuno poteva più occuparsi di loro. Dal 2019, quando cioè Mihriban e Albikim hanno ottenuto lo status di rifugiati in Italia, la coppia si è rivolta incessantemente al governo italiano, alle istituzioni e a diverse associazioni per portare i loro 4 figli in Italia tramite il ricongiungimento familiare. Un iter burocratico immenso, simile a un 'ping-pong' istituzionale, in cui nessuno si è mai assunto la responsabilità di aiutare la famiglia Kader-Mamtinin. Così, a giugno 2020, da soli e dall’Italia, Mihriban e Albikim hanno organizzato un viaggio per i 4 ragazzi dal Kashgar a Shanghai, dove si trova il Consolato italiano, che stando alle nostre autorità avrebbe dovuto elaborare i visti. Qui, però, tutto è andato storto: il Consolato ha negato la procedura, poiché i minori non erano accompagnati e non c’era nessuno a sostenere la loro richiesta: ai ragazzi fu detto di rivolgersi all’Ambasciata di Pechino.
Il 24 giugno 2020, mentre stavano facendo ritorno al loro hotel dal Consolato italiano di Shanghai, i 4 figli di Mihriban e Albikim sono stati catturati dalla polizia cinese e deportati in un campo di prigionia, contro la volontà loro e dei loro genitori. Da allora, la coppia uigura non ha mai smesso di appellarsi alle autorità italiane, chiedendo aiuto per mettere in atto le procedure di ricongiungimento familiare. Continuano a farlo tutt’ora, incessantemente, con la tenacia che solo due genitori in lotta per salvare i loro figli possiedono. Da soli, però, Mirhiban e Albikim possono ben poco contro gli enormi ingranaggi dello Partito comunista cinese. Sono venuti in Italia, sperando di poter vivere serenamente con i loro figli in uno Stato di diritto. “L’Italia è un Paese che riconosce i diritti umani fondamentali. Chiediamo al ministero degli Esteri e agli organismi diplomatici di far valere quei diritti, per noi e per i nostri bambini. Abbiamo bisogno di riabbracciarli, di sapere che stanno bene, di salvarli dall’incubo dei campi di prigionia”, scongiurano. E affondano: “Non smetteremo di lottare fino al nostro ultimo respiro, per dare ai nostri figli la possibilità di vivere una vita normale, lontano dai campi di prigionia. Ma sappiamo che da soli non possiamo farcela. Aspettiamo una risposta dalle istituzioni: non ignorate il nostro dolore”.

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NELLA FOTO QUI SOPRA: I 4 FIGLIOLI DI MIHRIBAN E ALBIKIM NEL CAMPO DI PRIGIONIA IN CINA

IN APERTURA: I DUE RIFUGIATI UIGURI CON I LORO 3 FIGLI A ROMA


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