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25 Aprile 2024

Sui passi di Peppino

di Cinzia Salluzzo Rovituso
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Sui passi di Peppino

La radio dei ‘siciliani onesti’ ha compiuto 5 anni. Dall’idea di Radio Aut, proseguendo il lavoro di Impastato, l’emittente ha dato vita a un network nazionale impegnato sui temi della legalità, dell’informazione, della cultura e dei diritti civili, come ci racconta in questa intervista suo fratello Giovanni  

Peppino Impastato era nato a Cinisi in una famiglia di mafia. Il marito di sua zia, Cesare Manzella, era un boss di prima grandezza nel firmamento delle coppole. Suo padre, Luigi, aveva un amico che era il numero uno di Cosa nostra, Tano Badalamenti. Ma Peppino "il ribelle", con quella mafia non voleva avere niente a che fare e decise di reagire a una condizione familiare ormai divenutagli insostenibile. Ancora ragazzo, rompe con il padre, che lo caccia via di casa, e avvia un'attività politico-culturale antimafiosa. Nel 1965 fonda il giornalino "L'Idea socialista" e aderisce al PSIUP. Dal 1968 in poi milita nei gruppi di Nuova Sinistra. Conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell'aeroporto di Palermo, in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati. Nel 1975 costituisce il gruppo Musica e cultura, che svolge attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti ecc.). Nel 1977 fonda Radio Aut, radio libera autofinanziata, con cui denuncia i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini (e in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti) che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell'aeroporto. Il programma più seguito dell’emittente era Onda pazza, trasmissione satirica con cui sbeffeggiava mafiosi e politici. Nel 1978 Peppino si candida nella lista di Democrazia Proletaria, alle elezioni comunali. Viene assassinato nella notte tra l'8 e il 9 maggio del 1978, nel corso della campagna elettorale, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia. Per 23 anni, provarono a seppellirne il ricordo sotto una montagna di falsi e calunnie per una ricostruzione di comodo che lo voleva alternativamente suicida o saltato per aria maneggiando l´esplosivo. La notizia della sua morte giunse nel giorno del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro. Nel cono d´ombra di una tragedia nazionale la fine di Peppino era una nota a margine in un´Italia squassata dal terrorismo. Non per chi quel ragazzo esile ma dotato di un´energia contagiosa lo aveva conosciuto. Da allora, amici e parenti, si sono impegnati in iniziative che mantenessero viva la memoria e il lavoro di Peppino: il Centro Peppino Impastato, biblioteca ed emeroteca; Casa Memoria (natanel 2005), voluta fortemente dalla madre di Peppino. La condanna di Gaetano Badalamenti, boss di Cinisi e bersaglio delle continue denunce e dell’impegno politico di Peppino, è arrivata solo nel 2002, 24 anni dopo l’assassinio. Il 7 dicembre del 2001, invece, la Commissione Parlamentare Antimafia ha consegnato a Felicia Impastato la relazione approvata all’unanimità che riconosceva le responsabilità di magistrati ed alte cariche delle forze dell’ordine nel depistaggio delle indagini sul Caso Impastato. Nel 2007 Danilo Sulis, l’amico di Peppino che lo aveva aiutato ad aprire Radio Aut, propone di riprendere il percorso interrotto con la riapertura della radio. Chiamare la nuova emittente Radio Aut sarebbe stato anacronistico, per questo il nuovo nome diventa Radio 100 passi (che, grazie all'eco del film, costituisce immediato riconoscimento dell’iniziativa anche all’estero). In cinque anni l’emittente si è sviluppata in un network nazionale impegnato a diffondere la cultura della legalità. Oggi oltre alle sede centrale di Palermo sono già operanti: “Rete 100 passi Hannover”, “Rete 100 passi Roma”, Rete 100 passi Milano e Rete 100 passi Bari, mentre altre sedi sono già in partenza. Grazie a internet, Radio 100 passi è una web radio ascoltabile in tutto il mondo. E i 100 passi che dividevano la casa di Peppino con quella di un Boss ben identificato, rappresentano il punto di partenza per le migliaia di passi da fare per contrastare organizzazioni, che, sempre più occulte, hanno globalizzato i loro interessi radicandosi in tutta Europa. Una comunicazione che, come ci spiega Giovanni Impastato, fratello di Peppino, vuole rendere gli ascoltatori partecipi, interattivi e protagonisti, diffondere la cultura della legalità sensibilizzando e orientando alla legalità le giovani generazioni. Perché difendere e praticare l’informazione libera ed indipendente, oggi, è ancora una mission difficile. 

Intervista a Giovanni Impastato 

“Sono trascorsi più di trent’anni dalla morte di mio fratello, ma fare informazione in Sicilia oggi è ancora molto difficile”. 

Trasmettere solo attraverso il web due anni fa sembrava un limite. Oggi, grazie alla tecnologia mobile, lo sviluppo dei social media, si può dire che avete 'giocato d'anticipo' e siete in vantaggio rispetto ad altre iniziative analoghe? 
“Ci sono stati grandi vantaggi, in questa scelta, il web è uno strumento che se è utilizzato nella maniera appropriata consente di raggiungere rapidamente un grande pubblico. In fondo abbiamo solo portato avanti l’idea di Peppino che negli anni ‘70 con un semplice microfono, entrava nelle case degli italiani in maniera dirompente”. 

L'esperienza di Radio Aut e, prima ancora, quella di Radio Sicilia Libera di Danilo Dolci (della quale Peppino aveva raccolto alcune intuizioni sul ruolo politico e sociale dei mezzi di comunicazione), pongono l'accento sulla realtà e i problemi del sud Italia. Il web consente di andare ovunque. Rispetto a un pubblico ben più ampio, si è allargata la lista problemi che voi denunciate? 
“Si è vero, la lista si è allargata sempre di più. Ci siamo occupati di racket, di prostituzione e abbiamo denunciato altri fenomeni mafiosi che riguardano il nostro territorio. Ci siamo anche posti il problema della comunicazione in Sicilia, soprattutto le difficoltà di quella alternativa. Sono otto i giornalisti uccisi dalla mafia in Sicilia dagli anni ’50 agli anni ’80 e tra questi c’era anche Peppino. La prima radio ‘libera’ fu quella di Danilo Dolci, Radio Sicilia libera, definita la “radio dei poveri cristi”. È stata la prima espressione di controinformazione radiofonica in un’Italia in cui l’unica informazione ad avere diritto di circolazione era quella pubblica. Una radio che ha potuto trasmettere solo 27 ore (dato che era illegale), portando l’esigenza di parlare dei problemi reali dei ceti sociali più deboli e degli aspetti più drammatici della realtà siciliana. Radio aut, invece, era legale (un giudice di Milano aveva legalizzato le frequenze). Grazie alla capacità di diffusione della radio, Peppino con una serie di denunce riuscì a impedire che la mafia portasse a termine alcune opere illegali (come la costruzione di un palazzo di 5 piani vicino a un aereoporto). Peppino ha utilizzato la Radio come strumento di denuncia ma, soprattutto, ha saputo utilizzare un linguaggio ‘diverso’, ironico. La trasmissione “onda Pazza” prendeva in giro i politici e i mafiosi. In radio Peppino Impastato era dirompente e credo che uno dei motivi per cui sia stato ucciso era proprio questo. In quel periodo non c’era facebook o il web, ma lui si armava della sua voce di volantini e ciclostile e riusciva a comunicare a un larghissimo pubblico. Radio 100 passi ha proseguito sull’esempio di Peppino facendosi portavoce di iniziative importanti e di un approfondimento culturale ampio (di recente, ad esempio, abbiamo dedicato uno speciale alla figura di Luigi Tenco). Sono trascorsi più di trent’anni dalla morte di mio fratello, ma fare informazione in Sicilia oggi è ancora molto difficile. Radio 100 passi è stata minacciata molte volte. Ora con l’insediamento della nuova Regione mi auguro che sia diverso”.
 

Oltre a Radio 100 passi sono molte le iniziative che sostenete come “Un ponte per la memoria” in collaborazione con il Museo della ‘ndrangheta, di cosa si tratta è perché quest’idea?
“Sarà un museo a cielo aperto con le pietre dell’inciampo, punti di memoria che saranno istallati a Reggio Calabria e Cinisi, ricchi di frasi di Peppino, dei ragazzi delle scuole e di chi ci viene a visitare. Sarà un modo per rendere visibile il famoso percorso dei cento passi. Sempre all’interno del progetto verrà ristrutturata una parte di Casa Memoria e Casa Balamenti (grazie a un finanziamento della Fondazione per il Sud). Lo scopo del progetto, oltre a mantenere viva l’immagine di Peppino, è quello di diffondere la cultura della legalità e dell’antimafia cercando di non dimenticare, conservando e vivificando la memoria storica”. 

La concessione di casa Badalamenti è stata una vittoria, i famosi cento passi colmati, quali altre iniziative vi svolgete? 
“Si tratta di una grande vittoria per la prima volta nella storia italiana dei beni confiscati un bene viene affidato alla parte lesa. Vi organizziamo moltissime iniziative sicuramente verrà realizzata una grande biblioteca in collaborazione con il Comune di Cinisi. Poi visto che la casa è molto grande, organizzaremo mostre e concerti (portando avanti l’idea del “Circolo Musica e Cultura” che Peppino aveva avviato negli anni ‘70). Diverse Associazioni collaborano con voi. Siete considerati da molti il simbolo dell’antimafia. Voi cosa ne pensate? “Sono agli altri che ci definiscono così, sono molte le associazioni che lavorano con lo stesso spirito sul territorio, chiaramente noi abbiamo un nome importante e di questo siamo orgogliosi. Noi continuiamo il lavoro svolto da Peppino, facendo rete cercando di lavorare a livello nazionale. Vogliamo far capire agli italiano che la mafia è un problema di tutti e che, oggi, riguarda soprattutto il nord Italia.

Avete ricevuto molte intimidazioni, l’ultima quella della pizzeria bruciata, che clima si respira attorno a voi?
“Si respira un clima pesante che mi ricorda gli anni dell’isolamento dopo la morte di Peppino. Sono molto preoccupato l’intimidazione che abbiamo ricevuto è un segnale molto negativo e le indagini sono molto allargate date le innumerevoli denunce che abbiamo fatto per proteggere il nostro territorio. Per portare avanti il nostro impegno contro la mafia dobbiamo essere più misurati e razionali”. 


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Questo articolo è tratto dal numero 1 di Periodico italiano magazine versione sfogliabile

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