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29 Marzo 2024

Metamorfosys.0

di Silvia Mattina - smattina@periodicoitalianomagazine.it
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Metamorfosys.0

Metamorfosys.0, scritto e diretto da Vittoria Faro, è uno spettacolo che contiene riferimenti importanti al mondo della fantascienza, del mito e anche alla teoria quantistica dei campi (energia punto zero), per approdare verso una riflessione relativa a una modernità sempre connessa con la tecnologia: un ‘mix’ micidiale, anche per i più arditi del genere. L'indagine della Faro sul rapporto tra umanità e intelligenza artificiale risulta 'rafferma' in un’estrema lentezza dei gesti, che trasforma la leggerezza non superficiale dell'opera ‘ovidiana’ in una pièce che apre un varco all'universo virtuale, al non umano, alla vera trasgressione, al realismo. La performance non riscopre il mito, ma lo utilizza in favore di una rivisitazione da film di fantasciMetamorfosy2.jpgenza. Su tutti, il colosso in 3D Avatar e il cult del genere apocalittico della serie Matrix. Come delle larve, tre ragazze prima si dimenano e poi escono dai loro involucri di plastica, dando inizio alla vita con la comparsa dell'homo sapiens. Un gorilla e una ragazza vestita di bianco, in ricordo della famosa 'sposa cadavere' di Tim Burton, rendono potenti i gesti nella loro ripetizione e ritualità, pur generando uno sforzo di decodificazione critica non indifferente, poiché posizionata sui labili confini della ‘calma ansiogena’ di ‘kubrickiana’ memoria. Tra corpi seminudi, contrasti cromatici di bianchi e di neri e musiche elettro-dark, la danza continua e si tinge di rosso, attraverso le convulsioni di una donna dalle vesti color passione, che brama una maschera di maiale nero. Una voce fuori campo, 'metallicamente impersonale', ricorda al pubblico che i personaggi non si muovono secondo il libero arbitrio, ma legati a un dio superiore, probabilmente alieno, rappresentato da una ‘memoria centrale’ supportata dagli antenati e generatrice di nuove forme di conoscenza. Questa ‘Cpu’ fornisce ai nuovi esseri tutti gli elementi del mito ‘ovidiano’, condizionandone le azioni. Si giunge, dunque, al concetto di 'caduta' degli esseri umani nella mutevolezza, nel supplizio dell'esistenza, ‘nell'eterno divenire dell'eterno’, dall'origine del mondo fino ai giorni della società contemporanea. Lo spettacolo rivela un 'horror-vacui' da terzo millennio e un immaginario fantascientifico che, tuttavia, ha il merito di non perdersi in una 'leziosità.0', nel mero simbolismo a ornamento dei gesti. Ciò che rimane è una critica piuttosto pessimista, che considera l’umanità composta da spettri che si muovono in una cornice, al contempo, dark e virtuale, quasi gotica. Spasmodico.

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