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28 Marzo 2024

Opera panica

di Raffaella Ugolini - rugolini@periodicoitalianomagazine.it
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Opera panica

Ci sono spettacoli che colpiscono, poiché capaci di stimolare la curiosità del pubblico. E’ questo il caso di ‘Opera panica’, presentato quest’anno dalla compagnia ‘DoveComeQuando’, per la regia di Pietro Dattola. Siamo pienamente nel campo del teatro surreale, innanzitutto, che presuppone un certo grado di riflessione da parte di chi guarda. Un testo di Alejandro Jodorowsky preso ‘a segmenti’, per costruire uno spettacolo in cui forte si percepisce il senso ‘tragicomico’ dell’esistenza umana. Episodi come la guerra, l’apocalisse, l’amore ideale, ma anche la scena ironicamente intitolata ‘Voglio il tuo posto’, scavano a fondo intorno a un’umanità che proprio non riesce a fare i conti con la propria identità, incapace di valutare il presente se non quando tutto risulta irrimediabilmente perduto. Anche il ‘segmento’ sull’amore idealizzato, in cui una ragazza cerca di far di tutto per aderire all’immagine stucchevolmente ‘fissata’ nella testa di un maschio rimasto ‘ancorato’ a una visione piatta e superficiale dell’universo femminile, narra assai più di quanto sembri a prima vista. Insomma, uno spettacolo che, in sede di analisi, consegna contenuti assai validi, ma che mantiene alcune tempistiche ‘irregolari’. Nella prima parte, lo spettatore, soprattutto se privo di ogni ‘chiave di lettura’, non viene aiutato a inquadrare la strutturazione artistica di uno spettacolo evidentemente ancora alla ricerca, esso stesso, di una propria identità. In seguito, quando si comprendono alcuni primi ‘barlumi’, paradossalmente il ritmo accelera, divenendo, in qualche caso, persino ‘repentino’. Ovviamente, siamo nel campo del teatro surreale e tutto questo ci può stare. Tuttavia, non sempre i contenuti arrivano come dovrebbero. E, alla fine, la rappresentazione appare persino un poco ‘ridondante’. Curioso.
 
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