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29 Marzo 2024

La Regina Coeli

di Liliana Manetti
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La Regina Coeli

Uno spettacolo di teatro civile contro ogni tipo di violenza e ingiustizia esercitata sui più deboli, che conduce verso l’imbarbarimento della nostra sempre più violenta umanità

‘La Regina Coeli’ è un monologo ideato da Carolina Balucani, drammaturga e regista, interpretato da Matteo Svolacchia. La trama è ispirata alle storie dei tanti giovani ragazzi morti in carcere e dedicata al dolore delle loro madri. Un giovane ragazzo tossicodipendente viene arrestato in un parco e condotto in prigione. Nella storia, il protagonista cerca di rappresentare metaforicamente la Pietà di Michelangelo per far comprendere la profodità del dolore di sua madre. Un richiamo valoriale e religioso rappresentativo dell’amore di tutte le madri, a cominciare da quello di Maria, la madre di Gesù. Il monologo è più stratificato e complesso di quanto non sembri a prima vista, poiché strutturato mescolando alcuni elementi di ‘avanguardia punk’ che tendono a trasporre la figura mistico religiosa del Cristo-Uomo deposto dalla croce, entrando in un preciso rapporto di perpendicolarità geoRegina.jpgmetrica e architettonica con l’elevatezza del dolore di una madre a cui è stato ammazzato il figlio. Si parla di religione in senso profondamente laico, specificando di continuo spazialità e confini, perimetri ed elevatezze. Elementi geometrici che squarciano il velo mistico-religioso, riportando alla luce un valore di rivalutazione della nostra stessa umanità. Una sorta di ‘disperazione geometrica’, sintetizzata in elementi che si potrebbero persino toccare. Come nella descrizione del ‘confine orizzontale’ generato dalla lapide, in cui tornano evidenti ulteriori elementi ‘spaziali’ che donano una connotazione precisa alla messa in scena, sin quasi a farci sentire il freddo del marmo che divide il corpo del figlio dalla povera madre, china sulla tomba mentre è intenta a piantare delle rose. Sono elementi fisico-estetici evidenti, che donano spessore a un monologo decisamente particolare, scavando nella storia della nostra stessa cultura nel tentativo di apportare materialità ai sentimenti, alla parte più nobile del nostro dolore. Perché se nessuno è più in grado di valutare spiritualmente la disperazione di una madre che ha perso un figlio, allora diviene necessario individuare una formula dialettica quasi fisica, al fine di farci ‘toccare con mano’ quel dolore. Matteo Svolacchia ha gli occhi rossi e, a volte, sembra piangere davvero, ricordando le statuette miracolose della Vergine Addolorata, che nei paesi fanno correre da tutte le parti i pellegrini, raccolti nelle più disperate preghiere. Un monologo che commuove per la sua innocenza e che, soprattutto, sottolinea i delitti che vengono commessi contro i più deboli: una grande ingiustizia da parte di chi ci dovrebbe difendere, rappresentando al meglio le nostre Forze dell’Ordine. Come non ricordare il ‘caso Cucchi’, l’uccisione in carcere del geometra romano che ha fatto riflettere l’Italia intera? Il testo, tuttavia, non vuol essere un riferimento preciso a taluni fatti di cronaca. Piuttosto, cerca di sensibilizzare il pubblico a riflettere sul dolore di chi resta, delle madri e delle sorelle, sulla profonda ingiustizia che rimane, per molto tempo, impunita e che, inevitabilmente, fa ancora più male. ‘La Regina Coeli’ è sicuramente uno spettacolo incentrato su un importante tema di denuncia sociale: è teatro civile. Fa riflettere e dà spazio a una tematica attualissima, a cui bisognerebbe concedere lo spazio che merita: una ‘piaga’ contro ogni tipo di diritto umano che conduce solamente verso la regressione, l’abbrutimento e l’imbarbarimento più assoluto. Edificante.


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NELLA FOTO: MATTEO SVOLACCHIA

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