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18 Aprile 2024

Costa Azzurra: quando volevamo fare la rivoluzione tra le braccia di BB

di Roberto Labate
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Costa Azzurra: quando volevamo fare la rivoluzione tra le braccia di BB

Al primo 'sprazzo' di bella stagione siamo subito tornati a rivedere i luoghi delle belle estati di Saint Tropez, in cui ‘les italiens’ andarono alla conquista (vittoriosa...) della ragazza più bella d’Europa: la mitica BB

La Costa Azzurra, quella zona della Francia meridionale che prosegue dopo la Liguria e la frontiera di Ventimiglia, è da sempre uno dei luoghi più emblematici di epoche passate e presenti, Percorrendola in macchina, come abbiamo voluto fare durante un recente ‘week end’ di follia, ci siamo accorti che si tratta di luoghi che trasmettono emozioni forti, dove vedi e puoi capire le trasformazioni e i drammi del mondo. Passando comodamente in automobile la frontiera di Ventimiglia non si può ovviamente non pensare che c’è chi, oggi, rischia la vita per superare questo confine in qualsiasi modo: sono i migranti, che arrivati spesso via mare in Italia, cercano di passare in Francia alla ricerca di un posto migliore in cui vivere serenamente. Arrivano da noi sospinti dal disagio, dalle guerre e dallo sfruttamento che le aziende occidentali, con il loro neo-colonialismo, praticano nei Paesi poveri sin dagli anni immediatamente successivi alla fase di decolonizzazione. Ma in quegli stessi anni, alcuni giovani italianSaint_Tropez.jpgi passavano questa frontiera con ben altre prospettive: quella di conquistare la ragazza più bella d’Europa, la mitica Brigitte Bardot. Dopo Ventimiglia, comincia la Costa azzurra: un posto da sogno, immersa in un mito quasi perenne. Qui, fra gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso, venivano Ernest Hemingway e i suoi amici artisti, Fitzgerald e Dos Passos, spesso scendendo da Parigi, che era la città d’arte in cui si rifugiava quella generazione di artisti che Gertrude Stein ribattezzò: “La generazione perduta” (Lost Generation). Sulla costa, si poteva godere del tepore del sole e un clima più mite rispetto a quello della capitale francese, situata molto più a nord. E fu qui che nacque il mito, fra Cannes (elegantissima), Nizza (la città del ‘nostro’ generale Garibaldi), Montecarlo (esclusiva e senza senso) e Sain Tropez (mondana e sfrenata), di una generazione di ‘vivaioli’, viveur, sfaccendati. Occorrerebbe trovare qualche definizione particolare per loro: gente che veniva qui a divertirsi, cercando di lasciar fuori i problemi del mondo (che comunque arrivano in altre forme, prima o poi). Questa zona era, per Hemingway, un ottimo punto di partenza per andare in Spagna a vedere le sue corride; per Fitzgerald, invece, rappresentava il luogo ideale per osservare queste generazioni di ‘belli e dannati’, i quali fra alcol, feste, amori e tradimenti, cercavano un’evasione alle loro vite, magari non particolarmente brillanti. A quella generazione, anni dopo ne succedette, nei tardi anni ’60 un'altra: ‘les italiens’, un gruppo di ragazzi simpatici e di buona famiglia, che andavano a divertirsi a Saint Tropez divenuto luogo del mito, poiché Brigitte Bardot vi aveva preso casa alla ‘Madrague’, il luogo delle nuove mode e delle libertà sessuali che si affermavano a partire da quel posto. E che poi si diffusero ovunque.
Venivano tutti qui, a Saint Tropez, prendendo questa strada affascinante, che scende lungo un paesaggio magico tra gli odori del mare mescolati a quelli della macchia mediterranea. Una costa incantevole, dove forse ci si vorrebbe perdere, per vivere tutte le avventure che si possono immaginare e non tornare più alla ‘realtà di sopra’: quella della strada e dell’autostrada che riporta, in qualche modo, al mondo reale. E qui, infatti, giunse il gruppo guidato da Gigi Rizzi e Ira Furstenberg. Lui era un playboy, vero o presunto, bello, giovane e simpatico, che cominciò ad animare le notti e le serate folli dei locali di Saint Tropez, dove tutti andavano per incontrare autentici mattatori che passavano di serata in serata e di amore in amore, con le belle francesi, turiste o del posto. Tanto che nacque la famosa storia, ripresa da tutti i rotocalchi, tra Gigi Rizzi e la bella Brigitte, autentica ‘femme fatale’ di una Francia in pieno 'boom' economico. Una ragazza dal fascino infinito, che come lo stesso Rizzi disse, probabilmente era "incuriosita da questo strano ragazzo che con lei non ci provava". Possono sembrare storie stupide, da rotocalco. E, forse, lo sono sempre state. Ma Saint Tropez, grazie anche a queste vicende, divenne un centro culturale francese, europeo, mondiale. Ci andavano tutti, a Saint Tropez: artisti, scrittori, musicisti, persino i Pink Floyd. Tutti volevano andare lì a misurarsi col mito, ad assorbire qualcosa di quel posto. Non si capiva neppure come vivessero 'les italiens': questo giro di ragazzi simpatici, di playboy che non si capiva se pagassero, o se fossero pagati, dagli alberghi che li ospitavano o dai locagigi_rizzi_brigitte.jpgli che frequentavano. Forse non pagavano, dato che attiravano la folla. Poi si spostavano e andavano 'far danni' al Festival di Cannes. E nelle notti d’estate più calde sostavano da un’altra parte, conducendo una vita sempre ‘sopra le righe’: un’eterna "fiesta mobile", come l’aveva definita Hemingway alcuni decenni prima. Sappiamo che, in seguito, per Gigi Rizzi e questo gruppo di persone le cose non andarono affatto bene: fra alcool, cocaina e feste, pensarono di sfruttare la loro popolarità aprendo dei locali a Roma e Milano, che però andarono male. Uno di questi venne chiuso, anche perché fu trovata molta droga nei bagni. Lo stesso Gigi Rizzi, forse toccato dalla fama per esser stato “l’amante di BB” per un’estate, quella del 1968, in questi episodi fatui conobbe e intraprese, n realtà, la strada verso l’autodistruzione, a cui arrivò molto vicino per riprendersi anni dopo, quando mise su un’impresa agricola in Argentina e si fece una famiglia.
Ancora oggi, rivedere le foto in bianco e nero di quell’epoca e ascoltare certi brani musicali, con quella voce rauca e profonda che qualcuno gli fece fare sfruttando la sua notorietà, genera una grande malinconia. Ed è, infatti, la malinconia, oggi, a dominare questi posti e questa storia. La malinconia di vedere sempre più locali con le porte chiuse, da anni ormai, se non da lustri. Il mito di un’epoca che non esiste più, o un periodo che non può più esistere. Forse è bene così. O forse, sta arrivando qualcosa di diverso, che ancora non si riesce a vedere o a distinguere bene.

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