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20 Aprile 2024

Non piangeremo per te, Argentina

di Stefania Catallo
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Non piangeremo per te, Argentina

Come un viaggio di lavoro su invito di un ateneo si trasforma in una semplice gita turistica, durante la quale vieni controllata e ‘spiata’ in maniere irruenti, sospettose e ‘appiccicose’

L'appuntamento con il XII convegno di Storia orale, tenutosi ai primi di ottobre presso l'università di San Miguel de Tucuman, nel nord dell'Argentina, è stata un'occasione per visitare questo Paese. A 40 anni dal ‘golpe civico-militare’ del generale Videla, che causò la ‘desaparicion’ di 30 mila persone e dopo l'avvicendarsi di governi più o meno riformisti, dal dicembre dello scorso anno si è insediato a Buenos Aires come nuovo presidente della Repubblica argentina, Mauricio Macrì, un esponente di origini italiane. Questo ‘neo-liberista’ ha ‘chiuso’ con la linea politica dei Kirchner e ha deciso di operare in maniera totalmente opposta, sia in economia, sia nell'affrontare i temi dei diritti umani, per i quali il popolo argentino si è battuto a lungo. “Dimentichiamoci l'Europa” è il motto della nuova fazione conservatrice al potere, guidata da questo ex presidente del Boca Juniors: il solito ‘riccastro’ di cui si innamorano in molti, a quanto pare. Perché l’Europa, pur con tutti i suoi limiti, garantisce libertà di espressione e di pensiero. Invece, a Tucuman di politica non se ne parla più: nei 'cafè' o a bordo dei numerosissimi taxi si sentono soltanto lodi per il nuovo governo, che a differenza di quello vecchio non si sta certo risparmiando nel proprio sforzo demagogico e populista. Si osanna una leadership che vuole garantire un reddito adeguato per tutti, ma nelle strade commerciali di ogni città argentina si vende tutto a rate: dai vestiti da pochi pesos, ai profumi francesi. E le 'file' davanti alle agenzie finanziarie sono lunghe interi isolati. Un ‘Gabinete’ che, a parole, dice di voler assicurare il rispetto dei diritti umani e personali, ma che per il solo fatto di essere cittadina dell’Ue ti sequestra l’agenda all’aeroporto quando stai per uscire dal Paese, al fine di controllare quali ‘appunti’ hai preso durante il tuo soggiorno: come nei più classici degli Stati totalitari. Così come vieni regolarmente controllata da agenti in borghese mescolati tra la folla, che vogliono sapere perché stai scattando delle foto nel centro storico. Insomma, all’improvviso l’Argentina sta di nuovo scivolando verso il 'baratro' delle democrazie ‘finte’ e autoritarie. Il controllo dei servizi segreti interni viene esercitato anche nei luoghi di istruzione, dove è stata ‘rispolverata’ la ‘censura’. Giunta a Tucuman su invito della facoltà di Lettere e Filosofia del locale ateneo, al fine di presentare una relazione sulla memoria storica degli esuli argentini che oggi vivono a Roma, mandati in esilio durante la dittatura, l’intervento viene cancellato da un giorno all’altro, per motivi ancora non del tutto chiariti. Da quanto si è compreso, si trattava di un atto puramente formale, funzionale a far sapere che anche all’estero ci si occupa di Storia dell’Argentina. Si è inoltre dato per scontato, a quanto pare, che un’italiana non potesse permettersi un biglietto aereo di andata e ritorno per Buenos Aires che riuscisse a raggiungere addirittura la regione di Tucuman, nell’angolo nord-occidentale del Paese. Ecco la vera ‘immagine’ che l’Argentina ha degli italiani: un popolo pigro, che attraversa una dura fase di depressione economica, poiché ormai ridotto sul 'lastrico' quasi come la Grecia. Mentre il mondo si dibatte tra ‘teatri di crisi’ molto complessi, quali quello siriano e libico, non ci si accorge della nuova fase di ‘involuzione’ che sta avvenendo a Buenos Aires. Ciò mentre le madri di ‘Plaza de Mayo’ vengono minacciate di sfratto o intimidite con le ‘molotov’. E i luoghi deputati alla memoria dei ‘desaparecidos’ vengono spogliati dei loro archivi storici: evidentemente, la memoria fa paura. Ora, si stanno intentando anche una serie di ‘processi riabilitativi’ dei genocidi: a quanto pare, molti militari ‘golpisti’ dell’epoca furono le vere vittime dei fermenti politici degli anni '70. Una fase storica contro la quale vengono scritte, ogni giorno, montagne di falsità, con buona pace dei trentamila scomparsi. L'Argentina sta tornando nel buio dei suoi anni più dolorosi. Ma cancellare la memoria non potrà provocare altro che l'oblio, nei confronti di un Paese che non conosce vie di mezzo, poiché incapace di mantenere al proprio interno una dialettica democratica moderna, rispettosa dei diritti di chi dissente o, semplicemente, la pensa in un altro modo.

 
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Nella foto: il Governo Macrì nel giorno del proprio insediamento

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