Il grande regista torna sulla crisi del cinema italiano: “Per anni si è sperperato denaro pubblico, si tornino a fare buoni film con poco budget”

Al via la terza edizione del Festival del Cinema del secondo Municipio a Forte Antenne, l’affascinante fortezza tardo-ottocentesca immersa nel verde di Villa Ada Savoia a Roma. Uno spazio pubblico poco conosciuto, che l’amministrazione intende valorizzare grazie a progetti culturali gratuiti per tutta la cittadinanza. Anche quest’anno, la manifestazione offre un ampio programma di eventi che dureranno fino a ottobre, tra proiezioni, musica, concorsi, visite guidate, talk, dibattiti e attività per i più piccoli. Tra le anticipazioni, tutti i giovedì d’estate il Festival ospiterà un giovane regista alla sua opera prima. L’iniziativa è promossa dal Municipio II di Roma Capitale ed è organizzata da Condominio Aps, in collaborazione con Hollywood Tutto sul Cinema, tra i progetti culturali vincitori dell’avviso pubblico 'Estate Insieme' 2024-2026.
La stagione 2025 è stata inaugurata lo scorso martedì, 20 maggio, alla presenza dell’assessore capitolino alla cultura, Massimiliano Smeriglio e della presidente del Municipio II, Francesca Del Bello, con la moderazione dell’attore e sceneggiatore Francesco Marioni. Ospite d’eccezione della prima serata: Pupi Avati, reduce dal Premio David di Donatello alla Carriera. Classe di ferro 1938, il grande Pupi Avati ha all’attivo 55 film nell’arco di una carriera lunga cinquant’anni. E di cinema se ne intende. Per questo, oltre che per una riconosciuta equidistanza politica, grazie alla quale si è sempre astenuto da prese di posizione aggressive e ostili, sull’argomento è un interlocutore autorevole e apprezzato da tutti. Sul futuro del cinema italiano, che Avati vede “nero”, il regista sta portando avanti un intenso dialogo con tutte le forze politiche, chiedendo l’istituzione di un tavolo bipartisan per il cinema. Questa agenzia dedicata alla settima arte dovrebbe operare sotto l’egida del ministero della Cultura, però con una sua autonomia, ma anche in collaborazione con il Mef. Perché il cinema è un’industria e le industrie hanno bisogno di soldi.
Dialogando
con il pubblico dell’arena, Avati è tornato sulla crisi in atto nel settore, che al momento vede oltre 180mila persone disoccupate e ha espresso apprezzamento per iniziative come questa: “Un microcosmo” da cui ripartire, perché il cinema “non è fatto di red carpet, ma di buoni film. I grandi capolavori del cinema", ha ricordato il regista bolognese, "sono stati fatti con budget bassi, mentre invece sono anni che si sperpera denaro pubblico. Abbiamo girato 'La casa dalle finestre che ridono' [suo film del 1976, ndr] con una troupe di 12 persone: ci si arrangiava”. Serve insomma che si torni a fare cinema di alta qualità a costi contenuti. In secondo luogo, il cinema ha bisogno anche di gente che vada a vedere i film in sala: “Le sale chiudono ovunque, tranne che in Francia”, ha aggiunto Avati, “perché la Francia ha una legge che tutela il cinema, mentre da noi, e nel resto d’Europa, la legge tutela le piattaforme. In Francia, tra l’uscita di un film in sala e in tv passano 15 mesi, qui invece due mesi e mezzo”.
È quello che la normativa prevede per le cosiddette 'finestre di distribuzione cinematografica', cioè il periodo durante il quale un film è mostrato in esclusiva sul grande schermo, prima di essere diffuso attraverso altri fornitori di servizi di media audiovisivi (streaming, on demand, Dvd, Tv in chiaro). Una 'finestra' che, in Italia, è fissata a “centocinque giorni decorrenti dalla data di prima proiezione in pubblico”, ridotti a “sessanta giorni se l’opera è programmata in sala cinematografica in meno di ottanta schermi e dopo i primi ventuno giorni di programmazione cinematografica ha ottenuto un numero di spettatori inferiore a cinquantamila”, come stabilito dal D.M. n. 251 del 12 luglio 2023. Una norma che, secondo Pupi Avati, contribuisce a disincentivare l’appeal delle sale cinematografiche, insieme alla generalizzata scarsa qualità delle produzioni.
L’ultima pellicola di Pupi Avati, il gotico 'L’orto americano', è stata presentata fuori concorso alla Biennale di Venezia nel 2024 per uscire nelle sale a marzo 2025. Ma il maestro ha già in cantiere il prossimo film: “Ho sempre un’idea, ce l’avrò anche quando non ci sarò più”, ha concluso Pupi Avati, replicando quanto aveva già espresso in occasione della premiazione ai David di Donatello. Ancora top secret l’argomento. Prodotto da DueAFilm in collaborazione con Rai Cinema, il film sarà interpretato da Isabella Ferrari e Massimo Ghini e ambientato a Jesolo (Ve), dove le riprese si svolgeranno dal 26 maggio al 14 giugno, per poi spostarsi nel Lazio. Nell’attesa, ci siamo gustati la visione de 'La casa dalle finestre che ridono': un cult del genere 'gotico padano' del 1976 virante verso toni noir e horror, proiettato a Forte Antenne dopo il dibattito con il pubblico. Protagonista: un vecchio casale cigolante nel profondo ventre della campagna tra Bologna e Ferrara, percorso da fantasmi e sinistri scricchiolii. Una sagoma massiccia e deserta, popolata da immagini terrificanti. Una storia apparentemente semplice, ma carica di mistero sospeso, dedicata a chi cerca emozioni passate e, forse, dimenticate, nell’intreccio della tradizione favolistica 'nera' italiana.
