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25 Aprile 2024

Se la coppia scoppia

di Carla De Leo
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Se la coppia scoppia

Quando e perché le relazioni smettono di ‘funzionare’? E, soprattutto, c’è un ‘tempo’ e un ‘modo’ per recuperare il perduto amore? Ne parliamo insieme alla professoressa Grazia Attili, esperta in terapia di coppia e docente di psicologia sociale all’università ‘La Sapienza’ di Roma

Può succedere all’improvviso: ti svegli una mattina e capisci che vivere in due non è più la stessa cosa; oppure più lentamente, con un succedersi di malumori, ‘pizzicate’ verbali, frasi nervose che sfociano in litigi, incomprensioni inconciliabili. Che sia in un modo o in un altro, il risultato non cambia: è la coppia che scoppia. C’è chi tenta di ‘lavorarci su’, di elaborare e a volte funziona.
Altre volte ci si tracina per mesi o addirittura anni incaponendosi nel non voler ammettere che è finita. Perché quando si tratta di relazioni di coppia nulla è mai semplice.  Perché litigare non vuol dire che va tutto male. Anzi, litigare è inevitabile e, secondo gli esperti, è addirittura ‘indispensabile’.
Ma allora, qual è la ricetta per un rapporto di coppia stabile e felice? E quando invece dobbiamo riconoscere che un amore è inesorabilmente finito? Lo abbiamo chiesto alla professoressa Grazia Attili, esperta in terapia di coppia e docente di psicologia sociale presso l’università di Roma ‘La Sapienza’.
 
Professoressa Attili, esiste l’amore per sempre?
“I legami di coppia si trasformano nel tempo. La sensazione che si spengano deriva spesso dalle aspettative irrealistiche da parte dei partner, sul come dovrebbe essere l’andamento della relazione. In particolare, per esempio, sull’intimità sessuale. Invece la relazione di coppia si snoda attraverso un innamoramento, una fase di amore vera e propria, per poi diventare un rapporto di grande complicità. E in tutto ciò il fatto che ci si veda o ci si parli di meno, non significa che l’amore stia finendo”.

Quando si può affermare che una relazione è giunta al capolinea?
“Questo aspetto è dovuto alla capacità che hanno i due partner di relazionarsi tra loro: darsi reciprocamente conforto, capire e cogliere i problemi e i punti di vista dell’altro, consigliarsi. Le coppie che invece si allontanano sono quelle in cui questo relazionarsi viene a mancare. Per una serie di motivi che possono essere legati alla struttura della loro personalità, a come sono stati trattati da piccoli dai loro genitori, a influenze di tipo sociale molto forti. Ci sono infatti anche delle pressioni sociali che pongono come ‘ottimale’ arrivare alla conclusione del rapporto appena qualcosa non funziona. Insomma, viene meno la capacità di contrattare le posizioni, di chiarirsi e di parlarsi”.

Quali sono i ‘campanelli di allarme’?
“Nei rapporti di coppia non ci sono segnali improvvisi. I rapporti si costruiscono e si distruggono progressivamente, nel tempo. Essenzialmente si costruiscono. Quindi, se i due partner giorno per giorno non prestano attenzione ai bisogni e alle esigenze l’uno dell’altro, non alimentano quella necessità di essere compresi e di avere un complice. Ed è chiaro che, in questo modo, il rapporto si deteriora. Non c’è dunque un segnale, ma una progressione di segnali che entrambi non sa cogliere. Perché magari è troppo preso dai propri interessi”.

Litigi o indifferenza rappresentano il punto di non ritorno?
“In tutte le coppie i litigi ci sono sempre. Anzi, è impossibile non litigare. Perché le persone provengono da storie personali e familiari diverse. Ed è ovvio, quindi, che ad un certo punto emergano le personalità. E con esse, magari, delle differenze di prospettive o anche di valori”.

Secondo un recente studio condotto dalla specialista Wendy Troxel per il dipartimento della Difesa statunitense, andare a letto in orari differenti è motivo di stress e di insoddisfazione all’interno di una coppia. Come soluzione, lo studio propone ai partner di andare a dormire in camere differenti: potrebbe dirci il suo pensiero al riguardo?
“Personalmente non ne capisco il senso: andare a dormire separati non fa altro che accentuare la distanza perché, ancor di più, i due partner non hanno modo di incontrarsi. Sia quando la non sincronizzazione del sonno è dovuta ad esigenze lavorative, sia quando è frutto di ritmi biologici differenti. Quanta più distanza si mette con il partner, che impedisce tutta una serie di dimensioni intime, come il sentire il calore e l’odore dell’altro, così come il contatto affettuoso, tanto più il rapporto si perde”.

Quando in una coppia i partner intuiscono di avere dei problemi e si mostrano intenzionati a risolverli, si rivolgono a uno specialista: in cosa consiste la terapia di coppia?
“Le terapie di coppia, come tutte le terapie, sono di approcci diversi. Dipende dal terapeuta. In base alla mia esperienza, vedo che quello che funziona di più è una terapia in cui i due partner vengono costantemente spinti, attraverso il racconto dei litigi e delle incomprensioni, a prendere il punto di vista dell’altro e a mettersi in un atteggiamento di empatia nei riguardi di quello che l’altro prova. Il terapeuta che lavora molto su queste dimensioni, quindi anche sull’impegno dei due partner, indica una serie di competenze relazionali che evidentemente sono venute meno all’interno della coppia, o che non ci sono mai state. per fare un esempio: si richiama l’attenzione di uno su come in certe situazioni non ha ricordato o non ha mostrato interesse verso quello che ha fatto l’altro”.


Prima del punto del ‘non ritorno’, esiste una sorta di ‘tempo utile’ entro il quale intervenire per salvare dal fallimento una coppia in crisi?
“prima di prendere decisioni definitive è consigliabile sottoporsi a una terapia. Perché spesso, in una relazione di coppia, una persona si porta dietro il bagaglio di un infanzia problematica, che comporta un’interpretazione dei bisogni che derivano da ciò che è accaduto e di come tutto ciò viene proiettato sul partner e sulla relazione di coppia. Dunque, è ovvio che sia preferibile intervenire subito per risolvere tali conflitti. Ed è vero anche che quando una rottura definitiva è inevitabile, più tardi arriva quel momento, meglio è. Specialmente se ci sono dei figli, Una cosa che purtroppo non si riesce a far passare, è che non sono solo gli adulti ad avere il diritto alla felicità. La felicità degli adulti è e deve essere sempre secondaria alla felicità e ai diritti dei loro figli”.

La terapia è indicata anche a chi è fidanzato e non convive?
“La scelta della terapia è determinata dalla volontà di salvare un rapporto e di capire perché esso non funzioni. Perché la rottura di un rapporto di coppia rappresenta sempre un fallimento. Significa non essere stati in grado di capire e di farsi capire”.

Oggi le coppie in crisi sono molte di più rispetto al passato: secondo lei, questo aspetto è legato al fatto che prima si tendeva maggiormente a nascondere i problemi, oppure è frutto di una società che affonda le radici in valori completamente differenti?
“Secondo me la società odierna favorisce il fallimento. Ora che tutto è possibile, che ci si può separare sempre e comunque, la mia impressione è che le persone non facciano nessuno sforzo per cercare di capire le esigenze dell’altro. Quindi, appena qualcosa non va, si innesca un meccanismo ‘usa e getta’ per cui un rapporto viene immediatamente dato per concluso. Non ci si sforza di capire, non si pensa che i problemi dell’altro possano avere delle loro motivazioni. C’è una  incapacità di mettersi nel punto di vista dell’altro. Si è presi soltanto dai propri bisogni e si  molla subito. Senza pensare invece che un rapporto duraturo e la capacità di mantenere un rapporto è una risorsa”.

Esiste una ‘formula’ o una ‘ricetta’ della felicità?
“Non esistono ricette. Le coppie che funzionano sono quelle che riescono a risolvere i conflitti con la negoziazione, con il compromesso. Cioè, sono quelle che hanno fatto una scelta e che riconoscono che quel partner per loro è importante. E quindi sono disponibili ad arrivare al compromesso, a perdonare gli errori dell’altro. Ma questa disponibilità deriva dalla struttura di personalità dei due partner. Facciamo un esempio: i partner più fragili, quelli cioè che hanno più bisogno di comandare o quelli che hanno bisogno di un rapporto molto simbiotico, di fronte al minimo conflitto pensano che quella sia la fine della loro relazione. E reagiscono cercando di controllare l’altro o di essere coercitivi, invece di arrivare al compromesso. Ma ci sono anche le persone che davanti a un litigio, considerandolo subito momento conclusivo del rapporto, evitano il dialogo e fuggono dalla conversazione e dalla negoziazione. Ma un rapporto di coppia è un rapporto che si basa su una certa competenza relazionale. E se i due partner non ce l’hanno è chiaro che il rapporto poi finisce. Le persone che riescono a mantenere i loro rapporti sono quelle che entrano nell’ottica di prestarsi molta attenzione l’un l’altro. Per cercare di capire i reciproci bisogni affettivi ed emotivi. Mettendosi, dunque, nella posizione di saperli accogliere”.

Approfondimento:
Gestione del conflitto /Come evitare il demand-withdraw
Capire la dinamica del litigio di coppia

di Francesca Buffo


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Questo articolo è tratto dal numero 7 di Periodico italiano magazine versione sfogliabile

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