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1 Maggio 2025

Aspettando Cannes 2025

di Anna Maria Baiamonte
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Aspettando Cannes 2025

In attesa di saperne di più della selezione ufficiale delle pellicole in concorso, ecco cinque film da vedere o riscoprire presentati sulla croisette nelle ultime decadi
 
Siamo ormai in trepida attesa della 78esima edizione del Festival internazionale del cinema di Cannes, storico concorso cinematografico secondo solo alla Mostra dell'arte del cinema di Venezia per longevità. Riconfermata al suo secondo mandato triennale la presidente della manifestazione, Iris Knobloch, a presiedere la giuria sarà l’attrice francese Juliette Binoche, vincitrice, tra gli altri premi, della Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile in 'Tre colori - Film blu' del 1993 e Oscar come migliore attrice non protagonista nel 'Il paziente inglese' del 1997. La Binoche succede così alla regista americana Greta Gerwig, nota per il campione d’incassi 'Barbie' del 2023. La cerimonia di apertura vedrà la premiazione di Rober De Niro con la Palma d’oro onoraria alla carriera. In attesa del grande evento, ecco 5 film da vedere o riscoprire, che sono stati presentati sulla croisette nelle ultime decadi.

Apocalypse ApocalypseNow.jpgNow (1979)
La seconda metà degli anni '70 del secolo scorso fu segnata da due importanti riconoscimenti per il cinema italiano a Cannes. La Palma d’oro per il miglior film venne, infatti, assegnata, nel 1977, a 'Padre padrone' dei fratelli Taviani e, nel 1978, a 'L’albero degli zoccoli' di Ermanno Olmi. L’anno successivo, il riconoscimento va al capolavoro visionario di Francis Ford Coppola, già vincitore nel 1974 con l’efficace thriller a sfondo tecnologico 'The Conversation'. Ispirato a un classico della letteratura statunitense, 'Cuore di tenebra' di Joseph Conrad (1899), il costosissimo 'Apocalypse Now' è un viaggio allucinato e senza ritorno nell’inferno della guerra del Vietnam, sullo sfondo di una giungla terribile e primitiva. Il film vede protagonisti un magistrale Marlon Brando nei panni del colonnello Kurtz, Robert Duvall è il tenente colonnello Kilgore e ancora, tra gli altri, Martin Sheen, Dennis Hopper e Harrison Ford. C’è un po’ di Italia anche in questo premio, grazie all’accurata fotografia di Vittorio Storaro. Un film da rivedere, per ricordare quanto atroce sia la guerra.
 
Paris, Texas (1984)
La carriera di Wim Wenders, esponente di primo piano del cosiddetto Nuovo cinema tedesco, è costellata di opere magistralmente poetiche. Per citarne alcune: 'Il cielo sopra Berlino', premio per la miglior regia a Cannes 1987, trasognata storia d’amore tra un angelo e la trapezista in un circo; il sequel del 1993, da noi intitolato 'CoParis_Texas.jpgsì lontano così vicino', che vinse il Gran Prix speciale della giuria; fino a 'Perfect Days', che nel 2024, sempre a Cannes, ha valso a Kōji Yakusho il premio per la miglior interpretazione maschile. Sia come sia, noi consigliamo di rivedere 'Paris, Texas': una storia d’amore dal sapore amaro. Abbandonato dalla giovane moglie Jane (l’iconica Nastassja Kinski, ndr), dalla quale ha avuto un figlio, Travis si trincera dietro un ostinato isolamento. Insieme al bambino, ormai di otto anni, parte alla ricerca della donna, che ritroverà in un quartiere poco elegante di Los Angeles a lavorare in uno squallido locale per uomini. Un road movie malinconico, che parla di legami fragili, di silenzi e di solitudini. La Paris del titolo, infatti, non allude alla scintillante capitale francese, bensì a un lembo di terra desertica al confine tra gli Stati Uniti e il Messico.

Sesso, bugie e videotape (Sex, Lies, and Videotapes, 1989)
James Spader e Andie MacDowell, insieme a Laura San Giacomo e Peter Gallagher, sono i protagonisti del film dello statunitense Steven Soderbergh, vincitore della Palma d’oro come miglior film nell’edizione che chiuse una memorabile decade. Autore di spy dramas di successo come 'Ocean’s Eleven' del 2001 e attualmente sugli schermi con 'Black Bag, Doppio gioco', lo sperimentale Soderbergh firmò questa fortunata produzione indipendente, poi acquisita dalla Miramax. Un film, provocatorio e intelligente, ruota attorno alle vicende di quattro trentenni annoiati tra tradimenti, intrighi e voyerismo. Ottima la sceneggiatura originale, per un vero cult degli anni '80 che ha segnato un'intera generazione.

L’odio (La Haine, 1995)
“Questa è la storia di un uomo che cade da un palazzo di 50 piani. Cadendo, il tizio per farsi coraggio si ripete: Jusqu’ici tout va bien… Fin qui tutto bene… Il problema non è la caduta, ma l’atterraggio”. È il memorabile incipit del cult diretto e sceneggiato da Mathieu Kassovitz ormai trent’anni fa, ma ancora del tutto attuale grazie a un linguaggio innovativo e a una potente colonna sonora, scandita da brani hip hop, funk e raggae. Ispirato a un fatto realmente accaduto, il film è la cronaca in bianco e nero delle 24 ore trascorse da tre giovani amici (Vincent Cassel, Hubert Koundé e Saïd Taghmaoui, ndr), che vagano nella banlieue parigina alla ricerca di un compagno ferito negli scontri con la polizia. Un film duro, che parla di disagio e violenza, ma anche di interculturalità, solidarietà e amicizia. Premiato proprio a Cannes per la miglior regia, il film è diventato presto un vero e proprio fenomeno sociale. Una curiosità: alla presentazione, nel corso della 48a edizione del Festival, gli agenti di sicurezza hanno voltato le spalle al team mentre saliva la scalinata del Palais des Festivals, in segno di protesta contro un film considerato “anti-polizia”.
 
Festen (1998)
Scritto e diretto dal danese Thomas Vinterberg, è un film che lascia letteralmente a bocca aperta. Vinterberg è stato co-ideatore, insieme a Lars Von Trier, di 'Dogma 95', manifesto avanguardista che dettava le regole di un cinema 'casto', sobrio e austero, epurato da artifici stilistici, filtri ed effetti di postproduzione. Tre anni dopo la stesura di 'Dogma' viene presentato 'Festen', vincitore del premio speciale della giuria alla 51esima edizione del Festival. È una storia famigliare dissacrante e dolorosa, che si consuma durante un giorno d’estate, in una tenuta di campagna dove amici e parenti sono invitati per festeggiare i sessant’anni del venerato capofamiglia. Il clima è però turbato dalla morte, avvenuta un anno prima, di una delle figlie del padrone di casa. Miliare la scena in cui il patriarca, nel bel mezzo del pranzo, si alza, tintinna la forchetta sul bicchiere per richiamare l’attenzione dei convitati e si appresta a fare un annuncio sconvolgente. Di Vinterberg consigliamo, tra gli altri, 'La comune' del 2016, per la stessa capacità di stordire lo spettatore con un epilogo tanto doloroso quanto il ritmo è umoristico e spensierato. Il più recente 'Un altro giro', del 2020, nonostante l’originale idea di fondo e la presenza scenica di Mads Mikkelsen, non riesce a nostro avviso a trafiggere lo spettatore con altrettanta durezza. Che è quello che ci si aspetta, d’altronde, dal cinema scandinavo.
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