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25 Aprile 2024

Biagio Conte: l'angelo dei poveri

di Caterina Di Perri
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Biagio Conte: l'angelo dei poveri

Di questi tempi, dove l’Altro e il diverso fanno paura, la vita di questo missionario laico, la sua coerenza nella rappresentazione del bene dovrebbe rimanere ben impressa, per non dimenticare che l’umanità ha bisogno d’amore

È capitato a tanti, compresa la sottoscritta, di incontrare per strada Biagio Conte, il missionario laico, palermitano, venuto a mancare lo scorso 12 gennaio. Non conoscendo la sua storia, averlo incontrato, nell’aprile del 2015, sul ciglio di una superstrada vestito di un saio, con dei sandali ai piedi e una croce di legno sulle spalle, di primo acchito è stata un’esperienza surreale: in un contesto suburbano, vedere una figura che sembrava uscita da un racconto medioevale non era una cosa tanto usuale. E con una croce, poi!  Ma la voglia di sapere chi era e perché era lì, è stata tanta. Magari, molte altre persone come me si sono interrogate, mentre altre non se ne sono curate. Mi sono detta: "C’è sicuramente un messaggio nel cammino di quell’uomo con la croce". Ha camminato tanto Biagio in Sicilia, in Italia, in Marocco e in Europa, dove nel 2019 ha toccato tante pellegrino.jpgnazioni nel suo viaggio penitenziale. Egli, allora, portava simbolicamente con sé un messaggio per scuotere le coscienze europee in fatto di accoglienza per i fratelli migranti e per tutti gli emarginati del mondo. Molti, in seguito alla sua morte dopo una lunga malattia, in questi giorni ricordano Fratel Biagio, poiché con le sue azioni ha risvegliato molti interrogativi sull’esistenza e il suo significato.

Il messaggio di Biagio Conte
Il richiamo alla figura del Cristo era inequivocabile nella sua personale via crucis per le strade del mondo: tanto bastava a creare quesiti interiori a quanti lo incontrassero. Biagio Conte parlava agli ultimi, ai sofferenti, a quanti costretti dalla vita a portare un peso. Il suo messaggio era di speranza e di pace. Quasi a voler dire: “Io ho intrapreso questo cammino per stare al tuo fianco nella tua sofferenza”. Un messaggio d’amore, proveniente da una piena convinzione di fede cristiana. Ma Biagio non fu sempre un uomo di fede. Come San Francesco, a un certo momento della sua vita tutto gli apparve superfluo. Vide la sua esistenza composta di mera apparenza, senza andare mai a cercare nel suo profondo la verità. E fu così che, da un giorno all’altro, nel 1990 lasciò tutto e si diede all’eremitismo. Quando ciò accadde, i suoi genitori lo cercarono tanto, anche tramite la trasmissione ‘Chi l’ha visto’? Mentre lui, invece, stava bene ed era diretto ad Assisi, in quello che fu il suo primo viaggio a piedi. Tornato a Palermo, spinto da una chiamata missionaria capì che non era necessario andare in Africa per aiutare i più sfortunati, quando il degrado delle grandi città italiane avviluppa le esistenze rendendole scarne e senza speranza. Pur non avendo mai preso i voti, quest’uomo si era votato alla causa francescana, vivendo in povertà e castità, obbedendo ai dettami della parola di Cristo. Si definiva “povero tra i poveri”, Biagio. Ma nonostante ciò, a Palermo, nel 1991, istituì la Missione di Speranza e Carità: un luogo di rifugio per tutti gli emarginati dalla società. Quelli che dalla vita avevano ricevuto calci o fatto autogol, grazie a questo missionario laico hanno potuto trovare un luogo dove sentirsi nuovamente persone e provare a ricominciare. Con il tempo, le strutture presenti nella città tirrenica sono aumentate. E grazie agli appoggi di volontari, missionari e associazioni, da vecchi ruderi sono stati tirati su dei locali per l’accoglienza, che non hanno limiti di permanenza a quanti ne abbiano bisogno.

Un progetto di vita
Nel ricordare quest’uomo così particolare e amorevole nel darsi agli altri, nel porgere la mano verso l’Altro, oggi, a pochi giorni della sua morte bisogna, continuare a interrogarsi e a passare in rassegna le proprie priorità. L’esistenza, in fondo, è breve. E come accadde a Francesco - e a Biagio - dovremmo tutti valutare a cosa dare più importanza, tra i beni materiali e quelli spirituali. Senza alcun dubbio, senza denaro non si può vivere. Ma questo missionario laico ha dimostrato quanto conta la ricchezza spirituale e come un povero possa aiutare con gioia quanti stanno peggio di lui. Una lezione di vita. Il messaggio che quest’umile uomo lascia in eredità a quanti lo hanno sfiorato di sfuggita, ma impresso nella mente. La lotta tra bene e male è una dicotomia ancestrale, presente in tutte le religioni, anche le più remote e si presenta in tante sfumature ogni giorno. Durante un viaggio a piedi, nel 2020, in Inghilterra verso la Scozia, egli portava un cartellone recante la frase: “Rispondiamo al male con il bene; siamo tutti fratelli e sorelle, siamo tutti stranieri in terra straniera”. Pertanto, dovremmo ricordare che bisogna lottare per il bene, qualunque sia lo sforzo o l’atto benevolo, grande o piccolo: l’importante è compierlo.
“L’angelo dei poveri”,
come veniva chiamato, ha dimostrato di saper riconoscere il suo prossimo e aiutarlo nella sua intensa, seppur breve, esistenza. Di questi tempi, dove l’Altro e il diverso fanno paura, questa rappresentazione del bene dovrebbe rimanere impressa. Per non dimenticare che l’umanità ha bisogno d’amore.

Missione_di_speranza_e_carita_ruderi.jpg

NELLA FOTO QUI SOPRA: LA MISSIONE DI SPERANZA E CARITA'

AL CENTRO: IN PELLEGRINAGGIO AD ASSISI

IN APERTURA: FRATEL BIAGIO


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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