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5 Maggio 2024

Per caso o per destino: in ricordo di Antonio Montinaro

di Elisabetta Chiarelli
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Per caso o per destino: in ricordo di Antonio Montinaro

Il capo-scorta di Giovanni Falcone, morto nella strage di Capaci del 23 maggio 1992, era un poliziotto guidato da un desiderio di riscatto per la propria terra e da un rifiuto della sopraffazione

Non sappiamo mai fino in fondo se quello che ci capita sia frutto del puro caso o di un destino preciso. Certo, il dubbio viene quando si ascoltano le parole di Antonio Montinaro, agente delle Forze dell’ordine caduto tragicamente a Capaci (Pa), il 23 maggio 1992. Colpisce lo spessore argomentativo e culturale di quelle parole che, forse, non ci si aspetterebbe, a primo impatto, da un semplice poliziotto. Colpisce, soprattutto, la considerazione per cui tutto, nella vita, comincia quasi per gioco, nel bene e nel male. E che spesso, le ragioni per cui s’intraprende un’avventura di quel calibro possano essere le più disparate Murales_Falcone_e_Borsellino_bis.jpge non necessariamente le più nobili. Ma una volta innescato quel meccanismo, tutto sembra andare un po’ da sé seguendo dinamiche imperscrutabili, le quali s’intrecciano sì con le nostre scelte, ma che di certo finiscono per sfuggire al nostro completo controllo. Sicuramente, non si mette in conto fino in fondo la possibilità di instaurare un rapporto di affinità profonda con le persone che sono quotidianamente al nostro fianco nella battaglia. Ed è proprio questo che è successo ad Antonio Montinaro, quando scoprì in se stesso una completa adiacenza con l’identità antimafia del giudice Giovanni Falcone, affidato alla sua scorta. E di lì, il passo è stato breve verso la consapevolezza di essere parte di un progetto più grande, di un sentimento collettivo che univa tutti, guidati non semplicemente da una missione di giustizia, ma da un desiderio di riscatto per la propria terra o, più semplicemente, da un rifiuto della sopraffazione. Sarà stato per caso o per destino che, poco prima che l’asfalto si sollevasse per abbattersi contro l’auto del giudice, Giovanni Falcone abbia tolto la chiave dal cruscotto quasi senza rendersene conto, accelerando la sua fine, ma evitandola all’agente di scorta, Giuseppe Costanza, seduto sul sedile posteriore.
E’ per caso o per destino che uomini la cui morte, che sembrava decisa, l’abbiano miracolosamente scampata, pagando tuttavia a caro prezzo questa fortuna, rispetto a una società civile che, in buona parte, da quel momento in poi, non ha fatto che far pesare loro la scomodità della loro testimonianza. E’ per caso o per destino, che l’omicidio di Giovanni Falcone sia avvenuto a Palermo, mentre a Roma poteva girare per le vie della capitale senza scorta?
Sì, in definitiva noi pensiamo che il destino esista. E ciò è reso tanto più evidente dalla moltitudine di domande che costellano le vicende più dolorose della Storia del nostro Paese e che restano, inesorabilmente, senza risposta. O, forse, la risposta la conosciamo bene, ma non abbiamo il coraggio di ammetterla a noi stessi. A chi, con assoluta fermezza, afferma che il destino non esiste si potrebbe forse ricordare che pronunciarsi su un qualsiasi argomento esordendo con una negazione non porta mai bene. Si pensi alla fine che ha fatto il povero don Ferrante ne ‘I Promessi Sposi’ di Alessandro Manzoni. La prima vittima della peste fu proprio lui, che strenuamente ne negava l’esistenza. Per cui, se non vogliamo 'morire di destino' è bene cominciare a dare coraggiosamente risposta alle tante domande rimaste insolute. Perché, in fondo, solo accettando ciò che ci spaventa o ci addolora, è possibile cambiarlo.
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