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16 Aprile 2024

Giulia Gallone: "Sto vivendo un momento di magnifica felicità professionale"

di Michele Di Muro - mdimuro@periodicoitalianomagazine.it
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Giulia Gallone: "Sto vivendo un momento di magnifica felicità professionale"

In scena ne ‘Il conte Tacchia’ di Enrico Montesano e recente rivelazione al Roma Fringe Festival 2019 con ‘Candy: memorie di una lavatrice’, un testo di Iris Basilicata ironico e intelligente, abbiamo incontrato questo nuovo ‘talento in ascesa’ della piazza teatrale romana

Un’idea diversa dal solito: far parlare una lavatrice. La quale, è diventata l’assoluta protagonista di uno spettacolo teatrale presentato al Fringe Festival di Roma nel corso della recente VII edizione intitolato ‘Candy: memorie di una lavatrice’. La giovane Giulia Gallone ha dato voce al popolare elettrodomestico, raccontandoci i segreti più reconditi di coloro che l’hanno acquistata per rinchiuderla in un capanno degli attrezzi del ragusano, nella Sicilia più infima e profonda. La Gallone è stata brava nel donare a una lavatrice ‘idealista’ e un poco ingenua, che si ubriaca con l’ammorbidente, una personalità frizzante e leggera, pur rivelando fatti e ‘misfatti’ piuttosto ‘pesanti’. La sua recitazione è stata brillante, senza sbavature o vuoti di memoria. Inoltre, questo piccolo ‘gioiellino’, uscito dalla talentuosa ‘penna’ di Iris Basilicata, aveva il pregio di essere corto: una caratteriGiulia_Gallone.jpgstica che non guasta, poiché si possono comunicare idee anche significative senza indugiare troppo, o disperdendosi tra aneddoti e ‘cerchi concentrici’. Aneddoti che non sono mancati, ma che sono stati trattati in maniera asciutta e intelligente. Insomma, una piccola ‘gemma’, semplice e senza pretese, apprezzabile esattamente per queste sue qualità. La Gallone, inoltre, ha un volto interessante, che ne valorizza l’intensità recitativa in maniera convincente, riuscendo a farsi seguire dal pubblico grazie al magnetismo dei suoi splendidi occhi azzurri, che colpiscono anche se si è seduti in fondo alla sala. Giulia Gallone, insomma, è un’attrice in piena ‘ascesa’, diplomata presso l’Accademia nazionale d’arte drammatica ‘Silvio D’Amico’. Ha recitato in numerosi spettacoli, lavorando per registi come Gabriele Lavia (Sei personaggi in cerca d’autore), Tato Russo (La ragione degli altri) e, più recentemente, per Enrico Montesano (Il Conte Tacchia). Nello spettacolo proposto al Fringe abbiamo potuto constatare le sue ottime capacità attoriali, che le permettono di muoversi agilmente tra i diversi registri, passando con naturalezza dal comico al drammatico. Al fine di sapere qualcosa di più su questo grazioso talento emergente, le abbiamo rivolto alcune domande.

Giulia Gallone, cosa ti ha attratto maggiormente nel testo di Iris Basilicata?
“Il suo modo di scrivere è molto vicino a un’idea di teatro che mi appartiene. Parlando con Iris, sono emerse figure di riferimento comuni, che fanno parte della cultura teatrale di entrambe, come Anna Marchesini o Franca Valeri. Iris ha un modo di scrivere molto giocoso, grottesco e ironico, ma carico di significato, con un messaggio che arriva a colpire nel segno. Mi sono riconosciuta molto in questo lavoro, nel quale l’autrice è riuscita a centellinare in maniera delicata la storia, che è stata trattata davvero con i guanti”.

Qual è stato il vostro approccio autoriale?
“Si è trattato di un lavoro a quattro mani. Iris mi ha dato la libertà di giocare e di sperimentare. Inizialmente, mi ha fornito delle linee guida riguardanti la caratterizzazione della figura femminile protagonista, che doveva essere leggera, una sorta di ‘Miss’ biondina e stupidina, portatrice al tempo stesso di un segreto. Partendo da questa macrostruttura, abbiamo lavorato sui singoli elementi. Si è tratta di un processo creativo, sviluppato giorno per giorno. Abbiamo lavorato molto, a partire dal testo, senza troppa improvvisazione. Molte azioni sono nate, però, nel lavoro fatto insieme, come per esempio il gioco con le bolle di sapone, o l’utilizzo degli oggetti di scena come i panni da lavare. La forza del testo sta proprio nell’evoluzione della storia. Il finale arriva forte e all’improvviso. Lo spettatore, nei primi venti minuti di spettacolo, inizia a insospettirsi che stia per accadere qualcosa, ma non si rende conto di quanto sarà drammatica la conclusione della storia. Operare questo cambio di tono è stato il passaggio più difficile, in fase di preparazione, perché c’era il rischio di risultare buoniste”.

Hai citato prima grandi personaggi dello spettacolo come Anna Marchesini e Franca Valeri: sono stati questi i tuoi modelli di riferimento nello sviluppo del personaggio?
“Assolutamente. Ho una grande fascinazione e ammirazione per loro. Scrivo parodie e adoro queste donne, che sono belle nel senso totale del termine, divertenti e ironiche. È stato naturale, per un testo del genere, guardare alla Marchesini e alla Valeri. A queste figure, aggiungo anche una recentissima Paola Cortellesi. Lavorando al personaggio di Candy ho mantenuto come riferimento il suo spettacolo ‘Gli ultimi saranno gli ultimi’, nel quale l’attrice interpreta sì tanti personaggi, ma in maniera molto omogenea. Il rischio, in un monologo in cui s’interpretano diverse figure, poteva esser quello di scadere nel solo ricorso alla tecnica. Tuttavia, non si tratta solo di questo, di sapere fare le ‘vocette’ tanto per intenderci. La tecnica è certamente importante, ma l’obiettivo, per me, era raccontare la storia scritta da Iris. E, per farlo, tali attrici sono state dei modelli di riferimento preziosi”.

Quali sono le difficoltà emotive nell’interpretazione di un monologo, rispetto a un lavoro corale?

“E’ un altro mondo, un’altra storia. Si è da soli, con tutte le proprie ansie e paranoie. Era la prima volta che lavoravo a un monologo così lungo e sostenuto. C’era, quindi, una certa ‘ansia da prestazione’. Delle diverse serate del Fringe, ho un bel ricordo dell’ultima esibizione, durante lo quale ho davvero ‘viaggiato’, mi sono dimenticata di tutto ed ero pienamente dentro la storia”.

Come valuti la tua recente esperienza al Fringe di Roma?
“Siamo giovani e il nostro lavoro è autoprodotto. In questo senso, la partecipazione al Fringe è stata importantissima come ‘vetrina’. Abbiamo ricevuto attenzione da parte dei giornalisti e delle persone che hanno voluto conoscere la storia. Persino un vostro collega de ‘L’Espresso’ è venuto a vederci. In generale, all’interno del Fringe si crea uno scambio tra i vari partecipanti: si vedono gli altri spettacoli e possono nascere occasioni per future collaborazioni”.

Sei anche in scena ne ‘Il conte Tacchia’ di Enrico Montesano: come sta andando questa esperienza?
“Molto bene, sono felicissima. E’ la prima volta che prendo parte a una commedia musicale, avendo sempre fatto teatro di prosa. E’ un altro mondo ed è molto difficile e faticoso, con sei cambi d’abito (mi sento un po’ come Brachetti...). Allo spettacolo lavorano in tanti, tra tecnici e ballerini. E’ una squadra molto affiatata, nella quale mi sono trovata molto bene sin da subito. Sono l’ultima arrivata e ho dovuto fare un ‘doppio lavoro’ per integrarmi, ma mi sono sentita subito accolta. Enrico Montesano mi ha dato fiducia e ciò ha rappresentato, per me, un onore”.

Hai altri progetti futuri?
“Riprenderanno, probabilmente su Milano, alcuni progetti iniziati in passato con i ragazzi della ‘Silvio D’Amico’. Con Iris, inoltre, stiamo lavorando per portare questo spettacolo, ovviamente ampliato, nel circuito della prossima estate romana”.

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NELLA FOTO: GIULIA GALLONE IN SCENA

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