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25 Aprile 2024

La casta morta: #senzailpoteresimuore

di Vittorio Lussana
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La casta morta: #senzailpoteresimuore

Un lavoro teatrale di ottimo livello, portato in scena da un gruppo di artisti notevole in quanto tributo al grandissimo regista teatrale Tadeusz Kantor

Gran ‘pienone’ di pubblico in questi giorni presso il Teatro Trastevere di Roma per ‘La casta morta’, spettacolo che ha aperto il Progetto Exit - Emergenze per identità teatrali - previsto dal 19 al 29 novembre. Un testo del drammaturgo Adriano Marenco che la compagnia ‘Patas arriba’ ha prodotto e messo in scena sotto l’accorta regia di Simone Fraschetti. Lo spettacolo non è un adattamento de ‘La classe morta’ di Tadeusz Kantor, ma un vero e proprio tributo nei confronti di questo autore polacco, in occasione del centenario dalla nascita (1915 - 2015). Cinque parlamentari più una giovane commessa della Camera dei Deputati decidono di eleggere un ‘presidente-fantoccio’, Neoplasio: una sorta di leader di comodo per tutte le forze politiche, comprese quelle di opposizione, la cui esistenza rende possibile il mantenimento delle rispettive ‘rendite di posizione’ di ognuno dei protagonisti in scena. Neoplasio è, al contempo, ‘burattino’ e ‘burattinaio’: una sorta di ‘ombrello protettivo’ per l’intera casta nel suo complesso, per il suo ruolo di ‘utile idiota’, che consente a tutti gli altri di potersi liberare da ogni vincolo di responsabilità individuale. Sono evidenti, nella piéce, i riferimenti alle nostre condizioni politiche attuali, in cui la necessità di gestire una società sempre sull’orlo di degenerare nell’anarchia fa ‘a cazzotti’ con l’inettitudine, la prosopopea autoreferenziale, i luoghi comuni propagandistici e la totale incompetenza della classe politica al potere. Un potere che non muore mai, in cui economia e politica si mescolano e si confondono nel loro sforzo di conservazione reciproca di quei privilegi che, inevitabilmente, pongono i loro bisogni innanzi a quelli della collettività. Ciò a prescindere dagli ideali e dagli slogan professati, i quali servono soprattutto a prolungare l’agonia di un ceto in realtà morente. Ma la ‘casta’ riesce sempre a trovare il modo di rigenerare se stessa e il proprio potere, cercando e trovando nuove tipologie di governo apparentemente più umane e vicine ai bisogni della gente, ma che in realtà servono solamente a trovare nuovi consensi, per difendere il proprio parassitismo nei confronti dello Stato. In tal senso, molto interessanti risultano gli inserimenti di alcune figure omeriche, perennemente in attesa dell’arrivo di un Odisseo che possa liberare lo Stato dai ‘proci’ che lo infestano. Una sorta di vana concessione alla speranza, che si riallaccia alla nostra cultura più antica e profonda. Le figure omeriche sono quelle di Cassandra, Circe, Penelope e Athena, le quali cercano di aiutare Odisseo a tornare a casa. Ma nella modernità attuale, gli eroi non servono più e i miti non sono contemplati come modelli di comportamento o di riferimento morale. La stessa astuzia strategica di Odisseo disturba la furbizia e i tatticismi della casta, poiché ne fornisce una rappresentazione edificante, da sovrano che governa sui propri sudditi come un buon padre di famiglia. Il potere moderno, invece, può fare a meno anche della Storia, poiché non si ritiene tenuto a seguire una morale precisa, anche quando afferma di possederne una. Si tratta di un’opera più che interessante, soprattutto per una serie di ‘dettagli minimali’ assolutamente indicativi, costruiti con la pazienza di un ‘cesellatore’: a) l’impietosa descrizione della politica, dei suoi linguaggi e delle sue assurde liturgie; b) una comunicazione svuotata da ogni senso reale, che non solo disattende ogni promessa, ma tradisce intere generazioni di giovani; c) una configurazione dell’ambiente politico medesimo da ‘inferno dantesco’, diviso in ‘gironi’ in cui i vari ‘dannati’ non hanno, né cercano, alcuna possibilità di redenzione; d) un potere prigioniero di un feticismo ‘coatto’, in cui umiltà e misericordia non hanno alcun diritto di cittadinanza. Tutto ciò riflette sia il potere economico, sia quello politico, poiché ambedue utilizzano lo Stato come una ‘cagna’ dalle sei ‘mammelle’, da cui attingere in forma assistenziale. La casta, alla fine, rivendica il proprio diritto di governare e comandare: non solo non ritiene di doversi autocensurare, ma nemmeno si pente dei suoi disastri. Essa non è neanche una ‘burocràtia’ di esperti d’area, bensì smaschera se stessa in quanto stratificazione gerarchica della società, consentendo al popolo di entrare a far parte della Storia soltanto in veste di spettatore puramente contemplativo, come tifosi di uno ‘spalto’ calcistico. La ‘casta’ s’insedia e instaura la propria ‘abbuffata’ alla mensa di Odisseo, mentre l’eroe viene dimenticato in un angolo della memoria storica. Odisseo, infatti, è soltanto un mito. E il mito non può, anzi non deve, cambiare la realtà. Sulla base di questa ‘lezione’, la ‘casta’ riesce sempre, furbescamente, a salvaguardarsi e a rigenerarsi, per riuscire a non morire mai del tutto. Insomma, siamo di fronte a un testo artisticamente elevato e intellettualmente lucido, che ha segnalato un ulteriore grado di maturazione e affinamento nello stile del suo giovane autore, Adriano Marenco. Un copione non a caso tradotto anche in polacco e pubblicato bilingue per ‘Lithos’, in omaggio al centenario dalla nascita di un grandissimo regista teatrale, Tadeusz Kantor, morto a Cracovia alla fine del 1990. Qualche cenno finale lo meritano alcune interpretazioni attoriali: innanzitutto, il sorprendente Marco Zordan, che ha saputo dimostrare di essere attore completo nonostante le proprie espressività, a mezza strada tra Totò e il monologhista Ascanio Celestini, a prima vista sembrano confinarlo esclusivamente all’interno del genere comico-brillante. Ottime anche le capacità recitative di Francesca Romana Nascè, la migliore tra le attrici-donne nel rendere appieno la ‘querula grettezza’ di una casta che non intende cedere un millimetro del proprio potere. Infine, la gradevole Valentina Conti, moglie del leader Neoplasio, la quale precipita in una solitudine che la trascina verso una ninfomanìa tanto squallida, quanto disperata. Un lavoro teatrale di ottimo livello, portato in scena da un gruppo di artisti notevole.

La casta morta
di Adriano Marenco
soggetto di Luigi Marinelli e Michele Sganga
regia di Simone Fraschetti.
In scena Raffaele Balzano, Marco Bilanzone, Valentina Conti, Francesca Romana Nascè, Mersia Valente, Marco Zordan. Installazioni a cura di Pamela Adinolfi, Alessandra Caputo, Daniele Casolino, Lisa Rosamilia, Antonio Sinisi.
Musiche di Michele Sganga
Soprano Nora Capozio, Violino Lia Tiso, Pianoforte Michele Sganga Chitarra
riprese audio e sonorizzazioni di Matteo de Rossi
Compagnia Patas Arriba Teatro

La casta morta è La “classe morta” nel parlamento. Dove si annidano i vecchi bambini-deputati che giocano alla morte. I deputati sono una “classe” che ha usurpato ogni forma di democrazia. Il personaggio di Kantor in scena diventa il Presidente della Repubblica Neoplasio, regista e demiurgo degli intrallazzi che regolano il potere. La “realtà del rango più basso” nelle più alte istituzioni. Nell’emiciclo parlamentare, vecchi scranni diroccati sono inframmezzati da moloch/orinatoi neri. Tutto verrà mostrato nell’agorà, anche i bisogni privati: quando i parlamentari si recano in questi moloch/orinatoi, vivono delle proustiane madeleines, svelando in piazza la loro vera natura. Senza il potere si muore. Mentre la pars destruens dello spettacolo è giocata dai politici, la pars costruens è rappresentata da mito di Odisseo. Kantor aspettava il suo ritorno alla stazione di Cracovia, Odisseo doveva tornare a casa, sconfiggere i Proci usurpatori e ristabilire la democrazia e il buon governo. Ne La casta morta cinque installazioni/happening/performance racconteranno il mito: Cassandra, Circe, Penelope e l'onnipresente Athena, aiuteranno Odisseo a tornare a casa.

TEATRO TRASTEVERE
19-20 novembre 2015

Via Jacopa de' Sette Soli 3 - 00153 Roma
www.teatrotrastevere.it


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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