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20 Aprile 2024

Marc e Bella Chagall: libertà e sogni di un amore d’artista

di Ilaria Cordì
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Marc e Bella Chagall: libertà e sogni di un amore d’artista

Una rappresentazione teatrale che parla di una storia d’amore d’altri tempi, tra le due guerre mondiali e l’affetto per la propria terra

Lo scorso 16 maggio abbiamo assistito allo spettacolo 'Con amore Marc e Bella Chagall' scritto da Valentina D’Andrea e interpretato da quest’ultima insieme all’attore Simone Càstano, presso il Teatro della Visitazione in Roma. Il racconto, messo in scena in maniera emozionante, è la storia del grande pittore - interpretato da Simone Càstano - di Vitebsk, città della Bielorussia, agli inizi del secolo scorso e del suo amore con Bella Rosenfeld, portata in scena da Valentina D’Andrea.
Fra i due attori, il primo a essersi appassionato alla vita di questo artista del ‘900 fu proprio Simone Càstano, che nel 2011 decise di portare in scena un adattamento della biografia, intitolato 'La mia vita', rendendolo un monologo. Proprio in quell’occasione, l’attrice romana, appassionandosi e sentendosi ispirata dall’interpretazione del collega, ha deciso di portare a teatro la vita, l’amore, le passioni e le tristezze di questi due personaggi. E con il 4° appuntamento di Punti di Vista della rassegna di 'Scaramouche teatro', i due professionisti hanno intrattenuto la platea in una sorta di estasi, ispirandoli con frasi a effetto ed emozioni fondamentalmente comuni, ma che ognuno ha percepito come proprie. Per tutta la durata dello spettacolo sembra di essere trasportati in un lungo sogno notturno: infatti, l’inizio della vita e della storia d’amore temporalmente coincidono proprio con la nascita della psicoanalisi freudiana e con le teorie del primo vero psicologo della Storia. Siamo proprio in quell’epoca in sui la corrente del surrealismo inizia a farsi largo, fra le innumerevoli tendenze artistiche nate dalla metà dell’800: la tecnica pittorica di questi artisti consisteva principalmente nella trasfigurazione della realtà, rendendo quest’ultima ipotetica. Ed è proprio in quel periodo che Chagall si affaccia al mondo pittorico, lasciando Vitebsk con le sue stelle, le sue nuvole e le sue mucche. I due attori hanno avuto la grande capacità di rapire la platea con questa visione onirica della vita di un uomo e di una donna, del loro amore e del loro profondo affetto per la terra natia, ma con un’immensa voglia di partire per lasciarsi dietro le spalle una vita difficile, devastata dalla due guerre mondiali.
I giochi di luce, le musiche in sottofondo, il 'ticchettìo' di un orologio che scandisce il tempo, hanno reso la scena in continua evoluzione, veloce e rapida; bravi i due artisti nel cambiare toni di voce e personaggi con una rapidità quasi istantanea, senza tediare la platea.  
Valentina D’Andrea, oltre a essere Bella, interpreta il poeta Guillame Apollinaire, grande amico di Marc Chagall durante il suo periodo francese: ammirabile la versatilità dell’attrice, che in pochi minuti è costretta a esprimere le emozioni della protagonista e del poeta, in un mutamento 'uomo-donna' non possibile a tutti. Il racconto è esilarante, completo, caratterizzato da un’interpretazione 'ad hoc' da parte di entrambi gli attori, che hanno avuto la capacità di riportare e raccontare con estrema semplicità Marc e Bella Chagall. Abbiamo perciò chiesto proprio a Valentina D’Andrea di spiegare ai nostri lettori le motivazioni relative alla scelta di questi due personaggi e come ha affrontato i temi ostici della libertà e delle visioni oniriche.

Valentina D’Andrea, perché avete scelto di raccontare la vita e soprattutto l’amore di Marc Chagall?
"Simone è stato il primo ad appassionarsi a Marc Chagall e mi ha trasmesso la curiosità per questo pittore. Ho iniziato a leggere e a scrivere di lui e man mano che andavo avanti, mi ha attratta l’amore che Chagall e sua moglie avevano, non tanto tra di loro, ma per l’essere umano, in generale; loro amavano tutto ciò che era “vivo”, dall’animaletto al biscotto fatto con amore. Il pittore sosteneva che “noi siamo tutti destinati a morire e semplicemente per questo dovremmo amarci l’un l’altro” e questo concetto renderebbe tutto molto più semplice, invece la loro vita è stata vissuta durante il secolo più buio di tutta la storia dell’umanità e questi due sognatori si ritrovano immersi in quella che è definibile la ‘parte malata dell’uomo’. Però la cosa che mi ha spinta a scrivere è che loro si sono sempre rialzati, con forza e con amore; quindi noi che non ci muoviamo per la crisi e sembra tutto nero, dobbiamo pensare che la crisi esiste se noi la facciamo esistere”.

Lei ha interpretato il personaggio di Bella Chagall: si è forse 'rivista' un po’ in questa donna, che ha vissuto una vita non semplice, ma che ha sempre dimostrato di avere la forza di andare avanti?
"Si! Mi ritrovo nel personaggio soprattutto nel racconto della sua prima parte di vita poiché ha paura della separazione e soffre quando Chagall parte per andare a Parigi, anche se l’artista le dice che andare via non significa non amare: infatti si può amare e al contempo voler partire. Questo atteggiamento è più tipico della donna, avere questo bisogno di ‘trattenere’ dato che noi fisiologicamente siamo ‘contenitive’, pronte per contenere un bambino. Ma questo voler trattenere diventa un po’ come dice Apollinaire la “prima gabbia”, la mamma, ed in questo mi sento molto vicino a lei. Ma, inoltre, in lei rivedo anche la mia forza, perché sono capace di reagire alle cose”.

Nel corso di tutta la rappresentazione si sono messi al centro i temi della libertà e dei sogni: lei si considera 'libera'? E i suoi sogni li hai realizzati?
"Libera, purtroppo no. Pensavo di esserlo, ma invece mi rendo conto dell’esistenza di tante gabbie e tante sovrastrutture. Però, allo stato dei fatti, oggi ne sono consapevole e quindi soffro per aver visto crollare un’immagine che avevo di me, frantumandosi davanti agli occhi. Libertà non è apparenza, è un qualcosa di molto più intimo che io ancora non ho trovato assolutamente. Sto provando….piano…piano…per vivere bene: la libertà ha a che fare con il piacere, il piacere di fare delle cose, prendersi più spazio per farle. Purtroppo per come ci hanno cresciuti, tra religione, famiglia ci hanno tolto questo piacere ed è per questo che alla fine soffriamo un po’ tutti di depressione, panico. Bisogna riconquistare quel piacere che hanno i bambini quando giocano, quando mangiano, quando fanno le cose. Il mio sogno ha molto a che fare con la libertà, io non voglio fare o diventare, ma io voglio essere”.


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
Registrata presso il Registro Stampa del Tribunale di Milano, n. 345, il 9.06.2010.
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