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28 Marzo 2024

Lorenzo Acquaviva: "Libra è una storia futura, ma non così lontana come sembra"

di Valentina Cirilli
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Lorenzo Acquaviva: "Libra è una storia futura, ma non così lontana come sembra"

Intervista all’attore protagonista di uno spettacolo fantascientifico, che applica quasi pionieristicamente le nuove tecnologie al teatro rivoluzionandone la scenografia, al fine di evidenziare una questione che, a prima vista, sembra molto distante dai nostri problemi ‘terreni’: l’inquinamento satellitare

Lorenzo Acquaviva, già attore per Gabriele Salvatores, Roberta Torre e Marco Tullio Giordana, ci racconta ‘Libra: una storia futura’, spettacolo per attori e ologrammi che dall’8 settembre scorso è in scena prima presso il suggestivo Castello di Miramare Trieste e, prossimamente, alla Fortezza di Gradisca (Go). Il futuro del cielo in uno spettacolo tecnologicamente avanzatissimo, che tratta il delicato tema dell’inquinamento satellitare e dell’allarme ambientale che astronomi di fama internazionale, ormai da tempo, stanno lanciando alla società civile e scientifica, al fine di intervenire prima che sia troppo tardi. Ecco cosa ci ha raccontato su questo progetto speciale.

Lorenzo Acquaviva, attore protagonista di un progetto avveniristico e fantascientifico come ‘Libra’: cosa significa interagire in scena con degli ologrammi?
“Una grande sfida e una cosa molto eccitante. È la prima volta che mi accade di interagire con video preregistrati di attori e con ologrammi. E, naturalmente, questo richiede ancora più consapevolezza e precisione. Come attore cerco di farmi suggestionare come se fossero li, presenti in carne e ossa: la sfida è far credere questo allo spettatore. I personaggi in video hanno caratteristiche molto diverse e ritmi propri, come accade in presenza, ma rispetto al recitarli dal vivo, so che devo essere molto 'disciplinato', perché devo ricreare la 'parte umana' che loro hanno definito prima, senza di me. Va detto che, in fin dei conti, durante la pandemia ci siamo abituati a interagire con le immagini. E forse, inconsapevolmente, ho fatto “training”.
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Come avete lavorato sui personaggi e qual è stato l'iter creativo della messa in scena dello spettacolo?
“Gigi Funcis e Giulia Corallo, su soggetto di Roberto Trotta, hanno scritto il testo. Poi, lo abbiamo messo in scena e con Gigi abbiamo indagato drammaturgia, reazione dei personaggi e interazioni, verificando di volta in volta la veridicità delle ipotesi. Insomma, abbiamo adattato le ipotesi drammaturgiche alle nostre esigenze, integrando il testo con scrittura scenica. Con Lucrezia Fantini mi sono trovato benissimo: lei, seppur giovanissima e all’esordio sul palco, è stata bravissima a intercettare le suggestioni del regista e le mie, soprattutto nella costruzione di un personaggio per nulla facile, che poteva cadere in facili cliché. Interpreta, infatti, una ragazzina molto particolare: un 'personaggio-chiave' nella risoluzione di questo enigma, costituito da una pandemia da shopping seriale da cui è affetta gran parte della popolazione. Il testo è stato scritto tenuto conto delle mie caratteristiche caratteriali, come persona. Quindi, ho cercato di calarmi nella situazione del testo, facendo i giusti aggiustamenti. Virgil è idealista, sognatore, ma anche molto pratico, come richiede il suo lavoro di supervisore: una specie di impiegato di altissime responsabilità. Ha la moglie malata per via di questo virus e questo lo addolora molto. Ma è molto diligente e responsabile nel suo lavoro, fino a quando non capisce di essere parte di un ingranaggio più grande di lui. C’è una certa caparbietà in lui, che mi appartiene molto”.

‘Libra’ propone un'idea di teatro futuro e futuribile: come vede queste nuove frontiere artistiche? E come le vive?
“Come attore non posso che ribadire la necessità e la centralità dell’attore nel processo creativo teatrale, seppur inserito in un contesto tecnologico. Sono affascinato dalla tecnologia, ma allo stesso tempo faccio parte di quella generazione che, a volte, ne è diffidente, soprattutto quando rischia di sopravanzare l’elemento umano. Da un punto di vista artistico, penso che la contaminazione tra cinema, teatro e nuove tecnologie sia una cosa molto interessante, che va esplorata sempre di più, pur preservando le forme più classiche di teatro. Personalmente, come dico più sopra, la vivo come una sfida e come una possibilità ulteriore per approdare a forme nuove comunicative ed estetiche”.

Eri già interessato al tema, prima di approcciare ‘Libra’?

“Faccio parte da tanti anni de 'La Cappella Underground' di Trieste, che da più di vent’anni organizza il festival della fantascienza. Ho visto, quindi, moltissimi film. E ho avuto l’opportunità di conoscere registi e scienziati di fama mondiale. Sono quindi un appassionato di fantascienza e, quando mi è stato proposto il progetto da Roberto Trotta e Gigi Funcis, ho raccolto la sfida con grande entusiasmo e un po' di timore. Tuttavia, in qualche modo, mi è sembrato di chiudere un cerchio professionale”.

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