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20 Aprile 2024

Isola di Dino Survival: il reality in cui vince il territorio

di Carla De Leo
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Isola di Dino Survival: il reality in cui vince il territorio

Si è conclusa con oltre mezzo milione di visualizzazioni la diretta streaming della seconda edizione del progetto di Social Reality made in Calabria: venti concorrenti e una straordinaria full immersion negli splendidi scenari della piccola isola del golfo di Policastro. Un progetto che punta al marketing territoriale, come ci ha spiegato il suo ideatore: Matteo Cassiano

Per dieci giorni, dal 15 al 25 settembre, sull’isola di Dino senza né acqua, né cibo, né sigarette. Unica concessione: un bagaglio del pari o inferiore al 10% del proprio peso corporeo, contenente tutto ciò che non figuri sull’elenco delle voci vietate, tra le quali rientrano tablet e cellulari. Isola di Dino Survival, quest’anno alla sua seconda edizione, è il primo Social Reality calabrese, un’avventura in cui i partecipanti hanno dovuto provvedere a sopravvivere come veri e propri naufraghi costruendosi un riparo in cui riposare, procurandosi cibo, visitando i tesori dell’isola.
“A vincere è il territorio, non i concorrenti”, ci spiega ottimista e fiducioso Matteo Cassiano, il giovane imprenditore calabrese, classe 1984, ideatore del progetto. Un reality in cui il vero spettacolo non consiste nelle ‘gesta’ dei partecipanti, ma è offerto dalla scoperta delle bellezze naturali e paesaggistiche del territorio. Attraverso l’Isola di Dino (la più grande isola della Calabria, appartenente al golfo di Policastro, che sorge alla ‘periferia’ della regione, quella al confine con la Basilicata, sul versante tirrenico), presa in prestito come simbolo di un intero territorio, la seconda edizione del reality ha infatti ‘sfruttato’ i dieci giorni di programmazione previsti per mettere in mostra lo splendido patrimonio ambientale del luogo.
Un progetto ambizioso, nato dall’amore per la propria terra e dalla volontà di non lasciarla morire, che se ha riscosso consensi ed entusiasmo da parte del pubblico, da parte dell’amministrazione locale ha invece incontrato più di qualche ostacolo: un’ordinanza restrittiva, che ha inibito l’accesso all’isola sembrava mettere la parola fine allo ‘show’. Ma è stato sufficiente trasformare il format del reality per ‘aggirare’ il problema: non più sull’isola, ma intorno a essa e a tutta la costa circostante. Il reality è divenuto così simbolo non solo di una regione, ma di un intero golfo, quello di Policastro.
Ma com’è nata quest'idea? Lo abbiamo chiesto all’ideatore: Matteo Cassiano.

Matteo Cassiano, ci racconta com’è nato questo progetto?
“Per gioco, in una notte di maggio di tre anni fa, mentre mi trovavo ai piedi dell’isola di Dino. Il profumo della ricca vegetazione spontanea alle mie spalle, il faro di Palinuro in lontananza, l’immensità del mare tutt’intorno e… un’impellente e dolorosa domanda: “Perché l’isola, così come gran parte della mia terra, non può essere vissuta ed è quindi da considerarsi morta?”. Da questo pensiero, il tentativo di cercare soluzioni affinché questo luogo potesse ritornare a vivere, anche simbolicamente (magari riuscendo a sensibilizzare chi, con fondi pubblici, potrebbe cambiarne realmente le sorti), mi hanno fatto dire quasi inconsapevolmente “reality show”. Un ‘gioco’ che si è trasformato presto in progetto, elaborato partendo dall’idea di far vivere intensamente l’isola per dieci giorni: attraverso le emozioni che i concorrenti avrebbero provato scoprendone le meraviglie. Con ‘show’ infatti non si fa riferimento ai concorrenti, ma al territorio. E lo dimostra la volontà di non proclamare nessun vincitore, perché il protagonista è il territorio”.

L’iniziativa è arrivata quest’anno alla seconda edizione: in che modo si è evoluta?
“L’idea di partenza, quella di far rivivere l’Isola di Dino e simbolicamente l’intera Calabria, nella seconda edizione ha subito un ampliamento del progetto, che si è allargato anche alla confinante Basilicata. Con ciò ho voluto lanciare un messaggio: Isola di Dino elemento distintivo e identificativo non solo della città di Praia a Mare e della regione Calabria, ma anche di un intero Golfo, quello di Policastro, a cui appartiene insieme ad altre città della Basilicata e della Campania. Quindi, il progetto è cresciuto attraverso l’inserimento di paesaggi costieri non soltanto calabresi. Inoltre sono riuscito a ottenere il consenso della Rai (Calabria e Basilicata) e ciò ha significato partire, sin dal primo giorno, con le loro troupe a bordo: un traguardo non da poco in termini di visibilità e di promozione. Ha avuto il suo peso anche l’appoggio delle amministrazioni locali, che hanno agevolato l’accesso in location solitamente difficili e chiuse al pubbliche. Soltanto nella città di Praia a Mare, la mia città, non ho ricevuto il sostegno e la disponibilità che speravo, al contrario, il reality ha ricevuto diverse manifestazioni di ‘antipatia’, rischiando di saltare”.

Quali sono state queste forme di ‘antipatia’ e in che modo è riuscito a salvare il reality?  

“Una dimostrazione di ‘antipatia’ è stata palesata con l’ordinanza che, a 48 ore dall’inizio del reality, ha inibito l’accesso sull’isola di Dino. A mio avviso un'azione di boicottaggio del programma che mi ha costretto, nell’arco di due giorni, a trovare una soluzione alternativa. Di necessità ho quindi cambiato il format del progetto, che si è trasformato in itinerante e dunque costiero e marino: non più sull’isola, ma intorno ad essa, alle sue grotte e alla costa circostante. Fortunatamente quello che è nato come impedimento ha dato vita a un’avventura ancor più stimolante, poiché, ‘costretti’ a girovagare per il territorio, abbiamo visitato e fatto scoprire con le nostre escursioni molti dei territori marini e costieri presenti a cavallo tra Calabria e Basilicata, dandone quindi massima visibilità”.

Quindi l’obiettivo di far sopravvivere l’isola di Dino non è stato raggiunto?
“Vero è che con l’espressione ‘survivor’ non si fa riferimento a un’esperienza di sopravvivenza estrema, ma alla sopravvivenza dell’isola di Dino e che l’ordinanza restrittiva ci ha impedito di viverla a 360°. Ma se consideriamo lo spirito di adattamento e di improvvisazione che sia io, dalla parte organizzativa, sia i concorrenti abbiamo dimostrato, riuscendo comunque a viverla in altre forme, penso invece che lo scopo sia stato ampiamente raggiunto”.

Quali le attività previste per i concorrenti e quale la loro attinenza con lo spirito del reality?
“Innanzitutto i concorrenti si ritrovano a vivere un’esperienza priva di scaletta e di comodità. A loro è richiesto ingegno per procacciarsi cibo e acqua: oltre la ‘razione base’ quotidiana, il resto dipende totalmente dalle loro abilità. E lo stesso discorso è valido per il riposo: l’organizzazione dota i ragazzi di una tenda, ma saranno loro a dover trovare un luogo sicuro per trascorrere la notte. E considerando la morfologia della costa, per la maggior parte frastagliata, si può intuire che anche il posizionamento della tenda non sia un’operazione facile. In sostanza, ai concorrenti viene richiesta la capacità di adattarsi e di improvvisare, sfruttando e valorizzando al massimo ciò che il territorio offre”.

In che modo a vincere è il territorio e non i concorrenti?
“Il territorio vince attraverso la conoscenza e la visibilità dei luoghi che ogni giorno il reality mette ‘in vetrina’. Escursioni sempre differenti portano alla ‘conquista’ dell’Isola di Dino e delle sue numerose grotte, ma anche dei paesaggi marini più suggestivi di quel tratto di costa del Golfo di Policastro. Grazie a queste esplorazioni, io stesso (fino a quel momento convinto di conoscere bene il mio territorio) ho potuto fare nuove scoperte, come accaduto per la caverna sovrastante la ‘Grotta Azzurra’ (Isola di Dino, Praia a Mare), rimasta sconosciuta fino a pochissimo tempo fa a causa della sua quasi inaccessibile posizione. La scoperta della caverna ha indotto a degli studi dai quali è emerso il sospetto di insediamenti umani risalenti all’età preistorica. Idem per l’isoletta di Santo Janni (Maratea, Basilicata), sulla quale, la presenza di alcuni cocci, fa ipotizzare forme di vita dello stesso periodo. Luoghi che quindi diventano di interesse anche archeologico e antropologico e non soltanto ambientale. E se consideriamo che il tutto è stato costantemente ripreso dalle nostre telecamere e che stiamo diffondendo anche un ‘collage’ audio-visivo dei momenti più significativi del reality, possiamo ben sperare che questi tesori naturali non restino più isolati”.

In che modo il reality si può trasformare in un’operazione di marketing e promozione territoriale?
“Finito il reality, adesso puntiamo ad una diffusione del collage ‘virale’ e alla sua divulgazione su tutti i canali disponibili (You Tube, Stream, Google Play, Google +, i vari profili e pagine Facebook), sui quali abbiamo una copertura di quasi 100 mila utenti. Inoltre il video è stato presentato ad ‘Expo Milano 2015’ a fine ottobre: in questa occasione tre ex concorrenti del reality hanno regalato 5 mila soggiorni gratuiti (da me offerti) nella città di Praia a Mare. Ovviamente, quest’ultimo, è un gesto provocatorio che ho desiderato fortemente per smascherare quella che secondo me è stata tutta una ‘bufala’: trovo assurdo finanziare con soldi pubblici ciò che mira a fare semplicemente vetrina. Noi siamo gli unici ad aver promosso un’iniziativa, come quella dei soggiorni gratuiti, che considero una vera operazione di marketing volta allo scambio dei flussi turistici e al tentativo di destagionalizzare un territorio”.

Un reality che trascina anche polemiche: un tentativo di fare anche politica?
“Credo fermamente che alcune ‘cattive abitudini’ debbano essere denunciate se vogliamo sperare che qualcosa cambi. Io amo la mia terra e mi ferisce constatare come, giorno dopo giorno, quel bellissimo patrimonio ambientale che ho davanti si stia inesorabilmente sgretolando: moltissimi i luoghi dichiarati inagibili e nessuno provvede a rimediare in qualche modo. Solo cartelli che interdicono quel luogo, che resterà interdetto poi per anni. Inagibile significa non fruibile. E significa ancora che in molti anni di gestione del territorio non sono state adottate le misure e le strategie adatte per salvaguardo. In questo senso, le mie polemiche sono accuse nei confronti di quei tanti personaggi politici che ricoprono cariche che non sono in grado di sostenere. La mia è una battaglia per il territorio, perché auspico ad una politica che miri ad azioni efficaci e vincenti, quindi ad una pubblica amministrazione che abbia obiettivi imprenditoriali. Credo che chi come me abbia le ‘spalle coperte’ per poter portare avanti queste battaglia, abbia anche l’obbligo morale di farlo. Perché molti non ne hanno le possibilità. E la mancanza di possibilità, legata alla mal gestione di un territorio che invece avrebbe tanto da offrire, è anche la causa per cui molti giovani ogni anno sono costretti ad abbandonare la Calabria e a tentare altrove una nuova vita”.

Matteo_Cassiano_survival_2015.jpgChi è Matteo Cassiano
Matteo Cassiano è un giovane imprenditore calabrese. Nato a Praia a Mare, cittadina dell’Alto Tirreno Cosentino, 32 anni fa, investe tempo libero e finanze per promuovere progetti che diano risalto alla sua città e ne valorizzino il bellissimo patrimonio ambientale. Tra questi, “Isola di Dino Survivor”: il reality show che nel mese di settembre scorso è partito con la seconda edizione e che è nato come tentativo di far rivivere, seppur simbolicamente, un’isola e allegoricamente un intero territorio e un’intera regione.
Il motivo? L’amore per la sua terra e l’amarezza per il suo lento e inesorabile sgretolarsi.
E per farlo è disposto a tutto. Anche a trasformarsi in autista, elettricista, idraulico, conduttore, cameraman o microfonista, durante gli impegnativi giorni di ‘onda’ del reality.

 

L'ISOLA DI DINO il primo giorno


L'ISOLA DI DINO il ritorno a terra


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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