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28 Marzo 2024

I due volti di L'Aquila

di Gaetano Massimo Macrì – gmacri@periodicoitalianomagazine.it – Twitter @gaetanomassimom
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I due volti di L'Aquila

Di giorno le gru sopra i tetti, di notte la movida sotto le stelle: a L'Aquila la gioventù vive tra i segni del terremoto che ha devastatato la città. Nessuno dimentica, ma nessuno ha voglia di fermarsi a guardare

Sono trascorsi ormai sei anni da quel nefasto giorno in cui la terra ha tremato, abbattendo case e persone in Abruzzo. Dopo l'inevitabile dolore seguito ai primi giorni, nella seconda fase, quella della ricostruzione, non sono mancate le polemiche, che accompagnano ancora oggi le cronache locali. "Molti soldi se li sono mangiati. Alcuni hanno approfittato per ricostruire danni precedenti al terremoto, sottraendo denaro a chi, magari, ne avrebbe bisogno sul serio", confessa un ristoratore del posto. Siamo tornati nel capoluogo abruzzese, trascorrendo una serata tra i giovani che frequentano i locali del centro storico. Al primo impatto è inevitabile non notare quanto la ricostruzione sia andata avanti. E come stia cambiando il volto del cuore della città. Molti edifici sono stati 'tirati su' come nuovi, perdendo il fascino di un tempo. Qualcuno ci fa notare che il centro, man mano che viene ricostruito, sembra una sorta di Cinecittà: un monumento al simil vero. Il fascino originario delle vecchie case distrutte si è perso per sempre. Il restyling salta subito all'occhi in netto contrasto con il ricordo di uno dei migliori esempi di borghi medievali in Italia. Tuttavia, piaccia o meno, è pur sempre il segno tangibile di una ricostruzione necessaria. La speranza passa da lì, al di là delle polemiche. Infiltrazioni mafiose e soldi sprecati, mantengono ancora aperta una ferita difficile da chiudere. Ai margini dei vicoli, a volte si notano piccoli cumuli di pietre, appartenute ai palazzi crollati. Non si può non riandare con la memoria a quel giorno, al 6 aprile 2009. Ci sono portoni chiusi con catene, segno che probabilmente ancora debbono iniziare i lavori per rendere agibili gli stabili. A volte basta svoltare un angolo per scorgere buchi nel muro larghi un metro, oltre i quali non c'è nulla: solo palazzi sventrati. Un velo di mestizia attraversa i pensieri, ma svanisce di fronte alle centinaia di ragazzi che affollano le vie del centro, chiacchierando di fronte agli ingressi dei locali notturni. In qualche modo, la vita a L'Aquila è ripresa. Come è normale che sia. Rimaniamo colpiti da come la 'movida', qui, scorra col suo flusso costante, lambendo le macerie ancora da ripulire. Gli abitanti di questa città sono fatti così: è gente fiera, dignitosa e ospitale, esattamente come viene dipinta. Un graffito su un muro sintetizza in tre parole l'intimo sentimento che anima oggi L'Aquila: "Il disagio m'aggrada". È un mercoledì sera, il passeggio è discreto, ma a quanto pare è il giovedì il giorno 'clou' della settimana. “Venite di giovedì: è peggio di un sabato”. Ci raccontano di questi memorabili giovedì notte in cui il centro storico viene preso d’assalto dai ragazzi, soprattutto universitari. La città notturna ha un cuore pulsante, che vive tra i suoi vicoli in maniera rispettosa e, al contempo, dinamica. L’ Aquila by night è un juke box pieno di brani distinti, ma omologati nel ritmo. Non troppo eccessivo, né troppo smielato. La gente che ‘vive’ la notte, qui, lo fa come chiunque nel resto d'Italia, ma in più ci aggiunge il rispetto per le ferite ancora bene in vista. Questo rispetto è una sottotraccia costante: non viene mai messo in evidenza, ma si percepisce, se l’argomento viene fuori. Basta uno sguardo, un'espressione impalpabile perché lo si manifesti. E tanto basta. L’impressione è che la movida non ‘disturba’ il passato franato, né, al contrario, si fa assalire da esso. Avvolti nel buio della notte, coccolati dai volti allegri dei ragazzi, non riusciamo a vedere un ‘mondo’ che loro vivono quotidianamente. Ci sfuggono particolari che scopriamo, invece, al mattino presto. Alle 7 le vie traboccano di operai. La città è un cantiere a cielo aperto: ci sono più manovali in gilet arancione che abitanti del luogo. Facciamo un giro, per capire meglio lo stato dei lavori. Ripassiamo di fronte agli ingressi di quei locali che solo poche ore prima ci avevano ospitato e ci accorgiamo di come, magari, la vetrina di fianco sia vuota e rechi un’informazione che poi noteremo anche altrove: l’attività tal dei tali si è spostata in via… Teenager con lo zaino in spalla fanno comunella prima di arrivare a scuola. Dietro di loro un enorme buco nella parete nasconde un intero piano terra di un palazzo. Dentro il nulla: il vuoto più totale. Non conosciamo la storia delle persone che vi abitavano, certo è che di lutti ce ne sono stati, fin troppi. Con la luce del sole è tutto più evidente. Il contrasto con la spensieratezza della gioventù che tira tardi, l’intima consapevolezza di quei ragazzi di aver vissuto un dramma, anche se hanno diritto di godersi una birra in compagnia, tutto questo, di giorno, crea una forte dissonanza. Continuando il giro, siamo di fronte a un bel palazzo di impronta rinascimentale: Palazzo Ardinghelli. L’opera di restauro – si legge nel cartello dei lavori – è stata resa possibile da un cospicuo finanziamento da parte del governo russo: 5.600.000,00 di euro in due tranche. Una cifra enorme, che rende l’idea di quanto ci sia da ancora da fare e dei costi della ricostruzione. Sollevando gli occhi, il cielo è pieno di gru. Osserviamo la stessa scena dalla finestra dell’albergo: i tetti delle case sono sorvolati dai bracci meccanici. L’effetto, per certi aspetti, sembra avveniristico, ricorda idealmente la Londra della rivoluzione industriale, piena di ferraglia e macchine a vapore in fermento continuo. Un tempo, in Europa, era diffusa una filastrocca: “Di notte la gru un sassolino in gola/tiene prudentemente per non cadere inavvertitamente nel sonno”. Indicava il significato di vigilanza di quegli uccelli.
Salveranno L'Aquila, quelle gru? Questa è la vera domanda con cui lasciamo il capoluogo abruzzese, ripensando alla notte appena trascorsa, quando il buio celava alla vista l’altro volto urbano. Tra poche ore sarà ancora uno di quei giovedì sera degli universitari. E dall’alto, le gru, nascoste, continueranno a vigilare.

I numeri del terremoto
300 vittime, 1600 feriti e 65 mila sfollati: questi i numeri del terremoto di L'Aquila. La ricostruzione della città procede, ma secondo alcuni esperti, questo sta avvenendo seguendo un criterio sbagliato. Si stanno ricostruendo gli edifici degli anni Cinquanta e Sessanta secondo la filosofia del ‘dov’era com’era’, che andrebbe bene solo per il centro storico, non per il resto della città. Per far posto ai senzatetto, sono state costruite diverse abitazioni che oggi occupano una vasta superficie del suolo, corrispondente a 500 ettari. Il rischio, dicono sempre gli esperti urbanisti, è che questo cambi irrimediabilmente il volto dell’a città trasformandola in una accozzaglia di piccoli centri periferici.
Tramite il Progetto Case gestito inizialmente dalla Protezione Civile, sono state costruite 185 abitazioni per ospitare 15.000 persone rimaste senza casa o con case inagibili. Dal 2011 la gestione è nelle mani del Comune che sta pensando a un riutilizzo delle case, quando non serviranno più, in questi termini: alloggi per studenti e sistemazioni turistiche.
I cantieri – Attualmente (fonte www.maceriesisma2009.it), secondo i dati che le stesse aziende ricostruttrici comunicano in tempo reale, esistono 6.336 cantieri (solo a L'Aquila sono 6068) per quanto riguarda la rimozione delle macerie private. 413 i cantieri per le macerie pubbliche.
I contributi – Secondo l’Usra (Ufficio speciale per la ricostruzione di L'Aquila) voluto dall’ allora ministro per la coesione territoriale, Fabrizio Barca, ci sono 3 mila unità abitative nel capoluogo che possono accedere al contributo corrispondente a un importo pari a 770.933.393,31 euro.

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L'Aquila, Palazzo Ardinghelli


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