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26 Aprile 2024

Terzo polo o giuoco delle parti?

di Vittorio Lussana
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Terzo polo o giuoco delle parti?

Il Congresso costitutivo del ‘Popolo della Libertà’ aveva visto la nascita di un nuovo soggetto politico formato da Forza Italia, Alleanza Nazionale e altre formazioni politiche minori. Quell’assise aveva ottenuto un indubbio successo. Tuttavia, il processo innestato da quell’operazione confliggeva con l’esigenza di un nuovo grande progetto in grado di unire, nei valori e nei programmi di Governo, tutte le forze realmente riformiste, liberali e moderate del Paese. Nello specifico, particolarmente importanti appaiono i temi e i contenuti di una riforma istituzionale largamente condivisa, in grado di rinnovare lo Stato mediante nuove regole costituzionali, al fine di renderne più snello ed efficace il funzionamento per una reale modernizzazione complessiva dell’Italia. L’involuzione del sistema bipolare ha confermato l’esigenza di una ‘forza-cuscinetto’ in grado di svolgere un’azione di ‘compensazione’ delle diverse espressioni, politiche e culturali, oggi in campo. Ecco dunque da dove nasce l’esigenza di un ‘terzo polo’ di forze laiche e cattoliche in grado di svolgere una funzione di riequilibrio di un bipolarismo che ha eccessivamente radicalizzato le contrapposizioni dialettiche, immobilizzando lo Stato e le sue istituzioni. Inoltre, si chiede un ritorno a identità politiche e culturali certe, effettivamente autonome, ben radicate nel cammino storico della nazione, al fine di favorire un percorso riformista di ‘alto profilo’ difendendo quel principio di rappresentanza e di pluralità democratica in grado di valorizzare le nuove e differenti identità sociali e territoriali del nostro Paese. Se ciò sarà considerato un mero giuoco delle parti finalizzato all’ottenimento di scopi ‘altri’ o alla mera gestione del potere a seconda della prevalenza di questo o di quello schieramento, tale operazione non potrà vedersi premiata dal successo. Ma se questo futuro ‘terzo polo’ sarà in grado di dimostrare ai cittadini che esso può rivelarsi prezioso per permettere al Paese il superamento di quel ‘doppio scoglio’ rappresentato da una politica meramente propagandistica e aziendalista contrapposta a una vecchia mentalità burocratica e corporativista, allora l’obiettivo di una nuova Repubblica italiana, effettivamente rinnovata nei suoi organi, nelle sue funzioni, nella redistribuzione stessa del suo potere di intervento e di risolvimento concreto dei numerosi problemi imposti dall’evoluzione stessa della società potrà considerarsi alla portata. Giuridicamente, una vera seconda Repubblica non è mai nata: la formulazione impropriamente fornita dagli organi di informazione in seguito alla dissoluzione del vecchio ‘Pentapartito’ era, infatti, di natura puramente giornalistica. In realtà, dopo i fatti del 1992 – ’94, l’Italia si è ritrovata in una lunga fase di transizione costellata di rigurgiti di vario genere e tipo, rivoli di ‘spurgo’ che hanno rischiato e rischiano di far vivere al Paese pericolose derive avventuriste, oltreché impoverire il livello socioculturale complessivo della comunità tramite un radicalismo cinico ed opportunistico imposto come pensiero unico e omologativo. Le diversità culturali sono la vera ricchezza unificante e costruttiva del nostro Paese: abbandonarsi a un triste giuoco di contrapposizioni forzate e di scelte di campo obbligate può solo portare all’implosione definitiva del sistema – Paese preso nel suo complesso.


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