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18 Aprile 2024

Ti amo ma niente sesso

di Francesca Buffo
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Ti amo ma niente sesso

Dopo anni di bombardamento mediatico sul ‘come lo fai e con chi?’ e sul ‘dai, famolo strano!’, finalmente c’è una parte della popolazione (piccola ma solida) che del sesso fa a meno per libera scelta. Il loro slogan è: «No sex, no problem». Il fenomeno, nato negli Usa nel 2001, fa proseliti anche in Italia.Tanto che ora i No Sex si raccolgono anche online attorno a forum e a social network specifici, facendo gruppo, condividendo quella loro caratteristica di vivere felici del tutto privi di desiderio l’uno per l’altro. Anche quando vivono in coppia

Qualcuno l’ha definita la rivoluzione-asessuale. Ma in fondo i proseliti sono  un numero ridotto: una percentuale che interessa, secondo gli esperti, all'incirca il 3% della popolazione mondiale, qualcuno azzarda un 5%. Poco, ma abbastanza da far sorgere una comunità. Il primo attivista americano è stato David Jay, classe 1982, fondatore nel 2001 dell'Asexual Visibility and Education Network (AVEN). La comunità americana conta 50 mila membri solo in California, ma il fenomeno è arrivato anche in Europa. Tanto che, dopo i proclami di Jay, i francesi Jean-Philippe de Tonnac, autore di La Revolution Asexuelle e David Fontaine con il suo ‘No Sex last year, la vie sans sexe’ hanno definito le linee di quella che, nel loro Paese, presto è diventata una vera e propria filosofia che ha coinvolto giovani, donne, uomini e oggi è molto diffuso nelle grandi città. Nel nostro Paese, il forum di Aven conta attualmente  2.900 utenti attivi.
Tecnicamente l'asessualità è definita come «la mancanza di attrazione e l'assenza di interesse o desiderio»; non si tratta quindi di «rinuncia, sacrificio o forzatura». Eppure l'asessualità, come prima l'omosessualità, è stata considerata a lungo una turba psichica. Il che fa un po’ sorridere, pensando ai secoli di battaglie contro l’eccesso di immagini erotiche imperanti nella nostra società. Insomma perché ‘famolo strano’ sì e non ‘non famolo per niente’ disturba tanto?
Non c’è niente da fare, di qualsiasi tipo di sessualità si parli – anche di quella eterosessuale – è subito evidente che il concetto di ‘normalità’ si basa essenzialmente sulla personale individualità  morale di chi è chiamato a esprimersi sulla questione. E lo dimostrano le esperienze riportate in rete. Si passa da chi è visto con compatimento da amici e parenti ("Gli amici mi guardano con aria ansiosa, mi spingono a buttarmi nelle braccia di qualcuno, a ‘farmi una scopata’. Quando li ascolto penso alla loro vita sessuale, che so, in alcuni casi, essere tristissima. Qualche volta penso che recitino una commedia e che quello che davvero li preoccupa è che io non partecipi a questa recita collettiva"), a chi è consapevole dei pericoli di uniformarsi a ciò che la società ritiene normale ("Molte volte ‘tagliar corto’ e andare a letto con una persona è l'alibi della nostra società per non conoscerci e non apprezzarci. La società ci spinge a consumare qualsiasi cosa, anche il sesso, come fosse un prodotto a buon mercato e prêt-à-porter. Ho capito col tempo che tra il provare attrazione per un uomo e il volerci andare a letto passa una certa distanza. Se un uomo mi piace, magari accetto che mi tenga per mano, che sia galante. E questo può anche provocare eccitazione. Ma il passo verso il sesso fisico non lo faccio più, e ne sono felice”).
Osservando il fenomeno, Anthony Bogaert, professore di Psicologia alla Brock University in Ontario, ha appurato che da una a due persone su 100 non avrebbe mai provato alcun fascino sessuale. Per queste persone il rifiuto del sesso non deriverebbe da una presa di posizione ideologica, ma sarebbe una sorta di condizione, come nascere coi capelli ricci o gli occhi blu.
Volendo tentare una classificazione ‘di genere’ gli asessuali si dividerebbero in diverse tipologie: chi prova desiderio sessuale ma non attrazione romantica, quelli che provano attrazione romantica ma non sessuale, quelli che provano entrambe, quelli che non ne provano nessuna e, una frangia più ideologica, che individua nel sesso le cause del caos totale in cui verte l'economia mondiale con le gravi conseguenze sulla società.
Non manca, comunque, anche chi questa scelta l’ha fatta in coppia. Sì perché anche se il sesso manca, non vuol dire che la coppia vada male. Naturalmente un’assenza condivisa, e non decisa solo da uno dei due, dove l’altro si trova a subire una rinuncia che non ha scelto. Le ‘coppie bianche’ esistono ed enfatizzano l’aspetto tenero della relazione, rispondendo a un modello platonico. L'unione d'amore viene idealizzata, e il rapporto sessuale viene percepito come un ostacolo a questa idealizzazione di coppia tutta spirituale. Sono coppie che dicono no al sesso – in modo condiviso – non sono spinti né da motivi ideologici nè problemi psicologici: il loro è un modo di essere, un orientamento vissuto come spontaneo e naturale.
Questa tendenza, secondo alcuni studi, protrebbe essere una naturale evoluzione della relazione paritaria. Quando cioè i partner si dividono equamente la gestione organizzativa ed economica della famiglia, dalle pulizie di casa al prendersi cura dei figli. In questo caso la coppia diventa una ‘squadra’ nel quale il rapporto emotivo si basa su un’alleanza quasi fraterna nella quale ognuno può contare sull’altro in ogni frangente, in un reciproco rispetto dei rispettivi spazi individuali. un’alleanza di grande amicizia e intesa intellettuale nel quale la sessualità ha un ruolo del tutto marginale.
Quindi, per dirla con le parole di David Jay: "Anche se la nostra società è molto focalizzata sull'attrazione sessuale, io posso testimoniare che si può avere una vita normale e felice senza sesso".

L'identità sessuale si fa fluida
Quando nel 2007 Umberto Veronesi, scienziato ed ex ministro della Salute, aveva profetizzando un futuro bisex per tutti, l’opinione pubblica aveva fatto ‘un salto dalla sedia’. Solo quattro anni dopo l’Istat pubblicò uno studio nel quale, tra gli intervistati, un milione si è dichiarato omo o bi, altri due milioni hanno ammesso di aver provato innamoramento o attrazione, o di essere andati a letto, con persone dello stesso sesso. Il dato in Italia, dove la forma prevale sempre sulla sostanza, non piace. La verità invece ci arriva da Paolo Valerio, professore di Psicologia clinica all’Università Federico II di Napoli e presidente dell’Osservatorio Nazionale Identità di Genere (Onig): «Di tutto quello che si agita sotto la superficie della “normalità” possiamo avere un’idea leggendo i dati che riguardano il cybersex, che in Italia è al terzo posto nelle fonti di pubblicità sul web. Lì puoi essere bisessuale e trisessuale, uomo, donna o quello che vuoi».
Che le frontiere del sesso siano diventate sempre più labili è un fatto conclamato addirittura dallo star system americano, nel quale la moda dell’outing è diventato garanzia di visibilità. Visto dal punto di vista scientifico, il fenomeno è stato spiegato da Lisa Diamond, accreditata docente di psicologia all’Università dello Utah, nel libro “Sexual Fluidity: Understanding Women’s Love and Desire”. Sessualità fluida, la definizione, perché “L’identità sessuale può cambiare diverse volte nel corso della vita, si è attratti dalla persona e non dal genere e il desiderio non ha regole rigide”.
Naturalmente tutto ciò non ha fatto altro che ingigantire il dibattito sull’identità sessuale nel quale fra gay e trans e diritti dell’uno e dell’altro la questione è storia nota. L’identità bisessuale è la ciliegina sulla torta che fa aggrottare ulteriormente le sopracciglia della facciata perbenistico-moralista della società italiana.
Per chi, come la sottoscritta, la questione è praticamente inesistente dato che ogni essere umano va rispettato in quanto tale nel complesso della propria intellettualità, emotività e libera scelta individuale (anche gli ipercattolici che praticano la castità o la contraccezione naturale, per intenderci), il ‘riscatto’ arriva dai giovani. Gli adolescenti di oggi sono, infatti, una generazione che non ha partecipato alle lotte per la liberazione della donna o al Gay Pride, ma respira tolleranza, consenso. E tutto ciò si traduce in un’assenza di barriere nella quale sperimentare è del tutto naturale e l’attrazione verso soggetti del proprio sesso non è né un tabù né, tantomeno, un gesto di contestazione. Capire chi si è, in quanto individui, è un processo lungo e difficile che dura tutta la vita.
Leggere su ‘L’Espresso’ che Martina, 16 anni, provvista di fidanzatino regolamentare, sia finita in terapia quando la madre l’ha scoperta a baciarsi con un’amica in camera sua, è sconcertante. Per inciso, dopo la seduta con lo psicoterapeuta, la giovane ha apostrofato la genitrice con un: «Cosa vuoi che sia, mami? Non ti preoccupare, sono normale, avrai i nipotini quando sarà il momento».
Ed è proprio questo che dovremmo chiederci: che tipo di persone vogliamo che siano i nostri figli?
Io scelgo la versione: ‘individui felici’. Ma ciascuno, ahimé è libero di scegliere ciò che vuole.


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Questo articolo è tratto dal numero 7 di Periodico italiano magazine versione sfogliabile

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